Aborto in America Latina: chi interrompe la gravidanza rischia il carcere

In America Latina abortire è considerato un reato in 19 paesi e le donne che praticano l'interruzione volontaria di gravidanza rischiano il carcere. Non ci sono prove che suggeriscano che leggi restrittive ne riducano il tasso di incidenza, mentre l'Oms dice che dove l’aborto è legale in quasi 9 casi su 10 avviene in maniera sicura

L’America Latina è una tra le regioni più restrittive riguardo al grado di libertà che offre alle donne durante la gravidanza. Gli unici paesi in cui abortire è consentito dalla legge sono l’Uruguay, che permette di interrompere la gravidanza entro le prime dodici settimane, Cuba, che ha depenalizzato l’aborto già nel 1936, e Oaxaca, il primo stato del Messico ad aver depenalizzato l’aborto, nel 2019.

Nella maggioranza dei contesti sudamericani una donna può abortire solo se un medico dimostra che la sua vita o quella del feto sono in pericolo, mentre in molti paesi del Centroamerica, come Honduras, Nicaragua, El Salvador e Haiti, l’aborto è dichiarato completamente illegale.

Aborto in America Latina: i dati

L’insieme delle barriere legali non impedisce che le donne latinoamericane ricorrano all’interruzione della gravidanza, in contesti quasi sempre altamente rischiosi per la loro salute, tanto fisica quanto mentale.

Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, nei paesi in cui l’aborto è completamente vietato, o consentito solo quando la vita della madre è a rischio, solo 1 aborto su 4 avviene in maniera sicura, mentre dove l’aborto è legale quasi 9 aborti su 10 sono stati svolti in maniera sicura.

Inoltre, uno studio pubblicato in precedenza dimostra che non ci sono prove che suggeriscano che leggi restrittive riducano il tasso di incidenza dell’aborto.

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Foto: © Esteban Ignacio Paredes Drake (via Flickr)

La situazione dell’aborto in Colombia

L’interruzione volontaria di gravidanza in Colombia è legale solo in tre circostanze specifiche che la Corte costituzionale ha approvato nel 2006: quando la vita o la salute della donna è in pericolo, quando la gravidanza è il risultato di uno stupro o quando c’è una malformazione del feto incompatibile con la vita. Se la gravidanza viene interrotta in maniera illecita, l’articolo 122 del codice penale colombiano prevede dai 16 ai 54 mesi di reclusione.

Secondo la Procura colombiana, tra il 2005 e il 2017 sono state 2.290 le donne criminalizzate per aver abortito. Di queste, 502 sono minorenni. Oltre alle tre ragazze di 11 e 12 anni, 499 delle donne recluse hanno un’età compresa tra i 14 e i 18 anni. Le statistiche segnalano che il 25,2% delle donne punite per aver abortito illegalmente in Colombia è minorenne.

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Foto: Gaviota Paseandera (via Flickr)

La pandemia aggrava la condizione delle donne

Johana Cepeda, infermiera e attivista colombiana per i diritti umani, ha detto ad Amnesty International che la pandemia ha ulteriormente peggiorato l’accesso all’aborto legale e sicuro.

In primo luogo, la maggior parte delle cliniche che offrono servizi di interruzione della gravidanza in Colombia si trovano nei centri urbani. La maggioranza della popolazione, vivendo nelle aree rurali, a causa delle limitazioni volte a diminuire i contagi da Covid-19 si è dovuta scontare con veri e propri ostacoli geografici e logistici che hanno impedito alle donne di avere accesso ad un’assistenza sanitaria adeguata.

La pandemia ha inoltre posto ulteriori blocchi: molte donne si sono trovate a vivere in situazioni di abuso senza la privacy necessaria per chiedere aiuto in modo sicuro e poter prenotare una visita medica o un appuntamento con un operatore sanitario.

«Molte donne si sono trovate in isolamento con persone violente che abusano di loro o che controllano le loro decisioni e non hanno potuto chiedere informazioni», aggiunge Johana Cepeda.

Il diritto negato non è dunque più solo quello all’aborto sicuro, ma anche quello ancora più basilare alla conoscenza di tutte le possibilità che la legge colombiana prevede per una donna rimasta incinta in seguito ad una violenza sessuale.

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Cile: metà delle ostetriche fa obiezione di coscienza contro l’aborto

Anche in Cile l’aborto è consentito dal 2017 nelle stesse tre circostanze descritte dalla legislazione colombiana.

Una donna cilena che cerca di abortire deve ottenere l’approvazione di due medici specialisti. Secondo le dichiarazioni degli attivisti, questi requisiti costituiscono problemi potenzialmente letali.

«Ci sono molti ostacoli che minano le possibilità decisionali delle donne», sostiene Maira, attivista per il diritto all’aborto. «La mancanza di informazioni sulla legge, la mancanza di attuazione e le difficoltà per l’accreditamento delle cause sono alcuni di questi ostacoli. L’attuazione della legge è stata minima».

I risultati di un sondaggio del ministero della Salute cileno dimostrano che la metà delle ostetriche rifiutano di eseguire aborti, anche nelle circostanze consentite dalla legge, appellandosi all’obiezione di coscienza. L’ostilità che molte delle donne desiderose di interrompere la propria gravidanza incontrano negli ospedali, le porta in alcuni casi a ricorrere ad aborti clandestini che mettono a rischio la loro vita.

Javiera Canales, avvocata e attivista per i diritti umani di Miles Chile, un’organizzazione che promuove i diritti sessuali e riproduttivi, afferma che le cifre dipingono un quadro molto preoccupante. «Negli ultimi tre anni abbiamo documentato 128 casi di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza per ragazze sotto i 14 anni di età. Ma solo nel 2019, 647 ragazze di età compresa tra i 10 ei 13 anni sono state prese in carico dal programma di assistenza prenatale. Questo dato ci dice che stanno venendo innalzate nuove barriere per l’accesso all’aborto».

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Foto: Hernani Arruda Monteiro da Silva (via Flickr)

Depenalizzazione dell’aborto: in Argentina la sostiene il presidente Alberto Fernandez

Anche in Argentina l’aborto legale fatica a trovare una legittimità legale. Tuttavia, i sostenitori della legalizzazione hanno un nuovo potente alleato: il presidente Alberto Fernández, che si è insediato a dicembre e dovrebbe presentare un disegno di legge che legalizzerebbe l’aborto.

Gli aborti clandestini svolti nel corso di un anno in Argentina sono circa 450 mila. Inoltre, secondo gli ultimi dati del ministero della Salute argentino, risalenti al 2016, le morti in seguito a una «gravidanza interrotta con aborto» sono il 17%, rendendo l’aborto clandestino la principale causa individuale di mortalità materna del paese.

In tutta la nazione, nelle ultime manifestazioni migliaia di persone hanno sventolato o indossato il fazzoletto verde, che è presto diventato il simbolo del movimento per i diritti dell’aborto.

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