Diritti umani a Cuba: braccio di ferro tra governo e artisti sul diritto al dissenso

L’ombra della repressione si staglia sul governo cubano. Il primo a essere arrestato è stato Denis Solís, già condannato a 8 mesi di carcere. Proteste e denunce si alzano ora da più parti: dalle prese di posizione delle ong alle manifestazioni di centinaia di artisti cubani contro le violazioni dei diritti umani a Cuba davanti al ministero della Cultura

Denis Solís González, 31 anni, viene arrestato con l’accusa di desacato (mancanza di rispetto) il 9 di novembre: due giorni dopo viene processato e condannato a otto mesi di prigione.

Immediatamente il Movimento San Isidro – Msi, del quale Denis è membro, inizia a protestare pacificamente lanciando uno sciopero della fame a partire dal 18 novembre per chiedere la liberazione di Solís. Il 26 di novembre, però, la polizia cubana fa irruzione nella sede dell’Msi, in via Dama 955, a L’Avana, sgombera i manifestanti e arresta due di loro.

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cuba dittatura
Denis Solís (dal profilo Facebook di Denis Solís) – Nel cartello, “Popolo di Cuba, decidi il tuo futuro”

La protesta degli artisti a Cuba e l’appoggio di Amnesty International

A questo punto la protesta si intensifica e venerdì 27 novembre più di 100 esponenti del settore dell’arte cubana e del giornalismo indipendente manifestano pacificamente il loro dissenso di fronte al ministero della Cultura di Cuba (Mincult).

Una rappresentanza di questo folto drappello (circa 30 persone) viene ricevuta da Fernando Rojas, viceministro della Cultura, e inizia così il dialogo che parte dalla richiesta di più libertà d’espressione e più libertà di creazione artistica da parte dei manifestanti. Dialogo però già interrotto venerdì 4 dicembre, come riporta il ministro della cultura Alpidio Alonso Grau nel sul account Twitter, che taccia di mercenari e traditori di Cuba parte degli artisti protagonisti delle proteste.

«Le continue molestie e intimidazioni contro membri del Movimento San Isidro, che sono in prima linea nell’opposizione al decreto 349, una legge distopica che cerca di censurare l’espressione artistica, mette in luce la costante repressione che Cuba esercita contro i diritti umani, compreso il diritto alla libertà di espressione nel Paese. Le autorità possono continuare a molestare, intimidire, detenere e criminalizzare artisti e intellettuali di pensiero alternativo, ma non possono imprigionare le loro idee».

Queste le parole di Erika Guevara Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe, raccolte in un comunicato che l’organizzazione ha divulgato il 20 di novembre in appoggio alla protesta pacifica dell’Msi.

Molto diversa la versione delle autorità cubane, che in un articolo uscito su Granma.cu il 24 di novembre, a cura di Raúl Antonio Capote e intitolato “Chi si cela dietro lo show anticubano a San Isidro?”, raccontano di legami terroristici dell’Msi e di attività sovversive preparatorie di un “Golpe Suave” (colpo di stato dolce) seguendo i dettami del manuale del politologo statunitense Gene Sharp “Come abbattere un regime. Dalla dittatura alla democrazia. Manuale di liberazione non violenta”.

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violazione dei diritti umani a cuba
Integranti del Movimento di San Isidro – Foto tratta da un tweet di Erika Guevara-Rosas

Denis Solís, rapper a Cuba

Denis Solís protesta contro l’autorità centrale cubana dal 2016 e viene descritto come Rapper su molte testate giornalistiche internazionali, anche se per dovere di cronaca è necessario riportare quanto manifestato dall’Agencia Cubana de Rap (Agenzia Cubana del Rap).

«La voce di un principiante senza un’opera consolidata non può essere invocata come rappresentante del nostro hip hop, tanto meno quando si sa che gli interessi che difende fanno parte del piano eversivo orchestrato contro la rivoluzione cubana».

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“Mancanza di rispetto verso le autorità”, un reato cubano

Quel che è certo è che Solís, ad oggi, è un cittadino cubano privato della libertà, detenuto nel carcere di Valle Grande, sulla base di un reato di “mancanza di rispetto verso le autorità“, articolo 144.1 del codice penale cubano.

È importante sottolineare come questo tipo di reato sia stato più volte segnalato da organizzazioni per la difesa dei diritti umani e da organismi multilaterali come un attacco alla libertà di espressione. Di fatto, l’Organizzazione degli stati americani (Oea) considera che le leggi che sanzionano il desacato sono incompatibili con l’articolo 13 della Convenzione americana sui diritti umani.

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L’Avana, Cuba – Foto: via Pixabay

Cuba, da infermiere a dissidente: la storia di  Solís

Solís è figlio di una delle tipiche storie cubane vincolate a doppio nodo con gli esuli che riempiono il sud della Florida e non solo. Infatti, il padre si Denis è un balseros, cioè una di quelle persone che hanno lasciato l’isola nel 1994 (durante la crisi conosciuta come “El maleconazo”), e lo abbandona quando lui ha solo 5 anni. Pochi anni dopo, nel 2001, quando il piccolo Denis ha solo 12 anni, rimane orfano anche di madre e da quel momento sarà lo zio a prendersi cura di lui.

Cresce nei meandri della vecchia Avana, studia e ottiene la qualifica di infermiere ma presto capisce che è attraverso il lavoro con i turisti che può cercare sostentamento economico. Compra quindi una bicitaxi per poter migliorare la sua situazione economica, visto che lo stipendio da infermiere non gli garantisce stabilità, ma nel 2016 le autorità gli confiscano il mezzo.

Da quel momento inizia la sua storia di dissidenza e le proteste contro l’autorità castrista. Manifesta il 29 di marzo del 2016 contro il sequestro della bicitaxi e per questo viene arrestato 15 giorni dopo e condotto nel carcere di Valle Grande (la stessa prigione dove si trova ora) nella quale rimane per due mesi.

Successivamente cerca di abbandonare il paese, ma non ci riesce. Di nuovo viene fermato dalle autorità il 10 ottobre 2020 mentre cerca di raggiungere Dama 955, la sede dell’Msi, dove era stato organizzato un concerto per la nonviolenza.

Dopo quei fatti Denis decide di alzare la posta in gioco e si fa tatuare sul petto la scritta Cambio Cuba Libre (cambiamento Cuba libera) come provocazione verso le autorità.

Tutto questo porta al 7 novembre, quando un ufficiale di polizia (l’agente 04478) entra a casa di Denís, a L’Avana, violandone il domicilio. Solís gira un video nel quale chiede spiegazioni per l’irruzione e attacca verbalmente l’ufficiale chiedendogli di ritirarsi. L’agente di polizia prova a giustificarsi, ma come si vede nelle riprese non risponde alle provocazioni, prende appunti e comincia a filmare anche lui.

Denís è visibilmente alterato, dice di essere un lupo solitario, che Trump è il suo presidente e che il regime castrista non gli fa paura. Poi termina il video dicendo che sono le 18 e 40 e che probabilmente l’agente di polizia è andato a chiamare rinforzi per organizzare il suo sequestro.

Due giorni dopo Solís esce di casa e viene immediatamente fermato dalla polizia che lo arresta e lo porta via.

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Il Movimento San Isidro, lo sgombero e la versione del governo de L’Avana

In via Dama 955, nella capitale di Cuba, L’Avana, si trova la sede del Movimento San Isidro del quale fa parte Denis Solís: un gruppo eterogeneo composto da artisti, poeti, attivisti Lgbt, accademici e giornalisti indipendenti. Appreso della notizia dell’arresto di Solís e della sua condanna, gli altri membri del gruppo hanno cominciato a protestare e il 18 di novembre alcuni di loro sono entrati in sciopero della fame.

I giornali ufficiali, come il Granma, hanno iniziato da subito una campagna di discredito nei confronti del gruppo, mettendo in discussione anche lo sciopero della fame, mentre da più parti si sono alzate voci di solidarietà con gli attivisti, soprattutto dagli Stati Uniti d’America e dalla colonia di esuli cubani di Miami.

Il 26 novembre la polizia cubana ha fatto irruzione nella sede del Msi, sgombrando con la forza 14 persone, 6 delle quali erano in sciopero della fame. L’azione si è conclusa con l’arresto di due integranti del gruppo che si sono rifiutati di tornare alle loro case: Luis Manuel Otero Alcántara (32 anni) e Anamely Ramos (35 anni). Della donna si sono avute notizie poche ore dopo, mentre Otero è rimasto fino al 1° di dicembre “ospite” dell’Ospedale Manuel Fajardo a L’Avana, sotto custodia della polizia politica.

La versione ufficiale del governo parla di sgombero necessario per prevenire il contagio da Covid-19 e la diffusione dello stesso.

Dagli account social del Movimento San Isidro si continua a tenere informata la popolazione sullo stato della protesta, sulla sorte dei membri del gruppo e sulle condizioni della sede in via Dama 955 che continua a essere chiusa dopo l’intervento polizia.

Violazione dei diritti umani a Cuba: il report della Commissione interamericana

Il 5 giugno 2020 la Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh) ha pubblicato dopo ben 37 anni un report sulla situazione dei Diritti Umani a Cuba. La Cidh punta il dito sull’alto rischio che affronta l’opposizione a Cuba, sulla mancanza di partecipazione politica, sulla mancanza di libere elezioni, oltre alla forte riduzione della libertà d’espressione. La Commissione esprime inoltre «la sua preoccupazione per l’elevato numero di testimonianze e informazioni pubbliche che denunciano le detenzioni arbitrarie contro attivisti e oppositori come una pratica sistematica sull’isola».

Il dibattito rispetto alla repressione del dissenso a Cuba è sempre stato all’ordine del giorno con informazioni contrastanti e polarizzate. Fin dai tempi del famoso libro dell’esule cubano Reynaldo Arenas, “Antes que anochezca” (prima che faccia notte), la palestra di sostenitori e detrattori della rivoluzione cubana si è scontrata a colpi di accuse e fake news.

In questa vicenda, però, anche artisti cubani di fama internazionale come Haydeeé Milanés (figlia di Pablo Milanés, cofondatore della Nueva Trova Cubana) si sono schierati con il Movimento San Isidro. Haydeé ha dichiarato infatti:

«Torno a casa e scopro la notizia che hanno allontanato violentemente tutte le persone che erano state nella sede di San Isidro per diversi giorni, molte delle quali in sciopero della fame. Persone pacifiche. Abbiamo chiesto dialogo. Non siamo stati ascoltati. Questa è la soluzione che hanno trovato? Provo vergogna e orrore».

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