Ferrero tra lavoro minorile e deforestazione: filiera sotto accusa

Lavoro minorile e lavoro forzato, traffico di bambini e deforestazione: secondo l'ultimo report di Anti-Slavery International e Coalizione europea per la giustizia d'impresa la filiera della Ferrero non è così pulita come dichiara la storica azienda di Alba

Lavoro minorile e lavoro forzato, traffico di bambini e deforestazione. La filiera della Ferrero non è così pulita come dichiara la storica azienda di Alba. A dirlo è “What if?“, l’ultimo rapporto pubblicato da Anti-Slavery International e dalla Coalizione europea per la giustizia d’Impresa (Eccj) in cui viene ribadita la necessità di un’azione più efficace per contenere l’impatto negativo dei suoi prodotti “glocali”:

«La Ferrero dovrebbe aumentare la trasparenza e agire per tracciare e mappare la propria filiera, fino al livello dell’azienda agricola», in particolare rispetto alla linea di approvvigionamento del cacao.

Lavoro nei campi: chi raccoglie il cacao per la Nutella

Il prodotto di punta della Ferrero, la Nutella, è venduto in tutto il mondo. La quantità che viene prodotta ogni anno è pari a quasi due volte la circonferenza della Terra. I chili di Nutella che escono dagli stabilimenti sono pari al peso dell’Empire State Building.

Il cacao usato per produrre la crema spalmabile più famosa proviene principalmente – si legge sul sito della Nutella – da Costa d’Avorio e Ghana, i due più grandi produttori dell’Africa Occidentale.

Da qui proviene più della metà del cacao del mondo. Ed è qui che – sempre secondo il report “What if?” – si registrano moltissimi casi di lavoro minorile e lavoro forzato, per non parlare dell’impatto che questo settore ha sull’ambiente (basato sullo stesso documento, leggi anche l’articolo Lego e diritti dei lavoratori: gravi accuse alle costruzioni più famose al mondo).

Lavoro minorile e forzato in Ghana e Costa d’Avorio

«Si stima che ci siano 2,1 milioni di bambini impegnati nell’industria del cacao in questi due paesi. Di questi il 96% si ritiene sia in condizioni di lavoro pericolose».

Ma che cosa porta i ragazzini a finire nelle piantagioni? I ricercatori scrivono che «le cause del lavoro minorile nella regione sono diverse: dalla povertà cronica alla mancanza di accesso all’istruzione, dall’insufficienza della terra allo scarso potere contrattuale degli agricoltori che non riescono a fissare prezzi che garantiscano un reddito utile alla sopravvivenza minima».

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In Ghana e Costa d’Avorio buona parte della raccolta del cacao è affidata a bambini – Foto: via Wallpaperflare

Deforestazione: le conseguenze dell’industria del cacao

E non è tutto. Se c’è un motore della deforestazione in Africa Occidentale, questo è proprio l’industria che ruota intorno al cacao, secondo un’indagine pubblicata tre anni fa da Mighty Earth, un’organizzazione impegnata nella protezione delle foreste, nella conservazione degli oceani e nella lotta alla crisi climatica.

In Costa d’Avorio si stima che più del 90% dei parchi nazionali e delle aree protette siano stati rasi al suolo e sostituiti con piantagioni di cacao.

In Ghana, circa un quarto della deforestazione è collegato alla produzione di questa materia prima: tra il 2001 e il 2014 sono spariti 120 mila ettari di aree protette solo per far posto alle piante di cacao. A fare le spese di questa perdita di biodiversità anche elefanti e scimpanzé, che sono stati decimati.

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Sede della Ferrero Spa ad Alba – Foto: Anton Nikiforov (via Wikimedia Commons)

Ferrero: il potere di una multinazionale

I prodotti della Ferrero sono presenti e commercializzati in più di 170 stati. Il gruppo è presente in più di 50 paesi e durante il 2017/2018 ha utilizzato un totale di quasi due milioni di tonnellate di materie prime agricole e per il confezionamento.

«La Ferrero International S.A., in quanto seconda industria del cioccolato più grande al mondo, che si rifornisce di cacao interamente dall’Africa occidentale e dall’Ecuador, può fare molto di più per affrontare i problemi che si verificano agli estremi delle sue filiere», suggerisce il rapporto di Anti-Slavery.

Per esempio, potrebbe rivedere le proprie pratiche d’acquisto, visto che proprio il prezzo eccessivamente basso del cacao è una la causa scatenante dello sfruttamento di minori nelle piantagioni.

Allo stesso tempo, «gli agricoltori e i lavoratori agricoli, le comunità e i loro rappresentanti potrebbero contestare la presunta incapacità della Ferrero di garantire il rispetto dei loro diritti dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative lussemburghesi».

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Una donna con un frutto di cacao in mano in Ghana – Foto: Antoshananarivo (via Wikimedia Commons)

Ferrero: reputazione sotto accusa

«Ferrero è oggi stabilmente classificata tra le prime aziende al mondo per la sua reputazione. Ciò è dovuto anche alle importanti iniziative di responsabilità sociale del Gruppo. Queste sono sintetizzate nella strategia CSR (responsabilità sociale d’impresa, ndr) di Ferrero, focalizzata sull’eccellenza nella qualità e l’innovazione, la comunicazione trasparente, l’attenzione per le persone, il supporto alle comunità locali, la promozione di stili di vita attivi tra le giovani generazioni così come il suo forte impegno verso pratiche agricole sostenibili e l’attenzione all’ambiente», si legge sul sito del gruppo.

Ma le buone intenzioni, le certificazioni, i nuovi mezzi di comunicazione e tutte le altre azioni racchiuse nel rapporto sulla responsabilità sociale d’impresa, non sono bastate a metterla al riparo dalle accuse di avere gravi falle nella propria filiera globale.

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Sfruttamento lavorativo dall’Africa alla Turchia: il problema della filiera

Problemi simili a quelli che si vedono nell’approvvigionamento di cacao in Africa Occidentale si riscontrano anche in Turchia. Il paese negli ultimi anni si è trasformato nel bacino di produzione di un altro ingrediente fondamentale per la preparazione della Nutella, e in molti dei prodotti a marchio Ferrero, la nocciola.

Stefano Liberti, in un’inchiesta pubblicata su Internazionale negli giugno 2019, denunciava l’atteggiamento monopolistico dell’azienda di Alba nei confronti dei produttori turchi «che ormai non possono più fare a meno di questo partner».

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La Turchia negli ultimi anni è diventato uno dei principali fornitori di nocciole della Ferrero – Foto: via Pixabay

Lavoro minorile: da dove arrivano le nocciole usate dalle Ferrero

In un articolo del dicembre 2019, il quotidiano britannico The Guardian ha messo in luce come circa il 30% di tutte le nocciole che utilizza la Ferrero proviene dalla Turchia, proprio lì dove il lavoro minorile è molto diffuso. In una dichiarazione al quotidiano britannico, la Ferrero ha riconosciuto il problema del lavoro minorile nel settore agricolo turco e ha affermato di essere «determinata a prevenire ed eliminare il lavoro minorile lungo tutte le catene di approvvigionamento».

Eppure, secondo un’inchiesta della BBC, per la multinazionale non è facile dimostrare che le nocciole che finiscono nella Nutella non sono state raccolte dai bambini. E lo stesso vale per il cacao del Ghana e della Costa d’Avorio.

Secondo il documento appena pubblicato da Anti-Slavery International e dalla Coalizione europea per la giustizia d’Impresa, nelle aziende agricole lungo la costa del Mar Nero, le famiglie di rifugiati siriani e curdi raccolgono le nocciole che vanno a finire nei famosi prodotti del marchio.

«Questi lavoratori sono estremamente vulnerabili allo sfruttamento e a condizioni di lavoro disumane. Lavorano per lunghe ore, ma non guadagnano nemmeno il salario minimo. Questo significa che molti sono costretti a portare i loro figli a raccogliere con loro. I bambini lavorano fino a 12 ore al giorno, spesso in condizioni pericolose per la bassa retribuzione, senza un contratto o attrezzature adeguate per la salute e la sicurezza, e mancano all’inizio dell’anno scolastico», si legge ancora nella ricerca.

Lo studio sottolinea anche che «gli agricoltori dicono che la Ferrero non paga un prezzo equo per le loro nocciole. Dato che l’azienda è uno dei maggiori acquirenti di nocciole turche, la Ferrero dovrebbe usare il suo potere e la sua influenza per garantire che i lavoratori adulti siano pagati con salari dignitosi e che i bambini non raccolgano i loro prodotti per una miseria invece di andare a scuola».

Dall’azienda Ferrero Spa alla multinazionale: storia di un impero da 36 mila lavoratori

In poco più di 70 anni l’azienda fondata da Pietro Ferrero nel 1946 ha raggiunto una enorme notorietà a livello internazionale. Da impresa familiare si è trasformata in una multinazionale di diritto lussemburghese, con un fatturato consolidato pari a 11,4 miliardi di euro e oltre 36 mila dipendenti (dati relativo all’esercizio chiuso il 31 agosto 2019).

Con il tempo la Ferrero è diventata nota, oltre che per i suoi prodotti, anche per aver fatto della responsabilità sociale d’impresa un suo cavallo di battaglia. Eppure, nonostante l’impegno in difesa dei diritti umani racchiuso nel motto “Condividere valori per creare valore”, la filiera a cui fa capo la Ferrero continua ad avere anelli deboli.

3 Commenti
  1. Sandra dice

    Sono multimilionari e dovrebbero restituire il danno che hanno fatto ai paesi che sono ancora poveri e usano mezzi di produzione molto scarsi, eppure sono milionari, devono restituire ciò che hanno preso loro.

  2. PAOLO CORREGGI dice

    Paolo Genova
    In effetti il boicottaggio sistematico di prodotti derivanti da sfruttamento del lavoro e devastazione ambientale , meglio ancora se coordinato da Ong o associazioni di comprovato impegno ( es. Legambiente ), rappresenta in pratica il più efficace , se non l’ unico, strumento col quale i cittadini/ consumatori possono indirizzare la produzione di beni secondo criteri di maggiore eticità – valga ad es. la battaglia vittoriosa contro l’ impiego massivo dell’ olio di palma .
    Avanti su questa strada , che comporta un minimo di impegno ed attenzione al bancone , ma produce frutti di equità e rispetto per ambiente e persone

  3. Jacopo dice

    Se volete aiutare il mondo, boicottate questi prodotti in tutti i loro formati.
    Gli Africani troveranno altri prodotti da coltivare e verranno tagliati meno alberi, per coltivare il cacao si tagliano gli alberi più preziosi e si lasciano crescere quelli di cui il legno non è buono per fare ombra agli alberi di cacao. Il prezzo comunque è cosi basso che la disperazione fa si che i contadini utilizzino i pochi soldi per comperare alcolici che non hanno regime di monopolio e quindi costano poco. Il periodo del raccolto migliore (il cacao viene prodotto tutto l’anno con punte di produzione in ottobre novenbre e dicembre) coincide con quello dell’inizio dell’anno scolastico. Per guadagnare i pochi soldi il lavoro è estenuante e vengono utilizzati tutti in famiglia, e per pagare i maestri che vengono mandati dal governo senza paga devono chiedere i soldi alle famiglie che non ne hanno a sifficienza per le cose essenziali. Smettetela di comperare qualsiasi prodotto con cacao e cioccolata e li aiuterete a differenziare le loro coltivazioni per un mercato locale. La Turchia è il paese dove non vengono rispettati i diritti fondamentali boicottate i prodotti con le nocciole e mangiate solo nocciole di altri paesi preferibilmente i più vicini, è gia un buon punto di partenza

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