Notturno: il film di Gianfranco Rosi sulla guerra è “troppo” bello

Per qualcuno è un esercizio di stile, per altri un prezioso documentario sulle vittime della guerra: Notturno, il film di Gianfranco Rosi presentato alla 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, divide pubblico e critica

Alla 77esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, conclusa il 12 settembre con la vittoria di Nomadland di Chloé Zhao, in concorso c’era anche Gianfranco Rosi con Notturno: un documentario, frutto di un lavoro di tre anni di riprese tra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, che racconta la vita quotidiana di alcuni personaggi sopravvissuti alla guerra.

Film-maker premiatissimo, Rosi realizza stavolta un’opera che divide: sin dalle prime visioni a Venezia 77, il suo racconto è stato giudicato da più parti un esercizio estetico che si serve della narrazione della guerra per suscitare facili emozioni; in altre critiche, invece, emerge un toccante racconto di morte, prigionia, torture.

Notturno: il trailer del film di Gianfranco Rosi

Chi è Gianfranco Rosi, autore di Notturno

Nato ad Asmara, dove il padre lavora in una banca di proprietà dell’Iri, Gianfranco Rosi vive in Eritrea fino ai dodici anni, per poi trasferirsi a Istanbul e Roma. Studia cinema a New York, inizia a partecipare a numerosi festival internazionali già coi suoi primi cortometraggi. Nel 2008 il suo primo lungometraggio, Below Sea Level, su una comunità di senzatetto che vive in una base militare dismessa, vince il premio per il miglior documentario nella sezione Orizzonti al 65esimo Festival del Cinema di Venezia.

Il successo arriva nel 2013: il suo documentario Sacro GRA vince il Leone d’oro al miglior film alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, diventando il primo documentario nella storia del Festival a vincere il premio più ambito. Sacro GRA, in modo non del tutto diverso da Notturno, racconta scene di vita reale che si svolgono tutte in prossimità del Grande Raccordo Anulare (il “GRA” del titolo), che circonda Roma.

Il suo successivo film, un documentario più classico, è Fuocoammare (2016), girato a Lampedusa, l’isola siciliana simbolo del “conflitto europeo” sui migranti. Il film vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino nel 2017 e viene scelto anche per rappresentare l’Italia agli Oscar di quell’anno come Miglior Film Straniero, ma non riesce a entrare nella rosa finale. Ottiene invece una candidatura per Miglior Documentario.

Alla base della poetica di Rosi c’è il racconto – senza musica, senza commenti, interviste o voci narranti – di storie frammentarie accomunate da un grande tema. Il ritmo e l’andamento è affidato alle immagini, sempre bellissime, in grado di rendere poetico anche il contesto più deprimente e degradato, e ai suoni. Rosi filma con una perizia e una minuziosità che può apparire snervante per lo spettatore che non è avvezzo a questo stile. Notturno, il suo ultimo documentario, presenta tutte queste caratteristiche.

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Una scena di Notturno, documentario di Gianfranco Rosi in concorso a Venezia 77

La trama di Notturno: di cosa parla il nuovo film di Rosi

Notturno è il risultato di tre anni di riprese in zone di guerra tra Africa Settentrionale e Medio Oriente. Oggetto del racconto sono le persone che Rosi incontra lungo il suo “viaggio”, accomunate dal fatto di essere state coinvolte dai conflitti che hanno riguardato e riguardano questi luoghi.

Notturno è una produzione combinata di Italia, Francia e Germania. Rosi ha viaggiato in Libia, Iraq, Kurdistan e Siria parlando alla gente e accumulando immagini eccezionali, in senso puramente cinematografico, ma anche dal punto di vista del documento che esse costituiscono.

Chi si aspetta scontri a fuoco e azione sarà deluso: a Rosi interessano non i protagonisti diretti della guerra (non particolarmente, almeno), ma i superstiti, coloro che in un modo o nell’altro devono fare i conti con le macerie dei conflitti.

La guerra è una presenza costante, che pesa sui protagonisti come una cappa scura, ma resta sempre fuori campo. Eppure alcune sequenze sono dei macigni: come le scene in cui i bambini, ex prigionieri dell’Isis, raccontano le loro esperienze attraverso disegni; oppure le ultime parole al telefono di una donna rapita. Gianfranco Rosi non interviene mai, non fa domande, non si mostra, non taglia e – di conseguenza – non censura: la sua più grande dote è essere un osservatore silenzioso.

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Una scena di Notturno, documentario di Gianfranco Rosi in concorso a Venezia 77

Le critiche più dure a Notturno

A qualcuno, specie a chi ha visto il documentario in anteprima a Venezia 77 – e forse non era sufficientemente preparato a questo nuovo lavoro di Rosi, forse il più cupo dei suoi documentari – l’osservazione silenziosa di Rosi è parsa troppo pavida. Nessun luogo è mai introdotto davvero, nessun personaggio realmente presentato: la guerra rappresentata potrebbe essere qualsiasi guerra e i protagonisti della storia chiunque l’abbia vissuta.

Rosi può fissare la sua telecamera su ciò che presumiamo siano i soldati dello Stato Islamico catturati, riprendere una delle prigioni peggiori del mondo o indugiare sul dolore di una madre: l’autore non si rivela, non esprime alcun giudizio, non interviene mai a mediare tra l’orrore, il dolore e lo spettatore. Non sono previsti tagli, dubbi su ciò che è lecito o non lecito mostrare cone le sue immagini spietate.

Immagini che, cruccio che ha impegnato parecchio la critica a Venezia e che ha iniziato ad affliggere anche il pubblico dopo le prime visioni, sono davvero troppo belle per l’orrore che raccontano.

La critica più dura fatta a Rosi è che il suo film sia una visione straziante. Una serie di immagini, private del contesto, il cui scopo è servirsi della guerra per suscitare facili sentimenti nello spettatore. E che tali immagini, per giunta, siano troppo perfette ed estetizzino la guerra. Difficile essere in disaccordo, visto alcuni passaggi di estrema bellezza e il ritratto di certi personaggi – un esempio, il giovane cacciatore – che sembra quasi caravaggesco.

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Una scena di Notturno, documentario di Gianfranco Rosi in concorso a Venezia 77

Perché salvare Notturno, il film al cinema dal 9 settembre

«In Medio Oriente, durante le riprese del film, ho incontrato le persone che vivono nelle zone di guerra. Ho voluto raccontare le storie, i personaggi, oltre il conflitto. Sono rimasto lontano dalla linea del fronte, ma sono andato là dove le persone tentano di ricucire le loro esistenze. Nei luoghi in cui ho filmato giunge l’eco della guerra, se ne sente la presenza opprimente, quel peso tanto gravoso da impedire di proiettarsi nel futuro. Ho cercato di raccontare la quotidianità di chi vive lungo il confine che separa la vita dall’inferno».

È ciò che dichiara Gianfranco Rosi nelle note di regia che accompagnano il suo film alla proiezione veneziana. Tanto è bastato per definire Notturno un film che vuole rappresentare la realtà.

Ma siamo proprio sicuri che il modo di intendere il “documentario sulla guerra” di Rosi sia lo stesso dei suoi colleghi più tradizionalisti? Nonostante il rumore delle esplosioni e degli spari in lontananza, Notturno non è un documentario sui conflitti: ancora più della guerra, delle sue motivazioni o cause, è la conseguenza e l’orrore stesso a interessare a Rosi.

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Sin dalle sue prime opere, gli interessa la vita reale delle persone, così reale che è forse persino troppo anche per un documentario. Notturno non è neanche un documentario in senso classico, a ben vedere. Se aiuta a superare il fraintendimento, si può considerarlo un diario di viaggio, che prova a restituire le emozioni da lui provate.

Gianfranco Rosi non è un reporter, non fa inchieste, non fa politica. Racconta storie di persone. Non c’è filtro nei suoi film perché non c’è nella vita, non c’è censura nei suoi film perché non c’è nella vita. E se le vite dei senzatetto del suo primo film, della popolazione del raccordo anulare romano, dei profughi a Lampedusa e di chi li accoglie o meno sulla terra sono violente, squallide, deprimenti, crudeli, allora così sarà il suo racconto. La presunta mancanza di umanità di Notturno non è che la assoluta mancanza di umanità nella guerra. Forse, per questo che fa così male guardarlo.

Dopo aver diviso la critica di Venezia 77, il parere definitivo sull’ultimo documentario di Gianfranco Rosi, ovviamente, va al pubblico. Il modo migliore per farsi un’idea è andare a vederlo in sala: Notturno è al cinema dal 9 settembre 2020.

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