India: bambini tra sfruttamento, abbandono scolastico e tratta

La fase di riapertura dopo il lockdown in India ha scatenato una nuova emergenza nelle zone rurali: lavoro minorile, abbandono scolastico e tratta sono in aumento come conseguenza della crisi economica

Lavoro minorile, traffico di bambini e abbandono scolastico, sono le conseguenze più immediate sui minori in questa fase di post-lockdown in India. È quanto emerge da un rapporto della Kailash Satyarthi Children’s Foundation, che da anni si occupa di diritti dei bambini nelle zone più remote del subcontinente.

È stato stilato sulla base delle interviste raccolte con 53 ong in tutto il Paese che si occupano di diritti dei minori e di un sondaggio sottoposto a 245 famiglie delle zone rurali negli stati di Assam, Bihar, Jharkhand, Chhattisgarh e Rajasthan, tutti stati impoveriti, nonché principale bacino di manodopera minorile e tratta nel Paese.

Dal rapporto emerge che il 93% delle ong intervistate prevede un aumento dell’incidenza del lavoro minorile in questa fase: il vuoto creato da un deficit dell’offerta di lavoro nelle città eserciterà una pressione sulle famiglie più povere e sul reddito, spingendole a mandare i propri figli a lavorare per aiutarli a sopravvivere. Il 21% delle famiglie ha dichiarato che avrebbe mandato i figli a lavorare. Il rischio è di nuovo forme di schiavitù.

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Foto: FaiQe Sumer (via Wikimedia Commons)

In India aumetano sfruttamento minorile, matrimoni precoci e tratta

Anche nel caso dei matrimoni precoci il 64% delle ong ritiene che aumenteranno dopo il rilassamento delle restrizioni, con il 13% delle famiglie che ha dichiarato di voler dare in sposa le proprie figlie, anche con il protrarsi della crisi economica.

Secondo gli editori, le discrepanze nei risultati dell’indagine tra ong e famiglie potrebbero essere attribuibili alla maggiore consapevolezza che si è diffusa negli ultimi anni nella società, per cui i genitori sono portati a nascondere i casi di lavoro minorile e spose-bambine.

Circa l’89% delle ong coinvolte nell’indagine teme un aumento dei casi di tratta legati a motivi di lavoro e sfruttamento e ritiene probabile che l’abbandono scolastico aumenterà nel periodo successivo al lockdown. Il 20% delle famiglie ha dichiarato che sta pensando di ritirare i figli dalla scuola.

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Foto: Shanjoy (via Wikimedia Commons)

Bambini in India costretti ad abbandonare la scuola

È indubbio che il protratto lockdown, la didattica a distanza in zone dove l’accesso a internet e un computer sono fuori dalla portata di molte famiglie e l’incipiente crisi economica nelle zone rurali siano tutti fattori che contribuiscono ad aumentare le probabilità di abbandono degli studi e ingresso nel mercato informale del lavoro, esponendo i bambini a varie forme di sfruttamento.

L’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) stima che l’India, con una popolazione così numerosa, abbia il maggior numero di bambini lavoratori al mondo in termini assoluti. L’ultimo censimento, nel 2011, ha rilevato che il numero totale di bambini lavoratori, di età compresa tra 5 e 14 anni, era di 10,1 milioni.

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La legge sul lavoro minorile non ferma lo sfruttamento dei bambini

La legge sul lavoro minorile, emendata nel 2016 in senso restrittivo, permette solo agli adolescenti sopra i 14 anni di lavorare e mai in condizioni pericolose. Il lavoro minorile, ad eccezione di alcuni lavori come quelli in ambito artistico e imprese a conduzione familiare, è proibito e quindi illegale.

Ma con l’economia del Paese duramente colpita dalla pandemia e stravolta dalla perdita di almeno 12 milioni di posti di lavoro, alcune famiglie sono state a spinte a mandare i propri figli a lavorare affinché contribuiscano al sostentamento della famiglia. Il reddito familiare medio mensile si è ridotto drasticamente durante i mesi di serrata.

Quasi l’85% delle famiglie ha riferito di non avere reddito al momento dell’indagine (tra aprile e maggio). I dati hanno inoltre rivelato che la mancanza di liquidità spinge le famiglie a richiedere denaro contante a credito a tassi di interesse molto elevati. Le famiglie di lavoratori salariati giornalieri, braccianti agricoli, lavoratori occasionali sono state le più colpite dalla crisi del Covid-19.

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Bangalore, India – Foto: Victorgrigas (via Wikimedia Commons)

L’impatto del lockdown in India: crescono i poveri

Il governo nazionalista guidato da Narendra Modi ha imposto il lockdown lo scorso 24 marzo: 1,35 miliardi di persone hanno avuto quattro ore per prepararsi alla serrata. Molte persone delle fasce più povere che popolano le metropoli indiane – gli urban migrants – che negli anni si sono traferiti dalle campagne impoverite alle città, non hanno avuto altra scelta che affidarsi alla rete familiare nei villaggi di origine.

Ha così avuto inizio un esodo inverso a quello che negli ultimi 30 anni ha guidato l’urbanizzazione in India e sostenuto lo sviluppo di un’economia che era in rapida crescita. L’esecutivo è stato molto criticato per aver replicato il lockdown senza pensare alle specificità, sociali ed economiche, locali.

L’impatto del lockdown sull’economia è stato devastante, facendo sprofondare il paese in una forte crisi che si è abbattuta sulle fasce più povere, causando una crisi umanitaria senza precedenti. E ora che le restrizioni sono state allentate e i lavoratori migranti stanno pian piano tornando alle fabbriche e alle città dalle quali erano scappati, le condizioni di lavoro di adulti e minori rischiano di peggiorare ulteriormente.

Diritti dei lavoratori calpestati dalle istituzioni indiane

Dopo il lockdown, al fine di rilanciare l’economia aumentando la produzione e attirando investimenti diretti esteri, gli stati di Gujarat, Punjab, Himachal Pradesh, Uttar Pradesh, Maharashtra, Karnataka, Andhra Pradesh, Madhya Pradesh, Odisha e Assam hanno modificato il Factories Act, 1948, ossia la legge che regolamenta il lavoro nelle fabbriche, attraverso un’ordinanza che consente alle aziende di estendere il turno giornaliero da 8 a 12 ore al giorno.

La maggior parte di questi stati è dove si registra anche un elevato tasso di lavoro minorile e adolescenziale. L’Organizzazione Internazionale del lavoro ha espresso profonda angoscia per questa mossa poiché viola la Convenzione n. 144 che richiede consultazioni tripartite tra governo, datori di lavoro e lavoratori prima di modificare le leggi sul lavoro. La crisi la pagano le fasce più vulnerabili della popolazione, bambini inclusi.

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