Welcome to Chechnya: gli abusi sulla comunità Lgbt in Cecenia in un film

La persecuzione contro la comunità Lgbtq+ e gli attivisti che cercano di salvare le vittime dalle brutalità nella Repubblica Russa di Cecenia: è intorno a questa denuncia che ruota l'ultimo film di David France, Welcome to Chechnya

Il premiatissimo documentarista David France affronta una nuova sfida con il suo film più recente, Welcome to Chechnya. Questa nuova opera, girata dall’agosto 2017 all’inizio del 2019, racconta della discriminazione e persecuzione contro la comunità Lgbtq+ e degli attivisti che ogni giorno si espongono a enormi pericoli per salvare le vittime dalle brutalità che imperversano nella Repubblica Russa di Cecenia.

Attraverso interviste, video rubati o girati di nascosto, facendo largo uso della tecnologia DeepFace per proteggere i veri volti dei protagonisti, il documentario di David France fa luce sulla violenta omofobia e transfobia che spinge persone Lgbtq+  a cercare asilo fuori dalla Repubblica cecena.

Vincitore del Premio speciale della giuria per il montaggio al Sundance Film Festival 2020 e del Premio del pubblico Panorama per il miglior documentario alla 70esima Berlinale, Welcome to Chechnya è il film che apre il Film Festival Diritti Umani Lugano, la cui 7a edizione si tiene dal 14 al 18 Ottobre 2020. Il documentario sarà proiettato mercoledì 14 Ottobre 2020 alle 20.30.

Il trailer del film Welcome to Chechnya

Di cosa parla il documentario di David France: la trama

Un frammento video mostra un gruppo di uomini inseguire un motorino su cui una coppia regge una bandiera arcobaleno, sino a ribaltarlo per terra e malmenare i passeggeri.

Un altro filmato ritrae il pestaggio crudele di due ragazzi ai danni di un altrettanto giovane omosessuale. E, oltre alla violenza mostrata, ci sono le telefonate e le testimonianze dirette e riportate di chi ha subito abusi di ogni genere.

Come se non bastasse, il primo ministro ceceno, approvato da Putin, Ramzan Kadyrov, dichiara in uno show televisivo che nel suo Paese «non ci sono queste persone qui» e «non ci sono gay», salvo poi dichiarare di essere stato frainteso quando viene tacciato di omofobia.

Dal 2017 nella Repubblica cecena è iniziata una persecuzione contro le persone Lgbtq+, operata da gruppi più o meno organizzati con la complicità delle forze dell’ordine e di un sentimento di generale omofobia e transfobia. Di questo racconta, con una precisione sconcertante, il documentario Welcome to Chechnya.

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Una scena dal documentario Welcome to Chechnya

I protagonisti di Welcome to Chechnya

Il film racconta episodi crudeli e brutali almeno quanto quotidiani. Come la storia di Anya, lesbica, che viene minacciata da suo zio di raccontare tutto a suo padre, un funzionario ceceno, a meno che lei non decida di andare a letto con lui.

O come la vicenda di Grisha, arrestato, torturato e costretto a denunciare altri uomini condannandoli allo stesso destino. Grisha lo si vede per la prima volta in un rifugio segreto a Mosca, dove la segretezza e la protezione di chi vi abita viene prima di tutto: al punto che si sceglie di non portare in ospedale un ragazzo che si è tagliato le vene all’interno della comunità, perché a rischio c’è la sopravvivenza dell’intero nascondiglio.

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Oltre alle storie “comuni” di Anya e Grisha, viene evocata anche quella di un volto noto: il popolare cantante ceceno Zelim Bakaev, scomparso a soli 25 anni nel 2017 dopo essere stato arrestato dalla polizia cecena.

Sono racconti di paura, di fughe, di attacchi di panico al gate di un aeroporto per il terrore di non farcela a partire o per lo sguardo prolungato da parte di un uomo in divisa. I racconti dei traumi incancellabili di coloro che, almeno apparentemente, sono salvi, si alternano al ricordo di chi non ce l’ha fatta.

Ad affidare, ma neanche troppo, le vittime verso la macchina da presa sono gli instancabili attivisti della rete Lgbtq+ cecena: sono loro a proteggerli e ad aiutarli a uscire dalla Russia.

Protagonista “tecnico” del film è David Isteev che, insieme a Olga, guida la rete Lgbtq+ cecena. Lo si vede mentre risponde alla telefonata di una donna disperata, Anya, che gli chiede aiuto: la disinvoltura con cui David affronta questa chiamata agghiacciante è il primo colpo che riceve lo spettatore. La quotidiianità dell’attivismo in Cecenia è questo.

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Una scena dal film Welcome to Chechnya

Un film ricco di testimonianze: vittime protagoniste

Welcome to Chechnya è il terzo film di David France. Dopo il documentario How to Survive a Plague, sull’Aids, candidato all’Oscar 2013 e The Death and Life of Marsha P. Johnson, sul pioniere delle rivolte di Stonewall, Welcome to Chechnya è forse il film che France aveva sempre desiderato fare: crudo, diretto, esplicito anche grazie ai molti filmati girati di nascosto inseriti nel film.

Ogni volta che diventano protagoniste del girato, queste clip angoscianti sono introdotte dalla didascalia “Video degli attivisti LGBT”, come a rendere partecipe lo spettatore del rischio che qualcuno ha corso per documentare la violenza.

Le vittime sono il focus assoluto del film. Non solo in quanto protagoniste, ma anche perché scopo unico e solo degli attivisti è quello di proteggere le loro vite e le loro storie. A partire dalla necessità di celare la loro identità. I veri nomi vengono sostituiti da altri di fantasia, i luoghi in cui essi sono diretti sono liquidati come “da qualche parte in Canada” o “da qualche parte in Europa”. Ma non basta.

Per ragioni di sicurezza, David France e i suoi impeccabili direttori della fotografia Askold Kurov e Derek Wiesehahn si servono della tecnologia DeepFace: un sistema di riconoscimento facciale in questo caso usato per creare dei “travestimenti digitali” che consistono nel celare il viso delle vittime sullo schermo, sovrapponendovi digitalmente la faccia di un altro o un’altra. Si tratta di una tecnica all’avanguardia, eppure il risultato in un documentario resta leggermente straniante.

Nonostante il DeepFace, la resa emotiva delle interviste non cambia e la tensione in Welcome to Chechnya non allenta nemmeno un po’: non a caso il film di France ha meritato la felice definizione di docu-thriller.

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Una scena dal docu-film Welcome to Chechnya

Welcome to Chechnya: diritti umani violati in Cecenia

Il documentario di David France racconta una gravissima violazione dei diritti umani che, per qualche motivo, non arriva alle orecchie dell’opinione pubblica internazionale. Eppure il lavoro di David Isteev e dei suoi attivisti ha un disperato bisogno dell’attenzione internazionale: le località non sono mai rivelate nel film, ma sappiamo dal documentario che coloro che fuggono dalla Russia cercano asilo nei paesi vicini, per lo più in Europa, oppure Oltreoceano, quasi sempre in Canada.

Il sottotitolo finale spiega che 151 persone gay cecene sono state reinsediate all’estero dalla rete di attivisti Lgbtq+ russi dall’inizio del loro lavoro. A quasi un terzo di esse è stato concesso lo status di rifugiato in Canada, mentre l’amministrazione statunitense di Donald Trump non ne ha accettata neanche una.

I dati su quanti siano i rifugiati omosessuali provenienti dalla Cecenia nel resto d’Europa non sono noti, ma è evidente che lo scopo ultimo di questo documentario – un film molto più che militante – è fare in modo che sempre più paesi rispondano alla crisi umanitaria in Cecenia.

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