Cyberbullismo: la violenza digitale diventa reato in Messico

Olimpia Coral Melo Cruz è passata dall'essere vittima di cyberbullismo ad attivista contro la violenza digitale e per i diritti delle donne. Un percorso che ha già ottenuto un'importante vittoria: l'approvazione di una legge a livello nazionale proprio su questo tema

Nel 2012 Olimpia Coral Melo Cruz aveva 18 anni e la sua vita fu sconvolta quando un video personale girato nell’intimità, insieme a quello che all’epoca era il suo fidanzato, cominciò a circolare su internet. Nel video era riconoscibile solo Olimpia e il suo ex fidanzato ha sempre negato di essere stato lui a diffondere il contenuto.

In poco tempo nella sua città natale, Huauchinango, nello Stato di Puebla, in Messico, Olimpia divenne oggetto di scherno e molestie: questa situazione le provocò una terribile crisi psicologica, si chiuse in casa per 8 mesi e cercò di suicidarsi per tre volte.

Un giornale locale si fece eco della notizia, dimostrando come anche la stampa sia spesso complice della veicolazione della violenza machista. L’organo d’informazione etichettò la storia come la Gordibuena di Huauchinango (gordibuena è un’espressione in lingua spagnola, sessista, machista e discriminatoria, che vuole identificare, a detta di chi utilizza il termine, una donna in sovrappeso ma sessualmente attraente).

Cyberbullismo: in Messico mancava una legge

Questa potrebbe essere una storia (terribile) come tante altre che fanno parte della nuova cyber-frontiera della violenza patriarcale contro le donne. Una storia che si colloca in un paese latinoamericano, il Messico, dove l’indice di violenza sulle donne è tra i più alti al mondo.

Olimpia ebbe la fortuna di poter contare sull’appoggio della famiglia, specialmente di sua madre, e insieme decisero di affrontare legalmente la questione. Presto però si scontrarono contro un sistema giuridico non in grado di tutelare una vittima di violenza digitale. Ma invece che scoraggiarsi, Olimpia decise di fare qualcosa al riguardo.

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Foto tratta dal profilo Facebook di Olimpia Coral Melo

La lotta di Olimpia per le vittime di violenza digitale

Scoprì di non essere stata l’unica donna ad aver subito questa violenza, prese coscienza di essere una vittima e non la colpevole di quanto accaduto e fece diventare la sua nuova consapevolezza un baluardo contro la violenza machista. Dopo l’accaduto si fece promotrice di un’iniziativa di legge popolare nel suo stato di residenza (Puebla) e decise di affrontare pubblicamente la questione della cyber-violenza contro le donne.

Da allora Olimpia è diventata una riconosciuta attivista per i diritti delle donne e ha dedicato questi ultimi anni alla promozione di una legge nazionale che tipizzasse come delitto, le molestie e la diffusione senza il consenso delle vittime, di quelli che in Messico vengono chiamati packs: cioè immagini, video e audio con contenuto sessuale.

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Il cyberbullismo diventa reato: cos’è la legge Olimpia

Il cammino della cosiddetta Ley Olimpia (legge Olimpia) è stato lungo e accidentato e ci sono voluti ben 5 anni prima che lo Stato di Puebla stabilisse delle modifiche al codice penale introducendo la tipizzazione del delitto di violazione della privacy sessuale, di cyberbullismo e di diffusione di contenuti sessuali senza il consenso dei soggetti coinvolti (il pdf della nota legislativa). La data storica fu l’8 di dicembre 2018, quando, con un voto unanime, il Congresso de Puebla approvò la riforma. Ma quello era solo un primo passo.

Di lì a pochi mesi altri Stati seguirono il cammino tracciato da Puebla e dalle rivendicazioni di Olimpia. Un anno dopo, toccò alla capitale federale del Paese. Nella vetrina più importante, nel Congresso dell’Unione di Città del Messico, venne approvata tra gli applausi la legge Olimpia, che determinava l’aumento delle sanzioni penali per chi avesse commesso violenza digitale contro le donne.

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Olimpia Coral Melo Cruz durante un’intervista a Russia Today

La legge Olimpia approvata a livello nazionale

Un momento storico, al quale aveva presenziato proprio Olimpia Coral Melo Cruz insieme ad altre decine di attiviste arrivate da tutto il paese. Un risultato celebrato sia dalle istituzioni sia dai collettivi femministi. All’epoca, gli Stati del Messico che avevano approvato la legge (il Messico è una federazione composta da 31 stati più la capitale federale) erano 15: Aguascalientes, CDMX, Guerrero, Puebla, Baja California Sur, Nuevo León, Querétaro, Guanajuato, Oaxaca, Chiapas, Estado de México, Coahuila, Yucatán, Veracruz e Zacatecas.

Olimpia, e tutte le altre vittime che hanno trovato voce grazie a lei, ha combattuto per anni e il risultato è stato raggiunto il 5 novembre 2020. Quel giorno si è chiuso l’ultimo capitolo di questa storia di lotta, resilienza e coraggio. Olimpia, idealmente accompagnata da tutte le donne messicane, ha ottenuto l’approvazione nel senato dell’estensione della Ley Olimpia a livello nazionale.

Lo stesso account Twitter del Senado de México riportava quanto segue: «Per sradicare la violenza digitale e mediatica il Senato ha approvato per unanimità la riforma conosciuta come Legge Olimpia Nazionale».

Contro la violenza digitale, in difesa delle donne

Questa riforma sanziona la diffusione di contenuti intimi senza il consenso delle parti, diffusione che può influenzare la vita privata dei soggetti, la loro intimità, dignità e integrità personale. Le autorità locali vengono così obbligate, in caso di denuncia, a cancellare i contenuti e oscurare gli spazi dove gli stessi vengono diffusi come misura precauzionale e inibizione della condotta tipizzata come violenza digitale.

Una legge che mira a prevenire, mitigare e contrastare l’escalation di violenza contro le donne in Messico. Il segretariato esecutivo del Sistema nazionale di sicurezza pubblica (Snsp) ha condiviso dati allarmanti riguardo i femminicidi nel paese. Solo nel 2019 i casi di femminicidio in Messico sono stati 1.006 (quasi 3 al giorno): erano stati 912 nel 2018.

Si tratta di un tasso medio di femminicidi di 1,51 per ogni 100 000 donne messicane, con lo Stato di Morelos che guida questa terribile classifica: 3,74 femminicidi ogni 100.000 donne. In termini assoluti è però lo Stato di Veracruz quello dove sono stati commessi più femminicidi nel 2019, ben 157. Si tratta in gran parte di donne maggiorenni, ma non mancano i casi di ragazze minorenni (98).

Va ricordato che il femminicidio è solo la forma più estrema della violenza contro le donne, una oppressione multilivello, intersezionale e che viene vissuta quotidianamente sotto forma di violenza sessuale, familiare, lavorativa, accademica, istituzionale, psicologica e salariale.

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