Processo Eni Nigeria: la difesa di Scaroni nega tangenti e corruzione

Al processo per corruzione internazionale a Eni e Shell per una presunta maxi tangente da 1,1 miliardi di dollari, l’avvocato che difende l'ex amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, si lancia contro la Procura: «Non hanno le prove»

Per prima tocca alla difesa dell’ex amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni. Alla prossima udienza, il 14 ottobre, toccherà all’attuale numero uno, Claudio Descalzi. Sono iniziate le arringhe difensive del processo Opl 245, in cui Eni e Shell affrontano l’accusa, insieme ai loro top manager, di aver pagato una tangente da 1,1 miliardi di dollari per aggiudicarsi il blocco petrolifero Opl 245, a largo delle coste della Nigeria. La sentenza di primo grado è attesa per l’inizio dell’anno prossimo.

Processo Eni Nigeria: per la difesa di Scaroni mancano le prove

L’avvocato Enrico de Castiglione, che rappresenta Paolo Scaroni, chiede l’assoluzione con formula piena per il suo assistito, per il quale l’accusa ha chiesto invece otto anni di reclusione.

Non solo Scaroni non ha commesso il fatto, dice de Castiglione, ma le stesse prove raccolte dalla pubblica accusa non sono sufficienti a configurare il reato di corruzione internazionale. Definisce infatti «evanescente» l’intero impianto accusatorio.

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San Donato Milanese, uffici Eni – Foto: Arbalete (via Wikipedia)

Caso Eni Nigeria: per de Castiglione non c’è stata corruzione

Secondo de Castiglione non ci sono infatti elementi che possano far pensare che i manager di Eni abbiano concordato un «accordo corruttivo» finalizzato a ottenere la licenza petrolifera con dei pubblici ufficiali nigeriani. Senza questo rapporto tra corruttori, i quali necessariamente devono essere italiani affinché abbia giurisdizione una procura italiana, e corrotti, il reato non sussiste, dice la difesa.

Rispetto a questo nesso il legale della difesa dice che c’è stato «silenzio sull’accordo transattivo e sul ruolo che avrebbero dovuto avere il mio assistito e i manager di Eni». Tanto è vero che Paolo Scaroni sarebbe stato pronto a rinunciare all’affare Opl 245. Lo indica una nota del 2 marzo 2011 redatta dal comitato di direzione dell’Eni, elemento che ritorna nella documentazione processuale in forma di riassunto, ma che è stato prodotto nella sua interezza dalla difesa Scaroni.

De Castiglione sottolinea come gli elementi documentali portati a processo dai pm, ovvero note compilate da manager di Shell in preparazione o in conclusione di incontri preparatori per l’acquisto di Opl 245, non provino mai che Scaroni abbia trattato per il blocco petrolifero.

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I soldi del blocco petrolifero Opl 245 e la presunta tangente

Invece, l’accusa si poggia sull’ipotesi che tutti sapessero, ovvero che le dirigenze di Eni e Shell fossero a conoscenza che i soldi per il governo andassero, in realtà, a Dan Etete, l’ex ministro del Petrolio della Nigeria possessore della licenza Opl 245 (auto-assegnata) tramite la società Malabu, in realtà una semplice scatola vuota.

Durante la requisitoria, il pubblico ministero Fabio De Pasquale aveva parlato di «specchio olandese» nel quale si rispecchiano informazioni di Eni. Faceva riferimento proprio al blocco di documenti della società petrolifera anglo-olandese dalla quale l’accusa desume i comportamenti illeciti anche dei manager Eni. Secondo de Castiglione, invece, lo specchio non esiste e la formula è solo una suggestione che evita di affrontare la carenza di prove.

Così come suggestiva, per de Castiglione, è l’idea che Eni usi la transazione su un conto corrente del governo nigeriano – meta degli 1,3 miliardi di dollari di pagamento per la licenza petrolifera – come un diversivo che distragga dal vero beneficiario finale: Dan Etete, il distributore di mazzette.

Questa teoria è uno degli elementi su cui l’accusa basa l’ipotesi di corruzione internazionale. Questo stratagemma era stato definito il «preservativo» alla tangente da uno dei presunti intermediari, Ednan Agaev. La formula era stata usata anche dall’Economist in un articolo del 2013, dove l’aveva definita «safe-sex transaction», transazione sessualmente sicura.

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Foto: Luka Tomac/Friends of the Earth International (via Flickr)

Eni Nigeria: processo alla prova dello «specchio olandese»

Non è univoca, continua il legale di Scaroni, l’interpretazione delle email interne del management Shell, in particolare per l’uso di certe espressioni. La più importante è political contribution, traducibile come apporto/contributo politico. L’espressione compare in uno dei briefing, i documenti di sintesi, redatto da Peter Robinson, uno degli imputati di Shell, nel 2011 vice presidente dell’azienda per l’Africa Sub-Sahariana.

La lettura che ne danno le controparti è agli antipodi: per l’accusa, è il documento che contiene la «formula della corruzione», un’espressione matematica che poi verrà eseguita alla lettera e in cui è previsto di pagare Etete; per la difesa di Scaroni è un documento che serve a riportare il sentiment della Nigeria, che non rappresenta minimamente Eni, ma solo le opinioni dei suoi autori.

Nel 2010, momento nel quale il documento è stato redatto, la Nigeria si avvicinava alle elezioni presidenziali dell’aprile successivo. I contributi politici, secondo l’accusa, sono quindi denari per Goodluck Jonathan, il candidato che poi vincerà e che al momento già è facente funzioni di presidente, e i suoi sponsor politici.

Per la difesa Scaroni sono invece le conseguenze della concessione della licenza Opl 245, ferma dal 1998: «Mettere in produzione il giacimento – nota de Castiglione – è pacifico che avrebbe prodotto ritorno positivo».

In quell’agosto, come sempre, Scaroni e gli altri top manager dell’azienda italiana si trovano in Africa per visitare alcuni dei capi di Stato dei Paesi strategici per la società. Invece per de Castiglione l’accusa dà una lettura fuorviante della visita della delegazione Eni in Nigeria, come focalizzata solo a sistemare i dettagli per la cessione di Opl 245.

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Goodluck Jonathan – Foto: ©Commonwealth Sectratariat 2011 (via Flickr)

La credibilità di Vincenzo Armanna, ex manager Eni in Nigeria

Le parole più dure della difesa de Castiglione sono state però riservate all’imputato-accusatore Vincenzo Armanna, l’ex manager di Eni in Nigeria definito dai magistrati in ampie parti credibile.

Per la difesa è l’esatto contrario. L’argomento più forte è la saga dei due Victor, seguita da Osservatorio Diritti (a questo proposito leggi Eni Nigeria: sul processo per corruzione pesa ancora l’ipotesi depistaggio). A luglio 2019 si attendeva infatti che Vincenzo Armanna portasse in aula uno delle sue fonti, Isaac Eke, alias Victor Nwafor, uomo dei servizi segreti che lo avrebbe informato in merito alle retrocessioni (la parte di tangenti “di ritorno” destinate ai corruttori) ai manager Eni, tra cui Paolo Scaroni.

Già in precedenza la Settima sezione del Tribunale di Milano aveva ascoltato le parole di un Victor Nwafor, ex responsabile della sicurezza della villa presidenziale del presidente Jonathan. Questi aveva negato di conoscere Armanna.

Per l’imputato-accusatore però c’era un problema di identità: il “suo” Victor aveva in realtà un altro nome, Isaac Eke appunto. Lo stesso Eke, però, in aula ha smentito le ricostruzioni di Armanna e la procura di Milano gli ha notificato l’apertura di un’indagine per falsa testimonianza. Secondo de Castiglione questa è l’ennesima prova di un tentativo estremo della pubblica accusa di difendere la credibilità di Armanna.

L’ex Eni Armanna ha raccontato ai magistrati anche dell’esistenza di trolley destinati al «presidente» – cioè, secondo una deduzione di Armanna, Scaroni – con all’interno 50 milioni di dollari. Sarebbero questi i contenitori della retrocessione per Paolo Scaroni.

Tuttavia, sottolinea la controparte, questo elemento a un certo punto scompare dal processo, quando risulta difficile per l’accusa sostenere la ricostruzione fatta da Armanna, visto che l’elemento non trova ulteriori riscontri. La parola di Armanna su Scaroni sarebbe poi particolarmente di parte visto che l’ex dipendente Eni ritiene di essere stato allontanato dalla società proprio dall’ex numero uno.

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