Togo: lo Stato africano arresta Brigitte Adjamagbo, paladina dei diritti umani*
La giurista e militante politica è accusata di “attentato alla sicurezza interna”. Ma si tratta di un tentativo del regime dello Stato dell'Africa occidentale di reprimere il dissenso dopo le contestate elezioni che hanno consegnato al presidente Faure Gnassingbé il quarto mandato
*Secondo quanto ci è stato comunicato poco fa da una fonte vicina ai due attivisti arrestati, dopo alcune ore dalla pubblicazione di questo articolo, avvenuta il 17 dicembre 2020 alle 6 di mattina, Brigitte Adjamagbo Johnson e Gérard Djossou sono stati posti in libertà provvisoria sotto sorveglianza giudiziaria. La decisione del rilascio è stata presa dal decano dei magistrati istruttori, così come annunciato via Twitter anche dal loro avvocato, Atsoo Kokou Darius. L’attenzione verso il caso, naturalmente, resta alta, visto che non si tratta di un rilascio incondizionato.
Mise en liberté Provisoire de nos clients, Madame ADJAMAGBO JOHNSON Kafui et de Monsieur DJOSSOU Gérard assortie d’un placement sous contrôle judiciaire. Décision ce jour du doyen des juges d’instruction.#LaLibertéEstLaRègle.
— Atsoo Kokou Darius (@atsoo_kokou) December 17, 2020
Giurista, docente universitaria, militante politica, da più di trent’anni difensore dei diritti umani e dei diritti delle donne in Africa, paladina della democrazia. Oggi Brigitte Kafui Adjamagbo-Johnson si trova rinchiusa in carcere, accusata di «attentato alla sicurezza interna dello Stato».
Accade in Togo, piccolo Paese dell’Africa occidentale, affacciato sul Golfo di Guinea, che da più di cinquant’anni vive sotto un regime di stampo dittatoriale ereditario: il generale Eyadéma Gnassingbé, presidente dal 1967 a seguito di un colpo di Stato, alla sua morte nel 2005, dopo 38 anni di potere intoccabile esercitato con il pugno di ferro e metodi autoritari, ha lasciato la poltrona al figlio Faure Gnassingbé.
La dittatura dei Gnassingbé: figlio al quarto mandato
Lo scorso 22 febbraio alle elezioni presidenziali Gnassinbé figlio ha ottenuto un quarto mandato al primo turno, con il 72% dei voti. Il suo principale sfidante, l’ex primo ministro (al tempo di Eyadéma), poi costretto all’esilio, Agbeyomé Kodjo, è arrivato secondo con il 18% dei voti.
Una vittoria contestatissima da parte dell’opposizione, che ha denunciato brogli e ha chiesto un’indagine approfondita sul processo elettorale. Secondo l’opposizione, inoltre, la rielezione di Gnassingbé sarebbe in contrasto con la Costituzione: la tornata elettorale di febbraio è stata preceduta da una riforma costituzionale – voluta dal capo di Stato – che ha fissato a due il numero massimo dei mandati presidenziali consecutivi.
Tuttavia, non essendo retroattiva, la riforma ha di fatto azzerato il conteggio dei mandati dell’attuale capo di Stato, che non solo ha ottenuto un quarto mandato (il primo dopo la riforma) ma potrà presentarsi ancora una volta tra cinque anni, prolungando dunque il suo potere per un decennio.
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Togo: Brigitte Adjamagbo, una vita per la democrazia e le donne
Brigitte Adjamagbo combatte da sempre per lo sviluppo delle donne, per le pari opportunità. Sessantadue anni, sposata, madre di un figlio e una figlia, la Adjamagbo-Johnson si è laureata in Legge a Lomé, ha poi proseguito gli studi a Parigi, con due master di studi avanzati e un dottorato alla Sorbona terminato con una tesi sui diritti di successione della donna in Togo.
Rientrata nel suo Paese d’origine, ha cominciato la carriera dell’insegnamento universitario. Nel 1991 ha partecipato alla Conferenza nazionale sovrana – indetta da Eyadéma Gnassingbé sotto la forte pressione della società civile – con l’obiettivo di promuove la democrazia e il multipartitismo.
Come ricorda il nipote dell’attivista, padre Ambroise Atakpa, 54enne sacerdote con un passato di giornalista, attualmente docente di Ecclesiologia e Mariologia alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, «è stata una delle rarissime donne che sono riuscite a imporsi alla Conferenza». E aggiunge con orgoglio: «Ha sacrificato la carriera e il guadagno facile per la dignità della donna e per la democrazia in Africa». In seguito la Adjamagbo ha ricoperto per breve tempo la carica di ministro degli Affari sociali, dei diritti umani e della condizione femminile.
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In Togo il regime ereditario più longevo dopo la Corea del Nord
Un comunicato rilasciato dalle famiglie Adjamagbo e Johnson, rivolto al Togo e all’Europa, con un appello per la sua liberazione, sottolinea che l’attivista è parte di una famiglia profondamente cattolica e che «lei stessa è sempre rimasta fedele alla Chiesa e alla sua dottrina sociale». Nella sua biografia, rilasciata dalla famiglia, si legge inoltre che «da più di trent’anni è diventata in Togo e in tutta l’Africa una figura emblematica dei diritti umani, dei diritti della donna, dello stato di diritto, dell’opposizione democratica e pacifica al più longevo regime ereditario al mondo dopo quello della Corea del Nord».
Dal 2004 al 2006 la docente togolese ha presieduto il Forum della società civile dell’Africa occidentale. Oggi, è la coordinatrice di Wildaf/Feddaf (Donna diritto e sviluppo in Africa), una rete subregionale dell’Africa occidentale.
Prima donna candidata presidente nello Stato africano
È stata la prima donna in Togo a presentarsi alle elezioni presidenziali, nel 2010 (contro Gnassinbé), come candidata del partito Convention democratique des peuples africaines-Cdpa (Congresso democratico dei popoli africani). In campagna elettorale l’attivista si era detta convinta che la popolazione togolese fosse pronta per scegliere una donna come presidente (dallo scorso ottobre il Togo, per la prima volta, ha una premier donna, Victoire Tomegah-Dogbé).
La Adjamagbo è la coordinatrice della rete Dynamique Monseigneur Kpodzro (Dmk), una coalizione di partiti politici d’opposizione e di organizzazioni della società civile togolese che si batte per il cambiamento democratico ed è stata fondata da monsignor Philippe Fanoko Kpodrzo, già vescovo di Atakpamé, dal 1992 al 2007 arcivescovo di Lomé, oggi in esilio, da dove continua con forza a denunciare le violazioni dei diritti umani perpetrate dall’attuale regime.
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L’arresto di Gérard Yaovi Djossou
La giurista è stata arrestata il 28 novembre, quando era andata a trovare in prigione Gérard Yaovi Djossou, 48enne militante politico, anche lui membro della Dmk, incaricato degli affari sociali e dei diritti umani, arrestato il 27 novembre e detenuto nel Servizio centrale di ricerche e investigazioni criminali (Scric), famigerata branca delle forze armate togolesi.
Il 28 novembre avrebbe dovuto svolgersi una manifestazione di protesta contro i risultati elettorali di febbraio, indetta dalla Dynamique, che è stata poi vietata (ufficialmente per il Covid).
Anche Djossou, come la Adjamagbo, è accusato di attentato alla sicurezza interna.
Dopo essere stata fermata, la giurista è stata scortata a casa sua per una lunga perquisizione. Ma, come i suoi avvocati difensori hanno chiarito, non è stato trovato assolutamente nulla che potesse confermare le accuse contro di lei. Sia la Adjamagbo sia Djossou, entrambi trattenuti nel Scric, sono stati interrogati e si sono dichiarati innocenti. Ma la loro detenzione va avanti in modo arbitrario, sulla base di accuse che non si fondano su alcuna prova ed evidenza.
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La Conferenza episcopale togolese si schiera
Contro l’arresto dei due attivisti si sono sollevate numerose voci, in Togo e all’estero. Perfino la Conferenza episcopale togolese ha preso una chiara posizione, invocando in un comunicato la liberazione dei due militanti politici e affermando di non credere alla possibilità che la Adjamagbo possa far parte di un piano di destabilizzazione dello Stato.
In Europa, a tenere desta l’attenzione sulla vicenda è Pascal Adjamagbo, fratello di Brigitte, professore di Matematica all’Università Sorbona di Parigi, che in un’intervista a una radio privata ha ribadito l’innocenza della giurista e spera vivamente che si sollevino reazioni in suo favore nel nostro continente.
Piccolo Paese che in genere fa poca notizia sui media internazionali e italiani, il Togo – concordano varie fonti – è uno Stato molto strategico in Africa occidentale per le potenze europee – con la Francia in testa – e per le multinazionali (il suo porto, l’unico naturale in acque profonde nella regione, è un punto di riferimento per gli Stati dell’area privi di sbocco sul mare).
Mappa del Togo (capitale Lomé)
Attivista in carcere in Togo: appelli per la liberazione
Lo scorso 5 dicembre il Coordinamento internazionale della Dynamique Monseigneur Kpodzro ha lanciato in un comunicato ufficiale un messaggio forte, chiaro, risoluto di indignazione e di condanna nei confronti dell’arresto della Adjamagbo e di Djossou e di pieno appoggio al candidato sconfitto Kodjo, al quale la Dmk attribuisce la vittoria alle elezioni. Si legge nel comunicato:
«Il Cidmk constata che il potere illegittimo e di fatto di Faure Gnassingbé ha deliberatamente scelto l’opzione della violazione permanente delle leggi della Repubblica».
Il Cidmk lancia un appello a tutta la classe politica e alla società civile, ai cittadini del Togo e alle comunità della dispora perché si attivino in una coraggiosa azione civile in favore della democrazia. A chiedere con forza la liberazione dei due militanti politici è stata anche l’Internazionale socialista, l’unione mondiale dei partiti d’ispirazione socialdemocratica e laburista.
La petizione al ministro della Giustizia di Lomé
Anche Amnesty international ha lanciato un appello, spiegando che i due attivisti «sono detenuti unicamente a motivo delle loro opinioni politiche, il loro arresto e la loro detenzione mirano a dissuadere i membri dell’opposizione e le voci dissidenti dall’organizzare liberamente riunioni pacifiche e dal protestare contro la rielezione del presidente Faure Gnassinbé per un quarto mandato».
L’ong esorta la società civile ad aiutare i due attivisti togolesi firmando una petizione indirizzata al ministro della Giustizia del Togo.