Diritti dei bambini: l’impatto della pandemia su scuola, salute e reddito
Il 20 novembre è la Giornata mondiale dei diritti dei bambini e l'Unicef lancia l'allarme sulle conseguenze devastanti della pandemia su infanzia e adolescenza: chiude la scuola, saltano le vaccinazioni previste e aumenta la povertà
Già prima della pandemia di Covid-19, nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente un bambino su sette aveva bisogno di assistenza umanitaria. All’interno della regione, che le agenzie internazionali identificano come Area MENA, metà dei bambini vivevano in condizioni di povertà e i livelli di disoccupazione giovanile erano particolarmente elevati. Su questi paesi già fragili, l’emergenza coronavirus ha avuto un impatto devastante sui diritti dei bambini.
«L’erogazione e l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria di base relativi a vaccinazioni, cure neonatali e nutrizione sono stati interrotti a causa della paura, della disinformazione e delle limitazioni alla circolazione imposte alle persone e alle merci, tra cui il materiale medico. Di conseguenza c’è il rischio che 51 mila bambini con meno di 5 anni di età possano morire. Causando un aumento dei decessi in questa fascia d’età del 40%». A dirlo è Ted Chaiban, direttore regionale Unicef durante un intervento al Consiglio arabo per l’infanzia e lo sviluppo lo scorso 16 novembre.
Secondo quanto riferito da Unicef, attualmente 9 milioni di bambini nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente hanno saltato gli appuntamenti previsti dalle campagne di vaccinazione contro la poliomielite e il morbillo. Mentre nei paesi segnati dal conflitto come Yemen, Siria e Sudan, si prevede un aumento della malnutrizione severa del 5-10% nei prossimi mesi.
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Unicef: diritti dei bambini violati dalla pandemia
I bambini non rappresentano il volto della pandemia: il Covid 19, infatti, è una malattia che colpisce prevalentemente le persone più anziane e più fragili. Bambini e ragazzi restano ai margini dei racconti giornalistici e degli interventi della politica. Eppure, nel lungo periodo, rischiano di essere tra le vittime più numerose di questa pandemia.
«Tutti i bambini, di tutte le età e in tutti i paesi, sono colpiti, in particolare dagli impatti socio-economici e, in alcuni casi, da misure di mitigazione che possono inavvertitamente fare più male che bene», avverte Unicef.
20 novembre, Giornata dei diritti dei bambini
Un avvertimento che suona particolarmente grave nel corso di una ricorrenza importante come quella di oggi: il 20 novembre, infatti, si celebra la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia. La data fu scelta per ricordare il giorno in cui, a New York, nel 1989, venne approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
Il 20 gennaio 2015, con la ratifica da parte della Somalia, la Convenzione sui diritti dell’infanzia è diventato il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche: a oggi, infatti, sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente, tramite la ratifica, al rispetto dei diritti in essa riconosciuti.
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: cosa prevede e perché gli Usa non l’hanno sottoscritta
Da questo elenco mancano solo gli Stati Uniti d’America, che hanno firmato il trattato, senza tuttavia mai procedere alla ratifica: prevedendo ancora la pena di morte per i minorenni in alcuni Stati della federazione, la ratifica della Convenzione creerebbe un cortocircuito tra le leggi del paese.
La stesura del testo della Convenzione ha richiesto quasi un decennio di lavori preparatori, necessari ad armonizzare esperienze culturali e giuridiche differenti.
Il risultato è un testo che si basa su quattro principi fondamentali: non discriminazione («i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione»); superiore interesse del minore «in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica»; diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo; ascolto delle opinioni del minore «in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni».
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Le conseguenze della crisi sui bambini: i dati di Unicef e Save the Children
La crisi economica e sociale causata dalla pandemia sta già avendo conseguenze gravi sui bambini e sui ragazzi, sul rispetto dei loro diritti fondamentali. Il numero di bambini che vivono in condizioni di povertà è già aumentato di circa 150 milioni secondo le stime di Unicef e Save the Children.
«E anche se i dati attuali dipingono un quadro terribile, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente, a meno che i governi nazionali e la comunità internazionale non si facciano avanti».
Perdita del reddito delle famiglie, interruzione degli interventi di assistenza e prevenzione (come le vaccinazioni), sistemi sanitari sotto stress possono avere un impatto devastante.
Secondo uno studio condotto dalla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health su 118 paesi a basso e medio reddito, in soli sei mesi potrebbero verificarsi altri 1,2 milioni di decessi tra i bambini con meno di 5 anni a causa della riduzione dei livelli di copertura dei servizi sanitari di routine e dell’aumento della mortalità infantile.
Inoltre, mentre in Europa e negli Stati Uniti si discute sui tempi e le modalità di somministrazione dei nuovi vaccini contro il virus che causa il Covid 19, Unicef stima che circa 80 milioni di bambini con meno di 1 anno di età che vivono in 68 Paesi non abbiano potuto ricevere i vaccini necessari a prevenire malattie come morbillo e poliomielite.
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Scuola chiusa, a rischio il diritto all’istruzione dei bambini
Uno dei primi provvedimenti adottati dai governi di quasi tutto il mondo per contenere la diffusione del coronavirus è stata la chiusura delle scuole: durante la prima fase della pandemia, secondo le stime dell’Unesco circa l’89% dei bambini e dei ragazzi che frequentavano la scuola ha interrotto le lezioni. Complessivamente, si tratta di circa 1,6 miliardi di studenti, di cui 743 milioni sono bambine o ragazze.
Diversi paesi sono riusciti a riaprire le scuole in tempi brevi e in condizioni di sicurezza, ma gli studenti dei paesi più poveri hanno già perso quasi quattro mesi di scuola dall’inizio della pandemia, rispetto alle sei settimane dei paesi ad alto reddito.
«Anche brevi interruzioni della scolarizzazione dei bambini possono avere effetti negativi a lungo termine a causa di fattori quali la mancanza di programmi strutturati per il recupero», si legge in un documento di Unicef, che sottolinea con particolare preoccupazione la situazione nei paesi più poveri. A seguito della chiusura delle scuole, infatti, si registra spesso un aumento dei matrimoni precoci delle ragazze e del lavoro minorile.
La situazione di questi diritti dei bambini è particolarmente grave in America Latina: circa un terzo dei paesi della regione non ha ancora fissato una data per la riapertura delle scuole, lasciando più di 137 milioni di bambini e ragazzi a casa. «Il 97% degli studenti ha perso mediamente 174 giorni di scuola e rischia di perdere un intero anno scolastico», denuncia l’Unicef.