Black Lives Matter: Brasile (ancora) alle prese con il razzismo dilagante
L'ultimo, grave, episodio è l'omicidio di João Alberto Silveira Freitas, trattenuto in una stretta mortale da due addetti alla sicurezza di un Carrefour di Porto Alegre. Ma il razzismo contro i neri è un fenomeno strutturale in Brasile, dove ora è scoppiata anche una versione latinoamericana del movimento mondiale Black Lives Matter
da Porto Alegre, Brasile
La sera del 19 novembre João Alberto Silveira Freitas, 40 anni, è stato picchiato fino alla morte da due addetti alla sicurezza di un supermercato Carrefour a Porto Alegre, capitale dello stato di Rio Grande do Sul, in Brasile.
João Alberto era nero. Non si tratta di un dettaglio, in un paese in cui, nonostante il 56,7% della popolazione si consideri “nera” (dati del Forum brasiliano di sicurezza pubblica, Fbsp), la discriminazione razziale è una realtà quotidiana in tutti i settori.
Ironia della sorte: il 20 novembre si è celebrata la Giornata nazionale della consciência negra (coscienza nera), una ricorrenza istituita nel 2003, nell’anniversario della morte (nel 1695) di Zumbi dos Palmares, leader della lotta contro il sistema schiavista. Inoltre, proprio a Porto Alegre, il 15 novembre sono stati eletti nel consiglio municipale cinque candidati di colore, un record storico.
Black Lives Matter Brasile: l’omicidio di João Alberto Silveira Freitas
La forte indignazione e le proteste in tutto il paese suscitate dall’episodio – documentato da un video diffuso in tv e su Internet – rivendicano la componente razziale dell’aggressione: difficilmente un bianco viene trattato con la forza dalla polizia o dagli addetti alla sicurezza, la cui presenza nel paese è elevata anche all’interno delle attività commerciali.
Le origini dell’aggressione non sono ancora chiare: un altro video mostra che la vittima – accompagnato all’uscita dai vigilantes, probabilmente dopo un battibecco con una commessa del supermercato – ha tentato di dare ad uno di loro un pugno. A quel punto i due lo hanno preso, picchiato e immobilizzato a terra fino a soffocarlo. Per questo sono stati arrestati e sono in carcere in attesa della conclusione delle indagini.
Oltre ai due autori dell’omicidio, è in carcere anche una dipendente del supermercato. Sono accusati, insieme ad altre tre persone presenti all’aggressione, due dipendenti e un vigilante, di omicidio colposo, con varie aggravanti e dolo eventuale.
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Brasile, concetto di “razza” per emancipazione
Al contrario di quanto avviene in Europa, in Brasile il concetto di “razza” è accettato ed anzi rivendicato anche all’interno delle scienze sociali. Lo stesso Istituto nazionale di geografia e statistica (Ibge) classifica la popolazione, sulla base delle autodichiarazioni, in cinque classi: Branca (bianca), Preta (nera), Parda (di discendenza e caratteristiche fisiche miste), Amarela (gialla), Indígena. Con negros si intende l’insieme composto da neri e pardos.
Dopo la fine della schiavitù, durata più di tre secoli, e i tentativi di creare un’identità nazionale che ne ignorasse completamente gli effetti (la cosiddetta «democrazia razziale»), la rivendicazione della razza si è rivelata uno strumento di emancipazione.
«Tutti i progressi fatti in Brasile sono il risultato della pressione e dell’azione del “movimento negro“», spiega a Osservatorio Diritti Guilherme de Azevedo, sociologo del diritto dell’università Unisinos di Porto Alegre.
Dopo il 2001, con la partecipazione del Brasile alla Conferenza mondiale contro il razzismo di Durban, leggi e politiche pubbliche volte all’inclusione – come l’insegnamento nelle scuole della storia e delle culture afrobrasiliana e indigena, l’approvazione dello Statuto dell’uguaglianza razziale e la legge che introduce le quote riservate ai neri per l’ingresso nelle università federali – hanno rappresentato dei passi in avanti significativi, che oggi l’attuale governo tenta di neutralizzare, ad esempio minacciando di modificare la legge sulle quote.
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Genocidio di neri in Brasile
Nell’ambito della lotta al razzismo, oggi sarebbe urgente anzitutto «ridiscutere la politica di contrasto alla droga, responsabile del genocidio di neri, tanto fra i poliziotti quanto tra i trafficanti», continua Azevedo. Infatti la dura lotta al narcotraffico provoca la morte, in entrambe le parti, dei membri di livello più basso. Che sono i neri, tradizionalmente più poveri.
Come mostra l’Annuario dell’Fbsp, ai ranghi inferiori di polizia ed esercito i neri sono circa il 40% del totale, mentre in quelli superiori circa il 20%: tuttavia fra le vittime di omicidio sono il 65,1 per cento. Discriminazione e sospetto sono talmente forti che vengono interiorizzati:
«Anche un vigilante nero in un supermercato o in centro commerciale è più attento e selettivo nei confronti di altri neri che non dei bianchi. Per non parlare dell’atteggiamento della polizia nelle strade e nei quartieri più poveri. Il risultato finale è che i poliziotti neri uccidono i neri», commenta Azevedo.
La sovra-rappresentazione dei neri è una costante anche fra i detenuti (66,7%) e le vittime di violenza (74,4%). Secondo il rapporto Atlante violenza 2020 dell’Istituto federale di ricerca economica applicata (Ipea), nel 2018 era nero il 75,7% delle vittime di omicidio di sesso maschile, con un tasso del 37,8% su 100 mila, laddove quello relativo al resto della popolazione era del 13,9 per cento.
Fra le donne, la percentuale delle vittime rispetto al totale della popolazione sale al 68% (1,8 donne nere per ogni donna bianca). Qui occorre considerare anche l’ulteriore discriminazione di genere e la cultura maschilista.
Fra l’altro, mentre i tassi di omicidio dei bianchi diminuiscono (-12% fra gli uomini e -11,7% fra le donne nel periodo 2008-2018), quelli dei neri aumentano (+12,4% donne e +11,5% uomini).
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Razzismo, disuguaglianza ed esclusione degli afrodiscendenti
In altri settori le differenze sono ancor più stridenti: solo il 18,1% dei magistrati si dichiara nero; nel mondo del lavoro, ai livelli dirigenziali lo è soltanto il 29,9 per cento. Nel 2018, al di sotto della soglia della povertà, i neri erano il 32,9%, mentre i bianchi il 15,4% (fonte: Ibge).
Nell’ambito della salute «le donne nere ricevono meno attenzione: sono più vulnerabili alle pressioni dei medici, ricevono addirittura meno analgesici e le loro visite sono più brevi, hanno maggiori difficoltà di accesso agli esami prenatali, a causa del pregiudizio che sarebbero meno sensibili al dolore», continua Azevedo.
Dati del ministero della Salute dicono che fino a un anno di età un bambino nero ha il 22,5% delle possibilità in più di morire rispetto a uno bianco (e il 70% delle morti di neonati neri sarebbe evitabile, secondo le statistiche della fondazione Abrinq, dedicata all’infanzia e all’adolescenza).
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Istruzione: la discriminazione tra i banchi di scuola
La situazione è drammatica anche nel campo dell’educazione: mentre il 39% dei bambini bianchi fra 0 e 3 anni sono iscritti al nido, quelli neri sono il 3%. Ed è nero il 71,7% di coloro che abbandonano lo studio prima di concludere il ciclo delle superiori.
Nelle scuole pubbliche, gratuite, i neri sono la maggioranza, mentre i bianchi preferiscono quelle private. La situazione si ribalta all’università: le più prestigiose sono quelle pubbliche, ma è difficile entrarvi e i più preparati sono gli alunni delle scuole private. Per questo prima delle politiche delle quote, per i neri era quasi impossibile accedere all’università pubblica.
In Brasile il razzismo è un fenomeno “strutturale”
Chiara è dunque la percezione di una dinamica di matrice razziale che produce esclusione e vulnerabilità: in questo senso il razzismo viene descritto come fenomeno “strutturale”, cioè intrinseco a tutte le sfere della società, e valido nell’intero paese, tanto negli stati del nord, dove la popolazione nera è maggioritaria, a causa dello storico sfruttamento della schiavitù, quanto in quelle del sud, dove è molto minore, ma possono accadere appunto episodi come quello di João Alberto.
A giugno, dopo la morte di George Floyd negli Stati Uniti e le proteste del movimento Black Lives Matter, Luciana Garcia de Mello, sociologa dell’Università federale di Porto Alegre, scrisse che se in Brasile fosse accaduto un caso simile, probabilmente solo una piccola parte della popolazione avrebbe rilevato la componente razziale, mentre la maggioranza si sarebbe concentrata sulle responsabilità della vittima o su una lettura in termini di classi sociali.
Nonostante le dovute differenze, se è vero che lo sconcerto, testimoniato anche dall’attenzione dei media stranieri, è stato grande, esso non ha raggiunto i vertici dello Stato: il vicepresidente Hamilton Mourãoha commentato la vicenda dicendo che in Brasile il razzismo non esiste, e il presidente Jair Bolsonaro, in una riunione del G20, ha detto che chi istiga alla discordia «commette un attentato contro il popolo e la nostra storia».