Anbessa: lo sviluppo incontrollato di Addis Abeba in un film

Anbessa, di Mo Scarpelli, è un documentario che denuncia l’urbanizzazione senza limiti e il sovrappopolamento della capitale dell’Etiopia. Ma è anche un film di formazione, che mostra come la fantasia e la creatività di un bambino possano colorare la realtà più grigia

Gli occhi di Asalif, bene aperti sulla baraccopoli di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, ci offrono lo sguardo necessario per guardare i palazzoni che hanno divorato la terra nella quale vivevano famiglie di contadini, come quella del giovane protagonista.

Mentre i nuovi edifici prendono forma, il ragazzo si rende conto che né lui né sua madre faranno parte di questo cambiamento. Asalif, però, non è tipo da arrendersi ed è pronto a trasformarsi in anbessa – che vuol dire leone, in amarico, lingua ufficiale dell’Etiopia – per difendersi dalle iene attorno a lui.

Presentato al Sole Luna Doc Film Festival di Palermo, Anbessa di Mo Scarpelli è un documentario che denuncia l’urbanizzazione senza limiti di Addis Abeba e il sovrappopolamento della capitale dell’Etiopia.

È anche un film di formazione che, con un tocco di poesia, mostra come la fantasia e la creatività di un bambino possano colorare anche la realtà più grigia. Quella che ha lo stesso colore del cemento.

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Anbessa: il trailer del film di Mo Scarpelli

Anbessa: la trama del documentario su Addis Abeba

«Sai, le iene non sono quelle cattive… di questi tempi dovresti temere gli umani»

Nei sobborghi di Addis Abeba, dove Asalif e sua madre vivono da sempre, le terre vengono confiscate e la gente sgomberata e costretta nelle baraccopoli per fare posto ai condomini.

Ma se tutto questo è giustificato con una qualche idea di “progresso”, dalla necessità di fare posto alla popolazione in crescita della capitale etiope, allora Asalif vuole farne parte: un po’ inventore, un po’ artista, il ragazzo fruga tra gli scarti dei cantieri per realizzare, con gli oggetti trovati, le sue creazioni sempre più fantasiose.

Deve però scontrarsi con le “iene”, che lo circondano da ogni parte: non solo gli animali feroci che popolano la natura selvaggia attorno alla città, ma gli speculatori, gli approfittatori e l’umanità disperata delle baraccopoli. Asafil, anche se giovane, dovrà imparare a comportarsi da leone – unico animale in grado di sconfiggere le iene – per difendere se stesso, sua madre e anche la sua terra.

Anbessa è il punto di vista di un ragazzo sui due volti di Addis Abeba: da un lato una città che ha imparato a convivere con i predatori che vivono in quello che ancora resta della foresta; dall’altro, una delle capitali africane in maggiore espansione, oggetto negli ultimi anni di un importante – e in parte incontrollato – sviluppo edilizio.

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Il protagonista del film, Asalif, in una scena di Anbessa di Mo Scarpelli

Un film di formazione: Asalif tra cemento e sogni

Anbessa ha vinto il premio per la Migliore Fotografia, a cura della stessa regista Mo Scarpelli, al Sole Luna Doc Film Festival di Palermo. Nelle inquadrature la natura selvaggia si contrappone alla modernità, forse più selvaggia ancora. Come dichiarato dalla giuria nella motivazione al premio, Anbessa è «una storia luminosa che racconta con attenzione e intelligenza una modalità diversa di guardare alla vita quotidiana».

Quando inquadra Asalif, infatti, la macchina da presa di Mo Scarpelli – che ha alle spalle una carriera di reporter – diventa quasi invisibile e si muove come se seguisse una creatura misteriosa, una specie di personaggio uscito da una favola: sebbene vestito come molti suoi coetanei in giro per il mondo, con la sua felpa blu e il cappuccio sulla testa, il giovane protagonista sembra appartenere più ai boschi etiopi che ai detriti dei cantieri. Attraverso gli occhi di Asalif, ai quali la regista affida quasi sempre il punto di vista sulla storia, la realtà diventa luminosa.

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Anbessa è pur sempre un documentario e la verità delle immagini ha la precedenza su qualsiasi licenza poetica. Eppure si tinge di un’atmosfera quasi magica quando viene filtrata attraverso lo sguardo del carismatico protagonista.

L’immaginazione di Asalif, la sua creatività, le sue idee geniali lo fanno apparire come un piccolo mago. Forse per questo, quando nel film lo vediamo arrabbiarsi, nella sua furia sembra di vedere tutta la rabbia di una società che, ogni giorno, si scontra con la diseguaglianza e le ingiustizie.

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Il giovane protagonista del documentario, Asalif, in una scena di Anbessa di Mo Scarpelli

Anbessa e l’espansione di Addis Abeba

La periferia di Addis Abeba, in Etiopia, dove Anbessa è ambientato, è destinata a diventare il più grande complesso edilizio dell’Africa orientale. A migliaia di persone è promesso uno stile di vita migliore.

Ma qual è la conseguenza di questa espansione? Il sacrificio dei terreni delle famiglie di contadini, tanto per iniziare. Il prezzo troppo alto degli affitti, che costringe chi non se li può permettere ai margini della città, in capanne senza elettricità e acqua corrente. Privi dei loro terreni, i contadini restano senza lavoro e senza possibilità di sostentarsi: come vediamo in Anbessa, vagano nelle baraccopoli senza nulla da fare e con il terrore che un altro pezzo di baraccopoli entri nelle mire espansionistiche delle società immobiliari.

In Etiopia i dati dell’agenzia di statistica centrale del paese prevedono che la popolazione nelle città triplicherà a 42,3 milioni entro il 2037. Il paese sta attraversando una urbanizzazione rapidissima.

La Commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa (Uneca) nel 2019 sosteneva il programma di sviluppo urbano del governo di Addis Abeba, confidando nella sua capacità di guidare uno sviluppo ordinato e sostenibile. Tuttavia, una recente indagine di ProPublica e New York Times Magazine ha messo in guardia sulle conseguenze devastanti di tale processo, sottolineando proprio ciò che il documentario di Mo Scarpelli mostra alla perfezione: città sovraffollate, dove chi non accede ai progetti di edilizia è stipato nei bassifondi. Le conseguenze, basta guardare i recenti accadimenti durante l’epidemia di Covid-19, possono essere drammatiche.

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