Guerra in Yemen: ancora armi italiane ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi

L'Italia continua a vendere armi ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, impegnati nei bombardamenti in Yemen. Eppure la Camera aveva votato una moratoria di 18 mesi all'esportazione di bombe aeree e missili. Lo denuncia l’ong Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain

Nei primi sei mesi del 2020 il governo italiano ha inviato all’Arabia Saudita armi e munizioni, per la maggior parte pistole e fucili semiautomatici, per un valore di 5,3 milioni di euro. E anche il governo degli Emirati Arabi Uniti (Eau) ha ricevuto dall’Italia spedizioni di armi di tipo militare per un totale di 11 milioni di euro.

E questo nonostante i proclami ufficiali: nel luglio del 2019 la Camera dei deputati aveva approvato una mozione che impegnava il governo italiano a sospendere per 18 mesi l’esportazione di bombe aeree e missili verso questi due stati, a causa del loro coinvolgimento nel conflitto che dal 2015 sta infiammando lo Yemen.

La Camera dei deputati ha votato, nella mattina di oggi, 22 dicembre, una risoluzione che impegna il governo italiano a mantenere in essere la sospensione della concessione di nuove licenze, per bombe d’aereo e missili, anche oltre la scadenza dei 18 mesi, prevista per gennaio 2021, e «a valutare la possibilità di estendere tale sospensione anche ad altre tipologie di armamenti fino a quando non vi saranno sviluppi concreti nel processo di pace».

Come sottolineato nel comunicato stampa dell’ong Americans for Democracy and Human Rights in Bahrain (Adhrb), «la vicinanza all’Arabia Saudita, che da sempre gioca un ruolo di grande influenza sull’intero scacchiere mediorientale, consente all’Italia di godere di un posto di riguardo tra gli interlocutori della monarchia sunnita, imponendo al nostro paese allo stesso tempo una responsabilità non indifferente nella gestione dei conflitti regionali in corso».

Leggi anche:
Bombe italiane in Yemen: pronti a interrompere forniture all’Arabia Saudita
Marina militare: dalla Spezia al Medio Oriente per affari di guerra

guerra in yemen 2020
Foto: Giuliano Del Gatto

Alleanze economiche tra Italia e Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti nel 2019-2020

Nel solo 2019 il governo italiano ha rilasciato autorizzazioni per la vendita di armi a queste due monarchie del Golfo per quasi 200 milioni di euro. Non solo, le consegne definitive, stando alle certificazioni delle Dogane, avrebbero raggiunto i 190 milioni di euro, sempre verso i due alleati del Golfo.

Nel biennio 2019-2020, i dati degli scambi commerciali tra Italia e Arabia Saudita hanno segnato un aumento del 6%, sempre per quanto riguarda le esportazioni italiane.

Dopo gli Emirati Arabi Uniti (Eau), l’Arabia Saudita è infatti il secondo mercato per numero di esportazioni italiane, sia nell’area del Golfo che nell’intera zona Mena, che comprende Medio Oriente e Nord Africa.

Queste alleanze, floride dal punto di vista economico, nascondono però dei lati oscuri per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e la gestione delle numerose guerre regionali in corso, da parte degli alleati sunniti, in particolare quelli in Yemen e Libia.

Leggi anche:
Leonardo (ex Finmeccanica) è «incline alla corruzione»
Valsabbina: missionari attaccano la banca su policy finanziamento armi

guerra in yemen riassunto
La guerra in Libia – Foto: Amnesty International

Guerra in Yemen oggi: situazione umanitaria drammatica

Oltre 100 mila vittime, delle quali oltre 12 mila civili, a cui si aggiungono circa 24 milioni di persone che necessitano di assistenza alimentare e sanitaria e 14 milioni di persone che soffrono la fame. È questo il drammatico bilancio della guerra in Yemen, una delle più gravi emergenze umanitarie al mondo.

Gli attacchi aerei, portati avanti su vasta scala dalla coalizione capeggiata da Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, sono responsabili della maggior parte delle vittime civili, degli sfollati e del conseguente propagare di fame e malattie, compresa la diffusione del coronavirus.

«Il numero di morti nel centro di trattamento per il Covid-19 che gestiamo ad Aden, in Yemen, è la prova di una catastrofe più ampia su cui le Nazioni Unite e i paesi donatori devono mobilitarsi con urgenza», si legge nell’appello lanciato da Medici senza frontiere già lo scorso maggio.

I raid aerei della colazione hanno causato anche ingenti danni ad abitazioni e alle infrastrutture pubbliche, comprese scuole, ospedali e altri servizi essenziali.

Il blocco aereo imposto dalla Coalizione ha inoltre causato una grave carestia e difficoltà nei rifornimenti di medicine e aiuti alla popolazione civile, esacerbando la già devastante crisi umanitaria in corso.

In Yemen più armi italiane e meno aiuti umanitari

«Gli sviluppi recenti della vicenda hanno visto un dimezzamento degli aiuti umanitari destinati allo Yemen da parte dei maggiori paesi donatori dell’Onu, ossia Usa, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, e degli stessi stati membri del G20, Italia in primis. Nello specifico, nel 2020 il governo italiano ha stanziato appena 5,1 milioni di euro in aiuti, ma tra il 2015 e il 2019 ha autorizzato oltre 1,5 miliardi in export di armi verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi, entrambi membri della coalizione e di conseguenza direttamente coinvolti nel conflitto», si legge nel comunicato dell’Adrhb.

L’export di armi da parte dei Paesi del G20 verso l’Arabia Saudita ha superato di tre volte il valore degli aiuti umanitari destinati alla popolazione yemenita, stando a quanto riferito da Amnesty International.

Va ricordato inoltre che alcune inchieste hanno dimostrato negli scorsi anni che alcune di queste armi sono state prodotte, assemblate e testate dalla Rwm Italia, consociata italiana della multinazionale tedesca Rheinmetall, nello stabilimento di Domusnovas, in Sardegna.

Leggi anche:
Emirati Arabi Uniti: lavoratori migranti intrappolati dal coronavirus
Pena di morte: Giappone, condannati sottoposti a trattamento crudele

guerra in yemen oggi
Flash mob a Montecitorio contro le armi italiane nella guerra in Yemen – Foto: Giuliano Del Gatto

La situazione in Libia: il ruolo di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, insieme all’Egitto, sono impegnati militarmente anche su un altro fronte caldo e strategico per l’Italia, quello libico. I governi delle due monarchie del Golfo sono infatti accusate di aver fornito sostegno militare al generale Khalifa Haftar e alle Forze armate libiche, violando così l’embargo sulle armi alla Libia imposto dalle Nazioni Unite.

Stando a un recente report pubblicato dalla Defence Intelligence Agency statunitense, gli Emirati sarebbero responsabili di numerosi attacchi con droni contro la popolazione civile, le loro abitazioni e le strutture sanitarie.

Inoltre, anche il governo degli Eau è accusato dalla comunità internazionale di violare costantemente i diritti umani dei propri cittadini e dei tanti lavoratori migranti presenti sul territorio, che costituiscono la maggioranza della popolazione. Oltre alle restrizioni nella libertà di espressione e associazione, il governo attua una politica di arresti arbitrari, detenzioni amministrative e torture nei confronti di dissidenti politici ma anche di giornalisti e difensori dei diritti umani.

Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
osservatorio diritti newsletter

Arabia Saudita: repressione e violazioni dei diritti umani

L’Arabia Saudita, avviata verso una modernizzazione sorprendente, continua ad attuare un’incessante repressione nei confronti di attivisti politici, giornalisti e accademici per quanto riguarda la libertà di espressione e associazione.

Oggetto di attacco e forte repressione è anche la comunità dei difensori dei diritti umani: secondo Amnesty l’attivismo pacifico viene soppresso anche grazie all’uso di leggi anti-terrorismo e contro il cyber-crimine.

Non solo, la monarchia saudita continua a distinguersi per il numero di condanne a morte a seguito di processi ritenuti iniqui, spesso eseguite con decapitazioni pubbliche. Preoccupante anche la condizione delle donne, perseguitate, arrestate e torturate per difendere i propri diritti.

La “diplomazia dell’amicizia” tra Italia e Arabia Saudita, instaurata a partire dal 1932 e diretta verso il piano di sviluppo saudita “Vision 2030”, continua a ignorare queste ripetute violazioni dei diritti umani da parte delle autorità saudite nei confronti della popolazione civile.

Nonostante questa complessa situazione dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, l’Adhrb riferisce infatti che «il Presidente del Consiglio Conte, durante il suo discorso al Vertice del G20, ha voluto elogiare l’Arabia Saudita per gli sforzi compiuti nell’ultimo anno, sottolineando come la presidenza saudita “ha saputo indirizzare gli sforzi globali con determinazione e unità d’intenti”».

E conclude: «Il riguardo considerevole, al limite della deferenza, riservata dal premier italiano alla monarchia del Golfo non stupisce se inserita nel quadro attuale dei legami stretti, sia politici che economici, tra i due paesi».

2 Commenti
  1. Rikboy dice

    Sono perfettamente d’accordo con l autrice di questo pezzo ma è corretto considerare che Rwm tra la filiale sarda e quella lombarda genera un fatturato di 400 milioni l anno, anche se dovesse smettere la produzione pensate che finirebbero le guerre? O si darebbe modo a qualche altro competitor internazionale di entrare nel mercato delle armi e vendere al posto di Rwm, magari ad un prezzo inferiore. Cosi ci troveremmo a perdere le tasse che l azienda paga allo stato e con solo nella filiale sarda con 300 famiglie disoccupate.
    Non è così che si fermano le guerre, purtroppo sia Arabia che Emirati grazie alle loro ricchezze godono della compiacenza di molti stati europei dunque l ipocrisia più assoluta da un lato ci troviamo a mandare aiuti umanitari (troppo pochi) a quei poveri disgraziati in Yemen e dall altro li inculiamo vendendo le armi a chi sta provocando morte fame miseria.
    Questa è una situazione disgustosa ma che purtroppo non ha sbocco, abbiamo solo da ringraziare le organizzazioni umanitarie per l enorne contributo che danno.

    1. Redazione dice

      Gentile Rikboy, grazie per aver condiviso con noi la sua riflessione. Ci permettiamo solo di far notare che seguendo il suo ragionamento andrebbe benissimo anche spacciare droga: se non lo facciamo noi, si potrebbe dire, ci guadagnerebbero altri, quindi tanto vale farlo noi. Ecco, non siamo d’accordo su questa impostazione, crediamo che ognuno debba fare la sua parte per la costruzione di una società pacifica. Arrivederci

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.