Israele: scuole palestinesi sotto attacco tra demolizioni e violenze

Tra gennaio 2018 e giugno 2020 l'esercito e i coloni israeliani hanno lanciato 296 attacchi contro le scuole della comunità palestinese, gli studenti e gli insegnanti. Per il Norwegian Refugee Council «Israele non è riuscita a garantire un accesso sicuro alle scuole»

Ogni giorno Haitham, 12 anni, deve camminare per mezz’ora per raggiungere la scuola. Perché nella sua comunità, a Jabal Al-Baba, la scuola non c’è: «L’esercito (israeliano, ndr) non ci permette di averla. Ne abbiamo costruita una, ma è stata demolita. Ne costruiremo un’altra e anche se l’esercito la distruggerà di nuovo, noi la ricostruiremo».

Quello di Haitham non è un caso isolato: per molti bambini palestinesi frequentare regolarmente le lezioni può essere molto complicato, o persino pericoloso, a causa degli attacchi condotti contro gli edifici scolastici da parte dell’esercito di Israele, dei coloni o di agenti di sicurezza privati.

Nel corso di uno di questi attacchi, il 2 febbraio 2020 Mahmoud, un 12enne che frequenta la scuola secondaria a Nablus, è stato colpito alla testa da un proiettile di gas lacrimogeno lanciato dai soldati all’interno del cortile dell’edificio.

«Non ho visto il proiettile perché c’era molto fumo e non potevo aprire gli occhi. Non potevo nemmeno respirare. Il proiettile mi ha colpito in testa e ho iniziato a sanguinare», ha raccontato il ragazzino, che ha dovuto essere ricoverato.

La madre di Mahmoud è molto preoccupata per il figlio: «Ho frequentato la stessa scuola da bambina: le stesse cose che sono successe a me stanno succedendo ai miei figli. La situazione non è migliorata, al contrario. È peggiorata».

Israele attacca l’istruzione in Cisgiordania

Tra gennaio 2018 e giugno 2020 le forze di sicurezza israeliane, i coloni o guardie private hanno lanciato una media di 10 attacchi al mese contro le scuole della Cisgiordania, per un totale di 296 attacchi che hanno avuto come bersaglio edifici, studenti e insegnanti. La denuncia arriva dal Norwegian Refugee Council che ha diffuso nei giorni scorsi un rapporto dal titolo “Razziato e raso al suolo” che analizza “gli attacchi e gli ostacoli che hanno compromesso la capacità dei bambini palestinesi di accedere all’istruzione in tutta la Cisgiordania”, con particolare attenzione ai più vulnerabili, in particolare i bambini e gli adolescenti che vivono nella cosiddetta “Area C”, che è sotto controllo e amministrazione israeliana.

Durante i trenta mesi presi in esame sono stati censiti 235 diversi attacchi: in tre casi su quattro, i responsabili sono gli uomini dell’esercito israeliano. Nel 37% dei casi si è trattato di intimidazioni, minacce e persino uso effettivo della forza contro gli studenti e il personale educativo, compresi dieci episodi durante i quali gli uomini dell’esercito israeliano hanno aggredito fisicamente gli studenti. In almeno dieci casi, gli studenti sono stati feriti con strumenti come sfollagente e in almeno due episodi è stato registrato l’uso di armi da fuoco. Per 25 volte i soldati hanno fatto irruzione in una scuola mentre erano in corso le lezioni, terrorizzando gli studenti. A questi episodi, si aggiungono la demolizione di scuole e la confisca di attrezzature, molte delle quali sono state finanziate dall’Unione Europea e dai governi europei, per un totale di 41 episodi denunciati.

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Scuola elementare a As-Simiya – Foto: © Ahmad Al-Bazz/NRC

Israele viola le leggi internazionali

«In quanto potenza occupante, Israele non è riuscita a garantire un accesso sicuro alle scuole. Le forze israeliane hanno invece negato l’istruzione ai bambini e hanno demolito le scuole per le comunità vulnerabili della Cisgiordania», ha commentato il segretario generale del Norwegian Refugees Council, Jan Egeland. Che accusa Israele di aver creato «un ambiente di costante paura che traumatizza i bambini» violando gli obblighi internazionali sottoscritti da Israele a non commettere attacchi contro l’istruzione.

Agli attacchi commessi dall’esercito israeliano, si aggiungono poi quelli a opera dei coloni che, incoraggiati dalla retorica ultra-nazionalista del governo, prendono d’assalto le scuole, colpiscono con lanci di pietre gli scuolabus, danneggiano e vandalizzano gli edifici e gli arredi scolastici. L’80% degli assalti commessi dai coloni o da guardie private degli insediamenti è stato registrato nelle città di Nablus e Hebron.

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Un bambino palestinese raggiunge a piedi la sua scuola vicino alle colline di Al-Muntar vicino a Gerusalemme. La struttura rischia di essere demolita. Foto: © Ahmad Al-Bazz/NRC

Israele abbatte e confisca scuole palestinesi nell’Area C

A causa della politica israeliana che impedisce ai palestinesi di costruire edifici all’interno della cosiddetta “Area C” (sottoposta al totale controllo israeliano), circa un terzo delle comunità palestinesi che vive all’interno di quest’area non ha scuole. E sui pochi edifici ancora in piedi pende costantemente il rischio dell’abbattimento.

Secondo le stime contenute nel report del Norwegian Refugee Coucil, tra gennaio 2010 e giugno 2020 sono state 23 le scuole demolite (totalmente o in parte) o confiscate. «Al 31 ottobre 2020, sono 52 le scuole palestinesi a rischio di essere totalmente o parzialmente abbattute», denuncia il report. Di queste, 44 si trovano all’interno dell’Area C.

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Un nuovo insediamento israeliano sta per sorgere alle spalle della comunità palestinese di Jubbet Adh-Dhib – Foto: © Ahmad Al-Bazz/NRC

Beduini, la popolazione più vulnerabile

I beduini che vivono all’interno della’Area C della Cisgiordania sono particolarmente esposti a questi attacchi. Si tratta di una comunità di circa 30 mila persone, appartenenti alle fasce economiche più deboli e svantaggiate cui la politica israeliana vieta, di fatto, la possibilità di continuare a vivere secondo il proprio stile di vita tradizionale, seguendo le greggi da un pascolo all’altro.

All’interno di comunità così fragili e impoverite, sono sufficienti ostacoli minimi per scoraggiare la frequenza scolastica da parte dei bambini. Se all’interno di una comunità non è presente una scuola, ad esempio, i genitori potrebbero non avere i soldi necessari a pagare il trasporto verso quella più vicina, spingendo gli studenti ad abbandonare gli studi per mettersi a lavorare e supportare la famiglia.

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Demolizioni israeliane: le scuole non sono le uniche strutture palestinesi ad essere colpite

I dodici figli di Suliman Kaabneh, un beduino che vive nella comunità di Wadi As-Seeq, dove non c’è una scuola elementare, non sono mai andati a scuola: «Non hanno frequentato nemmeno la prima classe», ha spiegato l’uomo.

La scuola più vicina si trova a circa 10-11 chilometri: «Le spese per i trasporti erano troppo elevate e il viaggio era molto faticoso». Alla fatica del viaggio si sommano i rischi per gli attacchi ai danni dei bambini da parte dei coloni.

La scuola della comunità di Jabal Al-Baba, che accoglieva bambini fino alla terza elementare, è stata demolita per tre volte nel 2017 e di nuovo nel 2018. Adesso, anche l’asilo che accoglie circa 25 bambini è a rischio demolizione. E le scuole non sono le uniche strutture a rischio:

«Negli ultimi sei anni abbiamo assistito ad almeno 70 demolizioni: la clinica, l’asilo, il centro per le donne e la scuola elementare. Questo ci ha danneggiato in molti modi. Per i bambini in modo particolare ha un peso psicologico importante», spiega Atallah Mazarah, il portavoce della comunità.

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