Coppie binazionali: il dpcm non risolve il problema del ricongiungimento

La strada per il ricongiungimento di tantissime coppie binazionali in Italia è ancora piena di ostacoli. Nonostante l’ultimo dpcm abbia aperto qualche speranza, sono ancora troppe le limitazioni che impediscono a coppie e famiglie di riabbracciare i propri cari dopo mesi di separazione

Armenia, Bosnia Erzegovina, Panama, Cile, Brasile e Perù. Questi sono solo alcuni dei Paesi nei confronti dei quali è ancora in vigore il divieto di ingresso in Italia. Con il dpcm del 7 settembre 2020, prorogato poi fino al 15 ottobre, il governo italiano ha infatti cercato di dare una risposta alle esortazioni della Commissione europea affinché i Paesi membri consentissero l’ingresso nell’area Schengen ai partner di cittadini europei anche in assenza di matrimonio. Risposta che è stata però parziale e che non ha risolto molte criticità.

Ricongiungimento delle coppie binazionali negato: l’Elenco F e la diffusione del coronavirus

Il decreto, infatti, da una parte ha introdotto la possibilità di ingresso in Italia per i cittadini provenienti dai Paesi dell’Elenco E con una stabile relazione affettiva con cittadini italiani, o con persone legalmente residenti in Italia.

Dall’altra, però, continua a escludere dal diritto al ricongiungimento tutti i cittadini appartenenti ai Paesi presenti nell’Elenco F, ai quali «a tutt’oggi, non è permesso l’ingresso sul territorio italiano salvo l’aver soggiornato, nei 14 giorni antecedenti l’ingresso, in un paese terzo (ovvero un paese che non rientra fra quelli per i quali l’Italia vieta l’ingresso e, allo stesso tempo, concede al cittadino extracomunitario di soggiornarvi)», come precisa a Osservatorio Diritti l’avvocata Lorena Gelmini, consulente del movimento Love Is Not Tourism – Italia (LintIt). «Ciò crea una discriminazione notevole tra coloro che risiedono in Paesi di cui alla lista E e quelli in lista F».

Tale divieto è motivato da ragioni di natura sanitaria. I paesi dell’Elenco F hanno infatti una situazione epidemiologica, relativa alla diffusione del coronavirus, considerata dal governo italiano ancora in fase acuta. Questo nonostante alcune nazioni, come per esempio il Kosovo, la Macedonia del Nord, Panama e la Repubblica Dominicana, abbiano un numero giornaliero di nuovi contagi inferiore a quello italiano.

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Flashmob di Love Is Not Tourism a Roma

Anche le coppie sposate non possono rivedersi In Italia

Finora il problema del ricongiungimento si è focalizzato sulle coppie binazionali non sposate, ma si continua a negare l’ingresso anche in caso di matrimonio, come testimoniato da Cristina Manca a Osservatorio Diritti.

«Sono italiana e da sette anni vivevo in Repubblica Dominicana. Tre anni fa mi sono sposata, nella mia città, Cagliari, con Bacilio, un ragazzo dominicano. Quando è iniziata questa pandemia sinceramente non ho pensato di tornare in Italia, sino al momento in cui, nel bel mezzo del lockdown, ho scoperto di essere incinta. A quel punto, mi sono resa conto che la situazione sanitaria del Paese che mi ospitava non era delle migliori: l’ospedale del paesino nel quale abitavo aveva sospeso tutte le visite specialistiche e l’unica ginecologa disposta a seguirmi (privatamente) si trovava a circa 200 km da casa mia».

Cristina ha deciso di lasciare tutto, lavoro e famiglia, per tornare in Italia. «Sono riuscita a tornare poco prima dell’ordinanza del ministro Speranza del 9 luglio, che istituiva una black list di 14 Paesi, poi diventati 16, dai quali era, ed è tuttora proibito, l’ingresso in Italia. Sono attualmente al settimo mese di gravidanza e, benché mio marito abbia un visto Schengen valido, non può ancora fare ingresso in Italia e condividere con me questa esperienza. L’unica cosa che desideriamo è solo di poterci ricongiungere prima della nascita di nostra figlia, Gaia, prevista per la fine di novembre».

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Cristina Manca e Bacilio Mota

Coppie binazionali: le criticità del dpcm

Le problematiche non sono del tutto risolte neanche per i cittadini appartenenti ai Paesi delle altre liste. Anche per chi proviene dai paesi ammessi, permane infatti il problema del visto turistico, necessario per entrare nell’area Schengen. Non tutte le ambasciate, infatti, hanno riaperto e sono effettivamente operative e molte non stanno rilasciando visti al momento.

«All’interno del decreto non viene accennato alla collaborazione (auspicata) con i consolati e le ambasciate, deputati al rilascio dei visti necessari, con le compagnie aeree e con la polizia di frontiera, responsabili dell’imbarco e del transito del partner stesso. Senza una reale attività di coordinamento con questi importanti attori si rischia di vanificare la piena efficacia del provvedimento».

A dirlo è Alessandra Leo, portavoce del movimento Love Is Not Tourism Italia intervistata da Osservatorio Diritti. «In tal senso può essere funzionale emettere una circolare attuativa che chiarisca e renda operativo il nuovo quadro normativo, per evitare casi di arbitrio illegittimo, già verificatisi», conclude la portavoce.

Infatti, come spiega l’avvocata Gelmini, «le ambasciate ed i consolati non hanno ancora la piena conoscenza dell’esenzione per le coppie non sposate e, molto spesso, non hanno ancora riattivato il servizio di rilascio dei visti turistici sospesi all’inizio dell’emergenza sanitaria».

Contestualmente alla pubblicazione del dpcm 7 settembre 2020, non sono state infatti divulgate delle linee guida valide per tutto il personale che si trova a dover verificare, sul campo, i requisiti richiesti per l’ingresso in Italia.

«Il dpcm parla genericamente di “comprovata relazione stabile“, ma non è stata data alcuna indicazione su come e sulla base di quale documentazione certificare l’esistenza di tale “relazione stabile”», continua l’avvocata Gelmini.

«Purtroppo si sono verificati diversi episodi nei quali è stato negato l’imbarco su voli per l’Italia proprio perché, arbitrariamente e nella più totale incertezza, il personale addetto non ha saputo verificare la corrispondenza al requisito.

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«Ciò su cui il movimento continuerà a puntare è che con un protocollo sanitario ben attuato si può assicurare che una persona, proveniente da qualsiasi parte del mondo, salga su un aereo priva da infezione da covid-19 (tampone entro 72 ore prima della partenza), arrivi in Italia dove verrà nuovamente testata e resti in isolamento fiduciario affinché non possa costituire pericolo per la salute di nessuno. Ciò facendo si eviterebbero le discriminazioni che, purtroppo, da mesi moltissimi cittadini italiani stanno subendo», chiarisce l’avvocata Gelmini.

E conclude: «Insistiamo nel dire che i viaggi intrapresi dalle coppie per rivedersi non sono viaggi di turismo, ci sono coppie di tutte le età, famiglie divise, bambini che non possono stare con uno dei genitori, è una situazione che è divenuta insostenibile e che potrebbe essere risolta con il rispetto di un semplice protocollo sanitario».

L’istituzione di un protocollo sanitario ad hoc per coloro che provengono dai Paesi considerati ancora “a rischio”, sulla falsa riga dei provvedimenti adottati da altri Paesi europei, potrebbe perciò evitare il rischio sanitario per l’Italia e, allo stesso tempo, garantire il diritto al ricongiungimento.

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