Violenza di genere: Venere siamo noi, un libro per rinascere dai maltrattamenti
Cinque storie di cinque donne uscite dalla violenza. Il libro Venere siamo noi, a cura dell'associazione La consapevolezza di Venere, ci fa entrare nel mondo della violenza di genere. Ed è arricchito di schede giuridiche e psicologiche, opere di artisti e poeti
«Abbiamo raccolto cinque storie di donne tra le tante, che si sono affidate a noi. Cinque storie che hanno avuto un buon fine, loro tra le tante. Venere sono loro. Venere siamo tutte noi».
Lo scrive Paola Gonella, presidente de La Consapevolezza di Venere onlus, associazione milanese nata nel 2018, che si occupa di violenza sulle donne, nell’introduzione di “Venere siamo noi”, un libro che raccoglie storie di donne uscite dalla spirale della violenza, arricchito di schede e approfondimenti di psicologia, diritto penale e civile. Il ricavato delle vendite servirà a finanziare progetti di sostegno a donne vittime di violenza.
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Il reato di maltrattamento in famiglia: la storia di Angela
Inizia quasi sempre così, con l’incontro di quello che ci appare come il principe azzurro. La favola, che in realtà è solo il preludio alla spirare della violenza. Come accaduto ad Angela, protagonista della prima storia del libro: a 45 anni incontra un uomo premuroso, protettivo, romantico. «Finalmente l’Amore con la A maiuscola, l’amore vero», racconta Angela. Tempo qualche mese e le attenzioni diventano sospetti, critiche, azioni tese ad allontanarla da amici e familiari.
Inizia la violenza, che definisce un vero e proprio reato, un approfondimento di diritto penale ce lo dice chiaramente. Parliamo del reato di maltrattamento in famiglia, punito dall’art. 572 del codice penale, che si configura ogniqualvolta un soggetto maltratta una persona appartenente alla sua famiglia, convivente, sottoposta alla sua autorità o a lui affidata.
Violenza di genere: la spirale dall’intimidazione all’aggressione
Ma cosa tiene avviluppata la donna in questa spirale? È lo schema psicologico che si ripete nel cosiddetto ciclo della violenza, ben spiegato nell’approfondimento di psicologia, a conclusione della storia di Angela, oggi tornata a nuova vita.
La spirale della violenza parte dalla intimazione, fino ad arrivare alle aggressioni fisiche o sessuali e persino il ricatto dei figli; nel mezzo le false riappacificazioni, che portano a riavvolgere il nastro e partire da capo.
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I minori e il reato di violenza sessuale: Maria, abusata dal padre a 11 anni
«Le ragazze piangono di frodo
quando il corpo nudo vuoto
torna allo stadio originario
[…]…abbiamo fame
di acqua pulita e nuova, un’aura
bianca sopra la testa ad aspirare
il silenzio velenoso della violenza rosa».
Sono i versi della poetessa Alessandra Corbetta, che aiutano a comprendere quello che accade nella dimensione privata e intima di chi subisce violenza, «il corpo e l’anima restano indelebilmente marchiati, prendono una forma altra, irreversibile».
Come successo a Maria, che si definisce l’eccezione di se stessa, «la variante di come sarei se mio padre non avesse abusato di me».
Maria, che oggi ha 24 anni, aveva 11 anni quando la sua vita cambia, ad opera di suo padre. Sei anni di sofferenze, notti insonni, lacrime e paura – dice Maria – che racconta di essersi sentita in uno stato di trance.
Non a caso a fine storia, una delle schede di approfondimento è dedicata alla difesa personale: «Le tecniche di difesa personale possono offrire dei benefici, sia per rispondere in modo adattivo ed efficace, sia per imparare a prevenire situazioni pericolose, potenziando e aiutando l’istinto di sopravvivenza», si legge.
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Il significato della “violenza assistita” e la normativa
“Venere siamo noi” racconta poi la storia di Mia, nata negli anni Sessanta, dove le regole erano rigide e suo padre le faceva rispettare anche alzando le mani. La mamma stava ferma. Mia è andata via di casa a 18 anni per aprirsi al suo cambiamento, voltare pagina dopo aver subito quella che viene definita come violenza assistita.
«Un bambino, più di ogni altro componente della famiglia, paga le conseguenze della violenza familiare, perché inserita nella delicata fase dell’infanzia, genera ripercussioni nel corretto sviluppo della personalità», si legge nella scheda di approfondimento di diritto penale.
Quella di Daniela, 55 anni, 28 di matrimonio, è invece una storia di violenza psicologica, che ha come contropartita la dipendenza affettiva, credere che si sopporti per amore, a costo di profonde crisi depressive. Un racconto di dolore, ma «se posso aiutare anche solo una donna a riconoscere, nella mia storia, la difficoltà di vedere se stessa in nome di sacrifici e dedizione, non sarà stato vano», sono le parole di Daniela.
Una storia importante per comprendere che la violenza psicologica non è una violenza di serie B, che l’ordinamento giuridico italiano punisce anche le forme di violenza più subdole, quelle che non provocato lividi o ferite fisiche.
Nell’approfondimento di diritto penale, si incontrano alcune importanti informazioni su come provare la violenza psicologica, ad esempio registrazioni audio e video che riprendono i comportamenti dell’aggressore nei propri confronti, un comportamento «del tutto legale, anche se non si ha il consenso dell’altro interlocutore o l’autorizzazione preventiva del giudice o della polizia».
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La storia di Simona, invece, racconta di una bambina che incontra la violenza domestica grazie ai suoi genitori. Una storia che ritorna da grande, nel suo matrimonio. E che sfocia nella consapevolezza, un percorso per ritrovare il proprio valore, costruire la propria autonomia.
Violenza di genere in Italia: oltre gli stereotipi
“Venere siamo noi” è un libro ricco, con sguardi variegati. Si parte dalla narrazione del baratro, per approdare alla rinascita che porta al lettore potenziale la speranza necessaria per andare oltre la violenza – in chi potrebbe vivere le medesime cose – o semplicemente per comprendere cosa sia.
Il pregio maggiore di questa pubblicazione è portare all’attenzione del lettore anche una serie di strumenti di conoscenza “tecnica”, dalla psicologia al diritto. Un passo necessario per approdare nella terra della consapevolezza, che tutti noi dovremmo calpestare.
Non solo chi la violenza la subisce, ma anche chi si trova davanti a chi sta confessando una violenza, per andare oltre gli stereotipi, evitare alla vittima di non essere creduta o, peggio, giudicata, per evitare la cosiddetta vittimizzazione secondaria. Per comprendere che esistono strumenti e tutele, giuridiche e psicologiche. Che rinascere è possibile.