Scuole coraniche: violenze sui bambini dal Senegal al Sudan

Dal Senegal al Sudan, passando per Nigeria, Ciad e altri paesi del Sahel, le scuole coraniche sono spesso luoghi in cui si consumano gravi violazioni a danno dei bambini e dei ragazzi che le frequentano. Lo denunciano inchieste giornalistiche e ong

Bambini incatenati, picchiati e frustati sino alla scarnificazione. Scene che sembrano provenire da un film dell’orrore, ma che in realtà sono alcune delle immagini e delle testimonianze raccolte dal giornalista sudanese Fateh Al-Rahman Al-Hamdani nell’indagine che ha condotto per la BBC all’interno delle scuole coraniche del Sudan.

Il reporter locale si è infiltrato per 18 mesi nel mondo delle khalwas, ne ha visitate oltre 23, e ha documentato una quotidianità fatta di abusi sistemici nei confronti dei più piccoli da parte di insegnanti e sceicchi locali.

Giovanissimi picchiati in maniera così brutale da finire in coma, piccoli alunni vittime di sevizie e stupri, bastonate, cinghiate, umiliazioni e torture. Un lavoro giornalistico che fa luce su un aspetto drammatico, quello delle violazioni dei diritti dei bambini nelle scuole coraniche. Una realtà che non interessa  però soltanto il Sudan, ma che è diffuso in maniera quasi capillare in tutta l’Africa saheliana.

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Tavole di legno su cui i bambini studiano il Corano – Foto: Amenitie (via Wikimedia Commons)

Scuole coraniche in Sudan: l’inferno delle khalwas

Ci sono più di 30.000 scuole coraniche in tutto il Sudan e all’interno di questi edifici che spesso, soprattutto nelle aree rurali, sono soltanto piccole strutture di terra fango, ai bambini viene insegnato a imparare a memoria il Corano. Le scuole sono gestite da sceicchi, termine che indica o il direttore della scuola o il maestro, che di solito forniscono cibo, bevande e riparo gratuito. Ed è questo il motivo per cui le famiglie più povere spesso mandano i loro figli alle khalwas anziché nelle scuole pubbliche.

Se da un lato queste scuole, negli anni, hanno contribuito e aiutato all’alfabetizzazione degli strati più poveri della società, però in molti casi, come provato dal documentario della tv britannica, sono state anche dei veri e propri luoghi dell’orrore dove i maestri coranici hanno impunemente compiuto le peggiori efferatezze sui bambini.

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Due almajiri cercano di guadagnarsi da vivere a Yola, Stato di Adamawa, Nigeria – Foto: Samuelalhajijibion (via Wikimedia Commons)

Controlli su migliaia di scuole islamiche

Il documentario della BBC, incentrato sulle storie di Mohamed Nader e Ismail, due ragazzi di 14 anni che sono stati imprigionati e torturati per cinque giorni, senza ricevere cibo e acqua, nella khalwa di Al-Khulafaa Al-Rashideen e che sono stati ridotti in fin di vita, ha destato scalpore e scandalo in tutto il Paese.

Le autorità sudanesi, in seguito alla pubblicazione del video, hanno ammesso che durante il governo di Omar Al Bashir i funzionari competenti sono state ciechi e sordi a queste denunce.

Il ministro degli Affari religiosi del Sudan, Nasr-Eddin Mofarah, ha dichiarato che si attiverà per far eseguire dei controlli in tutte le 30.000 scuole religiose del paese, aggiungendo però che «sarà impossibile risolvere da un giorno all’altro un problema causato da 30 anni di vecchio regime».

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Scuole coraniche in Senegal: bambini mendicanti e maestri di violenza

Il problema delle violenze sui minori nelle scuole coraniche non interessa solo il Sudan, ma anche il Senegal, dove le scuole sono chiamate daara e i ragazzi che le frequentano talibé (parola che in lingua wolof significa discepoli).

Come in Sudan, anche in Senegal si registra il dramma di maestri che infliggono violenze agli alunni e li costringono a mendicare. Una tragedia che ha portato Human Rights Watch e una serie di ong locali a stilare un rapporto da cui emerge la diffusione del fenomeno, che interessa bambini dai 5 anni all’età adolescenziale, in tutto il paese.

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Almajiri raccolgono l’elemosina nell’area di Tudun Yanlihidda, Nigeria – Foto: Shamsurabiu (via Wikipedia)

I talibè delle scuole islamiche e il significato della “quota minima”

Quello che emerge leggendo il report è agghiacciante: i talibè vittime di abusi in Senegal sono oltre 100.000 e i marabutti, ossia i maestri, impongono ai bambini mendicanti una quota giornaliera minima di soldi da portare loro a fine giornata.

Nel caso in cui i piccoli mendicanti non raccolgano abbastanza denaro vengono puniti con pestaggi o vengono espulsi dalla daara e quindi, una volta abbandonati a se stessi, i piccoli studenti vanno a popolare le strade delle metropoli, restando così esposti ad abusi e violenze di ogni sorta.

A un anno dalla pubblicazione del report, Human Rights Watch ha redatto un editoriale dichiarando che la situazione è rimasta immutata e che il governo di Dakar non ha mantenuto le promesse di impegnarsi nel realizzare una mappatura delle scuole coraniche e nel contrastare ed eradicare il fenomeno dei talibé.

Almajiri, jihad e i bambini delle madrasse

La parola “Almajiri” deriva dall’arabo “Al muhajirun”, che letteralmente significa “emigrante”. Il termine oggi, nel nord della Nigeria e in altri Paesi della fascia saheliana come il Ciad, indica quei giovanissimi studenti, bambini per la stragrande maggioranza, che sono migrati dalle proprie famiglie per andare a vivere e studiare in una scuola coranica sotto la guida di un maestro.

Come in Sudan e in Senegal, anche nel Sahel si registrano violenze di ogni genere nei confronti dei piccoli allievi. Ma essendo quest’area una zona di guerra, dove è proliferato lo jihadismo e il fanatismo di Boko Haram, qui si è assistito anche a un altro drammatico fenomeno: l’arruolamento da parte della setta islamista dei bambini delle madrasse.

La complicità di alcuni maestri, le infiltrazioni di membri della setta islamista nel tessuto sociale e la vulnerabilità di ragazzi cresciuti per strada ha reso gli Al Majiri il più grande bacino di reclutamento da parte del gruppo salafita (leggi anche Nigeria: incarcerati migliaia di bambini accusati di collaborare con Boko Haram).

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