Gruppi armati colombiani fuori controllo durante il coronavirus
Durante l'emergenza sanitaria i gruppi armati colombiani illegali prendono il controllo di intere regioni, impongono le regole per il contenimento del coronavirus e le fanno rispettare a suon di coprifuoco, violenze e omicidi. Lo denuncia Human Right Watch
da Bogotá, Colombia
In molte regioni della Colombia i gruppi armati illegali hanno imposto delle misure draconiane alla popolazione, quali coprifuoco notturno e minacce. E in questo contesto si sono registrati diversi omicidi.
In località del paese dove regnano le economie illegali e la presenza dello Stato è molto fragile, non esiste alcun tipo di struttura sanitaria capace di affrontare l’epidemia di coronavirus. Nel suo ultimo rapporto Human Right Watch denuncia una violazione totale dei diritti umani della popolazione civile in varie zone del paese.
Le misure “draconiane” dei gruppi armati colombiani
Secondo l’ong, in 11 delle 32 regioni che compongono la Colombia, il territorio e la popolazione civile sono totalmente sotto il controllo di gruppi armati illegali, che impongono le proprie misure di prevenzione contro il coronavirus. La misure applicate, definite draconiane dall’organizzazione, sono il controllo totale degli spostamenti della popolazione civile, l’installazione di posti di blocco, l’incendio di auto e moto per chi si sposta senza autorizzazione, le minacce e l’assassinio.
«La popolazione vive terrorizzata, rinchiusa in casa, spesso senza un approvigionamento adeguato di acqua potabile, medicine e alimenti», dice José Miguel Vivanco di Human Right Watch.
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Secondo José Miguel Vivanco, direttore per le Americhe di Human Rights Watch, «il coprifuoco imposto da un gruppo armato illegale non è come quello imposto dallo Stato, nel quale esistono delle eccezioni, per esempio una famiglia che durante la notte abbia bisogno urgente di medicinali. I coprifuoco che stanno imponendo i gruppi armati illegali non ammettono alcuna eccezione e uscire di casa significa richiare di essere assasinati a sangue freddo».
In molti casi il coprifuoco inizia alle 4 del pomeriggio e dura fino alle 5 del mattino del giorno seguente. A chi si sposta da una zona all’altra i gruppi armati illegali impongono dei ferrei interrogatori per capire il reale potenziale di contagio.
Eln, Farc, paramilitari colombiani: i gruppi armati
I principali gruppi armati illegali che controllano i territori colombiani sono l’Eln, l’Esercito di liberazione nazionale, l’ultima grande guerriglia comunista presente in Colombia, dissidenze delle Farc che non sono mai entrate nel processo di pace e il Clan del Golfo, un cartello del narcotraffico internazionale che opera spesso congiuntamente con vari gruppi paramilitari, le autodefinite Agc, Autodefensas Gaitanistas de Colombia, a volte operanti sotto il generico nome di Aquile Nere, che rivendicano un’ideologia di estrema destra.
Una confusione di gruppi, nomi e ideologie che dopo la firma degli accordi di pace ha creato una situazione caotica e disordinata, in cui vari gruppi agiscono autonomamente senza alcun tipo di comprovato commando centrale nazionale.
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Narcotraffico e attività mineraria: gli interessi dei gruppi armati
Tra le undici regioni del paese, le più colpite sono il Cauca, Nariño, Putumayo, Catatumbo e Cordoba. Gli interessi economici dei gruppi armati in queste regioni sono numerosi: dalla coltivazione, produzione ed esportazione di cocaina all’estrazione mineraria illegale, particolarmente quella dell’oro.
A seconda della fluttuazione dei prezzi sul mercato internazionale, i gruppi armati ondeggiano da un’attività all’altra. José Miguel Vivando di Human Rights Watch sottolinea che «i gruppi armati illegali stanno approfittando della pandemia del coronavirus per imporre la loro definitiva legittimità alla popolazione, presentandosi quindi come gli unici attori capaci di mantenere il controllo del territorio e prevenire una diffusione massiccia del virus. I loro obiettivi sono quelli di legittimizzare agli occhi dei residenti le loro operazioni sul territorio, presentandosi non solo come attori violenti. C’è inoltre una sincera preoccupazione per le loro truppe, che spesso risiedono in zone di selva».
In molte regioni della Colombia, a causa della totale mancanza di strutture sanitarie e ospedaliere e di personale medico specializzato, non ci sarebbe modo di contenere una propagazione massiccia del virus.
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Coprifuoco e omicidi: la vita sotto i gruppi armati colombiani
Nei territori controllati dai gruppi armati illegali è vietato spostarsi da un comune all’altro, tutti i negozi, gli uffici e i commerci devono chiudere entro le 4 del pomeriggio e la popolazione civile è tenuta a rimanere in casa.
Chiunque trasgredisca questi ordini rischia di essere ammazzato dagli uomini armati che controllano le strade. Human Right Watch ha potuto documentare l’uccisione di nove persone dall’inizio della pandemia.
L’assasinio più emblematico è quello di Edison Leon Perez, leader sociale nella regione del Putumayo, ucciso a sangue freddo tre giorni dopo aver scritto una lettera al Comune in cui denunciava la presenza di uomini armati nel territorio.
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I gruppi armati comunicano i loro ordini a una popolazione civile terrorizzata attraverso volantini e gruppi Whatsapp. Human Right Watch ha potuto documentare anche alcuni casi di collaborazione con la forze di polizia colombiane, l’incendio di automobili e motociclette e di ogni tipo di abuso, tortura e assalti a mano armata contro funzionari dello Stato colombiano.
Secondo la ong non si è mai visto nel territorio colombiano un’azione così forte, totale ed evidente da parte degli attori armati illegali. La principale preoccupazione è che questo tipo di controllo totale diventi permanente e che il paese possa risvegliarsi dopo la crisi coronavirus sotto il dominio di attori armati illegali.
«I gruppi armati illegali approfittano della distrazione e della paura creati dal coronavirus per legittimizzare le proprie attività illegali. Presentandosi non solo come attori violenti, ma anche garanti dell’ordine», dice José Miguel Vivanco.
Coronavirus Colombia: contagi e morti
Contemporaneamente, la situazione sanitaria in Colombia sta degenerando. A Bogotà e Medellin, le uniche due città del paese che possano contare con un sistema ospedaliero strutturato, le terapie intensive sono ormai tutte occupate e non c’è modo di dare risposta ai nuovi casi gravi che necessitano di un respiratore.
La propagazione del virus continua con circa 8.000 nuovi contagi e 250 morti al giorno. Tutto questo alcuni giorni dopo che il governo nazionale di Ivan Duque aveva promulgato un giorno di acquisti senza Iva, una sorta di Black friday che ha portato migliaia di persone nei grandi magazzini.
Il dibattito politico: Ivan Duque contro Claudia Lopez
Nel frattempo, si riaccende anche il dibattito politico tra il sindaco di Bogotà Claudia Lopez e il presidente Ivan Duque. Secondo quanto dichiarato da Claudia Lopez, dei 306 respiratori recentemente consegnati agli ospedali della città dal governo nazionale, solo 99 funzionano correttamente, mentre i restanti 206 sono da sostituire o ricalibrare per un presunto problema al software. L’unico dato certo è quello delle associazioni dei medici che reiterano l’urgente bisogno di respiratori e di un lockdown severo nella capitale.
Nel resto del paese la popolazione civile residente nelle regioni sotto controllo dei gruppi armati non ha un accesso costante all’acqua potabile e agli alimenti, così come alle mascherine, ai gel antibatterici e ai tamponi per effettuare il test del coronavirus. Tranne nei rari casi in cui non siano i gruppi armati stessi a distribuirli.
In queste condizioni, risulta quindi impossibile per le autorità sanitarie nazionali conoscere l’effettiva diffusione del virus tra la popolazione e lo scarso numero di tamponi e test effettuati rendono inaffidabili i dati raccolti.