Avvocata turca morta dopo 238 giorni di sciopero della fame: chi era Ebru Timtik

Avvocata e attivista per i diritti umani, è stata accusata di terrorismo, condannata a 13 anni e mezzo di reclusione e abbandonata al suo destino: ecco chi era Ebru Timtik, l'avvocata turca morta in seguito al digiuno, e come sta evolvendo la drammatica situazione dei diritti umani in Turchia

Dopo 238 giorni di digiuno, giovedì 27 agosto è morta Ebru Timtik, l’avvocata curda accusata di terrorismo. Dopo una condanna a 13 anni e sei mesi, da febbraio rifiutava il cibo, imprigionata nel carcere più grande d’Europa, a Silivri, in Turchia.

Chiedeva di avere un processo giusto, non una farsa come lo era stato il suo nel 2018 presso la 37esima corte del tribunale penale di Istambul.

Dopo essere stata prelevata a forza alla fine del 2017 con altri 15 avvocati dell’associazione avvocati progressisti Cagdas Hukukcular Dernegi (Chd), era stata considerata affiliata all’organizzazione terroristica Dhkp-C, che nel 2015 aveva ammazzato il procuratore Savci Mehmet Selim Kiraz, e richiusa nel carcere di massima sicurezza, soprannominato il “carcere dei giornalisti” per l’alta presenza di cronisti dietro le sbarre.

Scarcerazione lampo e processo farsa: perché l’avvocata Ebru Timtik era in carcere

Nel settembre 2018 Ebru Timtik era stata rilasciata per decisione di un giudice, che non aveva confermato il reato di terrorismo. Dopo alcune ore di attesa in commissariato era stata prelevata e abbandonata in una zona desertica. Rientrata a casa, dopo poche ore la polizia l’aveva riportata in carcere, accusata di nuovo di terrorismo con altri otto colleghi.

Il nuovo processo era stato condotto da un sostituto del primo giudice, destituito a seguito del rilascio. Il nuovo magistrato, Akin Gurlek, aveva accettato di accreditare testimoni anonimi, vietato la presenza di difensori e quindi del contraddittorio.

Nell’aula bunker del carcere di Silivri era stata confermata la condanna a 13 anni e sei mesi per Ebru Timtik e la conseguente nuova incarcerazione nel settore L di massima sicurezza.

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L’avvocata turca e attivista dei diritti umani Ebru Timtik – Foto: The Arrested Lawyers Initiative

Chi era Ebru Timtik, l’avvocata turca morta in seguito allo sciopero della fame

L’avvocata di 42 anni, residente a Istanbul, proveniva da Dersim, città di origine curda nella parte orientale del paese. La sua storia l’aveva portata a cercare la libertà per gli oppressi e la giustizia per chi viene perseguitato.

Aveva aderito alla sinistra rivoluzionaria e faceva parte dell’ala marxista-leninista dell’associazione Chd. A seguito del fallito (supposto) colpo di stato del 2016 contro il presidente Recep Tayyip Erdoğan, il governo aveva emanato dure leggi contro il terrorismo che avevano portato alla chiusura immediata del Chd.

Gli avvocati affiliati vennero perseguitati e minacciati. Malgrado i diversi appelli degli ordini forensi internazionali, oltre 300 avvocati sono stati arrestati e condannati per terrorismo dal 2016 ad oggi.

Ebru Timtik aveva comunque avuto modo di lavorare ancora e difendere in tribunale due insegnanti, Nuriye Gulmen e Semih Ozakca, accusati di affiliazione all’organizzazione terroristica Dhkp. Per questa difesa Timtik era stata considerata una collaboratrice del Dhkp e incarcerata.

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L’avvocata turca e il collega Aytac Unsal in lotta per la libertà

A febbraio 2020 Ebru Timtik ha iniziato uno sciopero della fame. Lo scopo era tenere viva l’attenzione sul mancato processo regolare e denunciare le condizioni di mancata dignità che oltre 300 avvocati stavano vivendo nelle carceri turche.  Nei primi mesi dell’anno 13 presidenti di Ordini forensi turchi sono stati arrestati o portati a processo per terrorismo.

«Il 5 aprile Ebru e il suo collega Aytac Unsal, incarcerato con lei e in sciopero della fame a 179 giorni, decisero di digiunare fino alla morte, decisero il martirio. Volevano ottenere dalla corte di Cassazione l’annullamento del processo farsa e un nuovo processo equo», dice a Osservatorio Diritti Ali Yildiz, dell’associazione The arrested lawyers initiative (Iniziativa degli avvocati arrestati). Il martirio, death fast, è un atto usato in Turchia dalla sinistra estrema, una decisione politica che va oltre lo sciopero della fame.

Il 10 luglio un esponente del People’s Law Bureau (Hhb), Oguz Topalkara, è riuscita finalmente a visitare l’avvocata. «Ebru è scesa a 43-44 chili di peso, ha una grave colorazione nera sulle mani, sembra cancrena», denunciava all’ufficio sanitario del ministero della Giustizia.

«Dopo cinque minuti, inizia a comunicare scrivendo. Ha detto che le sue piaghe fanno molto male ed è per questo che aveva difficoltà a prendere acqua e zucchero», concludeva l’avvocato.

Per denunciare la situazione, sia la zia sia la sorella di Ebru a inizio luglio avevano manifestato davanti al tribunale, ma erano state entrambe arrestate. La sorella è ancora detenuta nel carcere di Silivri, in attesa di processo.

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L’avvocata turca Ebru Timtik con il suo collega Aytac Unsal – Foto: The Arrested Lawyers Initiative

Gli ultimi 27 giorni dell’avvocata turca morta in ospedale

A metà giugno gli avvocati di Timtik erano riusciti a ottenere una sentenza della corte di Cassazione, ma le condizioni della loro assistita e del collega Unsal stavano peggiorando troppo in fretta per attendere un verdetto.

Una delegazione del ministero della Salute a metà luglio aveva visitato l’attivista e consegnato una nota dove si chiedeva di assistere la detenuta medicalmente perché la sua vita era a rischio. Si chiedevano i domiciliari e si sottolineava l’impossibilità di rimanere in carcere.

A fine luglio i due avvocati sono stati trasferiti in ospedale. Ma a metà agosto la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la detenzione perché i due detenuti non sarebbero stati in pericolo grave.

Dopo 27 giorni di ricovero forzato, in una stanza rumorosa e piena di luce, che comportava un’ulteriore tortura per Timtik, come dichiarato ai microfoni di radio Radicale dall’inviato Mariano Giustino, Ebru Timtik è morta.

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L’avvocata turca e attivista dei diritti umani Ebru Timtik – Foto: The Arrested Lawyers Initiative

Turchia: diritti umani violati dal regime di Erdogan

«La situazione turca è paragonabile a quella dell’Egitto, è terribile», racconta a Osservatorio Diritti Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Ogni due giorni vengono arrestati giornalisti, difensori dei diritti umani e i tribunali condannano gli avvocati per il loro ruolo di assistenza agli oppositori. Da quando il codice penale è stato cambiato per evitare altri colpi di stato, dopo il fallito golpe del 2016, i reati per terrorismo sono aumentati verticalmente.

«Lo stesso presidente di Amnesty Turchia è sotto processo per terrorismo, attualmente in attesa di appello. Una condanna mai successa in tutti questi anni di attività. Questo fa capire come la situazione sia sfuggita di mano», continua Noury.

E lo conferma la vicenda del disegnatore e attivista italiano Gianluca Costantini, che dalla pubblicazione di una sua vignetta in difesa della popolazione curda nel 2016 non può più accedere nel paese.

«Sono stato condannato in contumacia per terrorismo, me lo hanno comunicato via e-mail degli attivisti turchi condannati con me. Io, che in Turchia ci sono stato per piacere fin dal 2006, da quando ho deciso di aiutare gli attivisti sono stato perseguitato sui social», racconta a Costantini a Osservatorio Diritti.

Una Turchia che però è utile all’Europa per la sua posizione cuscinetto con i paesi da cui provengono migliaia di profughi e che ha quindi ha forti armi politiche da giocare con chi la dovrebbe sanzionare per la situazione dei diritti umani. «Fino a che la Turchia sarà nella Nato, non ci saranno grandi cambiamenti. La svolta deve essere politica, della politica europea», conclude Noury.

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