Myanmar: banche europee e società internazionali sostengono i militari
Una rete di imprese internazionali e società bancarie ha messo a disposizione dell'esercito del Myanmar fondi e tecnologie che possono favorire crimini contro l'umanità. Lo denuncia un report di Justice for Myanmar, che cita colossi come Hsbc, Deloitte, Standard Chartered (Regno Unito), Mufg (Giappone), Maybank (Malesia) e Gilat Satellite Networks (Israele)
da Hua Hin (Thailandia)
Un rapporto pubblicato a fine anno da Justice for Myanmar (Jfm) ha messo in luce il coinvolgimento del Tatmadaw – il potente esercito dell’ex-Birmania – nel settore della comunicazione, scoprendo una rete di imprese internazionali e società bancarie che avrebbero messo a disposizione delle truppe armate accesso a fondi e tecnologie che sarebbero state utilizzate anche per violare i diritti umani, commettendo crimini di guerra nelle diverse zone etniche del Paese (leggi Myanmar: i militari approfittano del coronavirus e la repressione dilaga).
Secondo l’organizzazione, uno dei nodi centrali di corruzione dell’esercito è la società Mytel, un nuovo operatore di rete mobile del Myanmar in parte di proprietà dei militari, che dal 2018 ad oggi ha avuto oltre 10 milioni di abbonati e profitti trimestrali ufficialmente dichiarati pari a 25 milioni di dollari.
Jfm sostiene che «il successo coincide con l’uso illegale da parte della società di beni statali, come le infrastrutture militari». E questo non solo finanzierebbe economicamente il Tatmadaw, ma sosterrebbero la «modernizzazione degli apparati e la loro capacità di commettere crimini contro il popolo del Myanmar».
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Myanmar e Vietnam: chi c’è dietro Mytel
Il governo possiede il 28% del capitale pubblico di Mytel. Ma nonostante questo, le azioni sono gestite dalla Star High Co. Ltd., una società registrata privatamente che, a quanto riferisce il documento dell’organizzazione, è una filiale del conglomerato militare segreto Myanmar Economic Corporation (Mec).
Ma non solo. Il maggiore azionista della società è una potenza straniera, ovvero il Military Industry and Telecoms Group (Viettel), di proprietà del ministero della Difesa nazionale del Vietnam. Proprio quest’ultima costruisce e mantiene le torri di Mytel nelle basi militari del Myanmar, anche nelle aree etniche dove sono in corso diversi conflitti.
«Mytel è il prodotto della corrotta transizione democratica del Myanmar, gestita dall’esercito per salvaguardare il suo potere, il privilegio e l’impunità», ha dichiarato Yadanar Maung, portavoce del Jfm.
Così facendo «l’esercito ha messo a rischio la nostra sicurezza nazionale dando alle entità militari vietnamite l’accesso alle infrastrutture civili e militari e ai nostri dati personali. Questo viola i diritti fondamentali alla privacy e contraddice la pretesa dei militari di perpetuare la sovranità nazionale».
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Myanmar: società internazionali coinvolte con i militari
Attraverso Viettel, diverse imprese internazionali sono direttamente e indirettamente collegate a Mytel. Tra queste figurano le principali società bancarie e finanziarie internazionali Hsbc (Regno Unito), Deloitte (Regno Unito), Standard Chartered (Regno Unito), Mufg (Giappone) e Maybank (Malesia).
Come riporta il quotidiano The Daily Star, Hsbc e Standard Chartered avrebbero prestato 60 milioni di dollari al gigante vietnamita delle telecomunicazioni Viettel negli ultimi quattro anni, proprio nel periodo in cui l’esercito del Myanmar è stato accusato di aver commesso crimini di guerra e contro l’umanità contro la popolazione Rohingya, costretta a fuggire in massa nel vicino Bangladesh dopo la brutale campagna militare nello Stato Rakhine nell’agosto del 2017.
Secondo quanto riferito del rapporto pubblicato da Jfm, anche l’impresa di tecnologia di Israele Gilat Satellite Networks avrebbe fatto affari con l’operatore mobile Mytel. Nel documento si legge che la società «ha fornito direttamente alle forze armate del Myanmar apparecchiature satellitari». E in effetti, a questo proposito, il The Time of Israel scrive che «Gilat ha venduto unità satcom tattiche, antenne satellitari montate su veicoli e relative apparecchiature ad un’agenzia governativa del Myanmar». In realtà, l’agenzia governativa in questione era proprio l’esercito.
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Aung San Suu Kyi, l’esercito e l’accesso alle apparecchiature satellitari
Anche il governo guidato da Aung San Suu Kyi sta svolgendo un ruolo nel facilitare la modernizzazione tecnologica dei militari. Il comitato direttivo del programma satellitare del Myanmar, istituito dal governo civile, infatti, è guidato da un incaricato militare e comprende i ministri della Difesa e degli Affari interni. Sotto copertura, l’esercito ha dunque ottenuto l’accesso alle apparecchiature satellitari.
Il Giappone sta supportando il programma micro-satellite del Myanmar, che prevede collaborazioni con le università di Hokkaido e Tohoku e l’agenzia spaziale nazionale Jaxa.
Il lancio del satellite è previsto all’inizio del 2021. E, se andrà avanti, «c’è un alto rischio che questi satelliti vengano utilizzati per scopi militari e contribuiscano ad infiammare ulteriormente la guerra civile nel Paese, in cui continuano ad essere commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità», avverte Maung.
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Storia di un progetto studiato nel tempo: le mosse dell’esercito birmano
Il documento di Justice for Myanmar (scarica il Pdf) sottolinea anche che il modo in cui l’esercito birmano controlla e nasconde i reali proventi pubblici dell’operatore di telecomunicazioni Mytel «è un’ulteriore prova che le riforme dell’ultimo decennio non sono mai state intese a portare democrazia e migliorare la vita del popolo del Paese».
«I considerevoli risultati di Mytel si collocano nel contesto più ampio della liberalizzazione economica della ex-Birmania dopo decenni di isolamento, con un mercato di consumo in crescita e la rapida diffusione di nuove tecnologie a prezzi accessibili», si legge nel rapporto. «Questa rapida crescita è stata innescata dalle riforme politiche ed economiche orchestrate dai militari introdotte nel 2011».
Finite le sanzioni internazionali, arrivano i fondi: ecco dove sono finiti gli aiuti al Myanmar
Negli anni successivi le sanzioni internazionali sono state revocate e il denaro degli investitori stranieri, delle istituzioni finanziarie internazionali e delle agenzie di aiuto si è riversato nel Paese.
Le riforme del settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono state sostenute dalla Banca mondiale e dalla Banca asiatica di sviluppo, a vantaggio delle forze armate del Myanmar con il pretesto della democratizzazione.
«Le riforme non sono mai state intese a realizzare la storia di successo democratico in cui il mondo era così disposto a credere», spiega il rapporto. Ma «erano semplicemente la fase successiva di un piano diverso e più oscuro per espandere la ricchezza dell’élite militare. Una fase precedente di quel piano era quella di stabilire una rete di canali in tutte le parti dell’economia per garantire che i benefici del boom economico del Myanmar fluissero direttamente ai vertici delle forze armate».