Mauritania, la schiavitù abbatte la vita di decine di migliaia di persone
Abolita nel 1981, la schiavitù in Mauritania continua a essere diffusa. Una pratica disumana che costringe bambini, donne e uomini a lavorare senza libertà, compenso, né istruzione. Affittati o prestati come merce, gli schiavi vengono "ereditati" di generazione in generazione
La schiavitù è stata ufficialmente abolita in Mauritania nel 1981, diventando così uno degli ultimi paesi al mondo a farlo. Nell’agosto 2015 la Mauritania ha fatto un passo avanti deciso, almeno dal punto di vista legislativo. Ha considerato la schiavitù un crimine contro l’umanità, prevedendo pene che dovrebbero arrivare fino a 20 anni di reclusone per i responsabili, a fronte dei 5-10 anni che venivano inflitti in precedenza.
Cosa è cambiato in concreto dopo queste leggi? Poco o nulla. La schiavitù resta una caratteristica endemica della società mauritana. Secondo Amnesty International i risultati sono sostanzialmente assenti perché sono circa 43 mila tra bambini, donne e uomini che ogni anno continuano a subire la schiavitù.
Leggi anche:
• Lavoro minorile: Zanzibar, l’isola dei bambini schiavi
• Turismo sessuale minorile: il primato dei clienti italiani
Mauritania tra schiavitù, Costituzione e Sharia
Recentemente il difensore dei diritti umani Biram Dah Abeid, nato da schiavi e più volte incarcerato per le sue battaglie, ha chiesto che le Nazioni Unite aprano un’inchiesta per fare luce su questa realtà.
Da gennaio 2020, peraltro, la Mauritania fa parte del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu insieme ad altri 13 membri. Una contraddizione enorme.
Da una parte il presidente mauritano, Mohamed Ahmed El-Ghazouani, difende la lotta che il governo di Nouakchott porta avanti contro la schiavitù in tutte le sue forme. Dall’altra, Biram Dah Abeid afferma: «Concordo con il capo dello Stato quando dice che la Mauritania non istituzionalizza la schiavitù nelle sue leggi più recenti. Tuttavia la Costituzione continua a sostenere che la fonte del diritto nella repubblica islamica di Mauritania è la Sharia. E la Sharia islamica da noi significa rito Maliki. Il rito Malakita non solo legittima la schiavitù, ma la codifica e la santifica».
Biram Dah Abeid è tornato in Mauritania lo scorso 18 giugno, dopo diversi mesi trascorsi in Europa, dove ha più volte chiesto alla comunità internazionale di prendere posizione sul mancato rispetto dei diritti umani nel suo paese. Al suo arrivo in patria la risposta del potere non si è fatta attendere: dieci simpatizzanti dell’Ira Mauritana (l’Organizzazione che si occupa della rinascita del movimento abolizionista) arrivati ad accoglierlo sono stati arrestati per essere rilasciati subito dopo.
«Le leggi promulgate in Mauritania contro la schiavitù non sono state attuate e applicate adeguatamente. Di conseguenza, questi testi non hanno davvero avuto alcun impatto sulla vita delle persone», ha affermato Alioune Tine, ex direttore di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.
Leggi anche:
• Eritrea in caduta libera sui diritti umani
• Pena di morte: esecuzioni in calo nel mondo, ma l’abolizione è lontana
La schiavitù infantile oggi: bambini costretti a lavorare in Mauritania
In Mauritania la schiavitù si tramanda di generazione in generazione, ha spiegato Ahmed Ould Habibiallah, professore di storia all’Università di Nouakchott Al-Aasriya, al sito in lingua araba di The New Arab. Sono soprattutto le tribù mauritane che vivono lungo il confine con il Mali a continuare a sostenere la tradizione della proprietà degli schiavi. In questo modo intere famiglie schiavizzate vengono ereditate di generazione in generazione.
Con gli adulti anche i bambini nascono schiavi e la loro vita è segnata fin dalla nascita. Minori e bambini nati in schiavitù vengono regolarmente sfruttati e inviati a lavorare fin dalla più tenera età. Viene loro negata un’istruzione. Ai bambini nati nelle famiglie proprietarie di schiavi della Mauritania viene ordinato, appena ne hanno le capacità, di andare a prendere l’acqua, pascolare il bestiame e prendersi cura del bestiame. Fenomeni diffusi sono anche quelli dell’affitto o del prestito di bambini.
Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
“Schiavi neri”: Haratine discriminati in Mauritania
La società mauritana è formata da diverse etnie che occupano posizioni distinte in una gerarchia sociale simile a quella delle caste indiane. Gli ultimi posti di questa classifica sono occupati dal popolo Haratine, un grande gruppo etnico della Mauritania di carnagione scura.
I gruppi locali per i diritti umani stimano che fino al 20% della popolazione in Mauritania sia ridotta in schiavitù e che un Haratine su due sia costretto a lavorare nelle fattorie o in casa senza possibilità di libertà, tanto meno di ricevere un’istruzione o di essere retribuito per il lavoro che svolge.
Le classi superiori nella gerarchia sociale sono rappresentate dai berberi dalla pelle più chiara o dagli arabi beydan (“bianchi”). L’elemento razziale rimane fondamentale nella persistenza della schiavitù e del lavoro forzato in tutto il paese.
La schiavitù in Mauritania, tuttavia, non è esclusiva delle famiglie tribali che vivono nelle zone rurali. Secondo Brahim Bilal Ramdhane, attivista contro la schiavitù e vice presidente dell’Ira, la schiavitù è ancora presente a Nouakchott, la capitale e città più grande del paese, e a Boutilimit, una città situata a 164 chilometri a sud-est della capitale.
Leggi anche:
• Bambini soldato: il racconto di Daniel, arruolato in Nigeria ad appena 11 anni
• Human Rights Watch: i diritti violati nel mondo secondo il report 2020
Schiavitù impunita: storia di Fatima, in attesa di giustizia dal 2017
Gli attivisti, inoltre, affermano che esistono anche oggi, nell’estate del 2020, elementi del governo che sostengono i proprietari di schiavi. Chi cerca di opporsi a questo sistema ne subisce le conseguenze.
Amnesty International ha documentato più di 168 casi di arresti arbitrari di attivisti per i diritti umani dal 2014, almeno 17 dei quali hanno affermato di essere stati sottoposti a tortura e maltrattamenti. «I tribunali che sono stati istituiti per processare crimini legati alla schiavitù a Nouakchott e in altre aree non hanno fatto nulla», dice Ramdhane. «Le autorità non sono riuscite a prendere misure adeguate per prevenire, indagare, perseguire, punire e porre rimedio alla pratica diffusa della schiavitù», aggiunge.
Il sito in lingua araba di The New Arab racconta la storia di Fatima al-Mabruk, una donna di circa 30 anni mamma di due bambini nati schiavi come lei. Una storia come tantissime altre. I figli di Fatima, Mohammed e Maryam, sono stati liberati nell’ottobre 2017. Oggi Fatima è ancora in attesa di giustizia dopo aver sporto denuncia contro il suo ex padrone nel giugno 2017.
E`un assurdo che i social e i media non ne parlano. Hanno piu interesse che gli sguardi vengano rivolti sempre sulle stesse cose e sugli stessi temi sull`Africa si sa solo le tragedie dei „Barconi“. Di tutte le tragedie che vengono svolte, forse e immagino da ditte occidentali o dell` est Asiatico chi ne sa qualcosa. Non si sa`neppure dove trovare fonti attendibili e neutrali. Infatti e`per questo che per la salvaguardia del pianeta come ecologia mi sono rivolto al WWF e Greenpace come socio e cerco nel mio piccolo anche attivamente e per i diritti umanai con Amesty INT.
Un`forte grazie per il Vostro lavoro!