Centri estivi chiusi ai disabili: esclusi da frequenza, rischiano la discriminazione
L'interpretazione restrittiva del Dpcm dell'11 giugno causa l'esclusione di molti ragazzi disabili dai centri estivi. Una situazione legata anche a problemi di budget, che rischia di portare i minori più fragili verso emarginazione e solitudine
Ritrovati gli amichetti che non si vedevano da mesi, rivive quella socialità che durante il lockdown dovuto alla pandemia da coronavirus si era interrotta bruscamente: la ripartenza dei centri estivi ha colmato un vuoto pesante per molti bambini, ma con delle gravi eccezioni, quelle dei minori con disabilità, che si sono visti negare l’iscrizione.
A pochi giorni dalla riapertura, infatti, ancora molte famiglie stanno aspettando risposta in merito alla possibilità di far frequentare i centri estivi ai loro figli con disabilità e diverse hanno già ricevuto un “no”.
Centri estivi disabili: cosa dice il Dpcm dell’11 giugno 2020
Alla base del rifiuto dell’iscrizione di bambini disabili ai centri estivi c’è l’interpretazione che molti comuni ed enti hanno dato del decreto del presidente del consiglio dei ministri (Dpcm) dell’11 giugno 2020, che al punto 2.10 riporta: «Nella consapevolezza delle particolari difficoltà che le misure restrittive di contenimento del contagio hanno comportato per bambini e adolescenti con disabilità, e della necessità di includerli in una graduale ripresa della socialità, particolare attenzione e cura vanno rivolte alla definizione di modalità di attività e misure di sicurezza specifiche per coinvolgerli nelle attività estive».
In particolare, il passaggio del Dpcm che recita: «Il rapporto numerico, nel caso di bambini ed adolescenti con disabilità deve essere potenziato integrando la dotazione di operatori, educatori o animatori nel gruppo dove viene accolto il bambino ed adolescente, portando il rapporto numerico a 1 operatore, educatore o animatore per 1 bambino o adolescente».
Questo ha fatto sì che molti comuni, in mancanza del budget per garantire tale rapporto numerico tra minore ed educatore, abbiano risolto rifiutando le iscrizioni o, in qualche caso, chiedendo alle famiglie di coprire la differenza con rette più alte.
Non si tratta di una novità: quella dell’iscrizione ai centri estivi dei bambini con disabilità è sempre stata una montagna da scalare per le famiglie anche negli anni passati. Le trafile per iscrivere i propri figli sono sempre state mediamente più lunghe e senza la garanzia della frequenza, una condizione che con la pandemia è tuttavia peggiorata.
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«Siamo saltati sulla sedia»: ragazzi disabili esclusi dai centri estivi
«Quando abbiamo letto il testo del dpcm siamo saltati sulla sedia», racconta Maddalena Sironi, presidente della cooperativa CapirsiDown di Monza. «Abbiamo da subito intuito che quest’anno le difficoltà di iscrizione sarebbero state, se possibile, ancora più difficoltose per i minori con disabilità».
E infatti, racconta Sironi, «le segnalazioni da parte di famiglie con bambini disabili non hanno tardato ad arrivare». Come quella dei genitori di Marco (nome di fantasia, come gli altri minori di cui si parla in questo articolo), bambino con la sindrome di down di 5 anni che ha ottenuto di poter frequentare soltanto per metà del tempo rispetto agli altri bambini.
Oppure di Giulia, che ha 15 anni, un’età già di per sé al limite per farsi accettare, che è rimasta a casa perché alla famiglia è stato chiesto di versare 500 euro extra, oltre alla solita retta, per potere pagare l’educatore.
«Ancora una volta, i bambini disabili si sono visti preclusi dalla possibilità di riallacciare rapporti con gli altri, dopo mesi difficili. Tornare alla socialità, fuori da contesti come i centri estivi, non è facile per loro», conclude Sironi.
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Centri estivi disabili: storia di Mattia, ragazzo disabile ancora in attesa di risposta
Tra i casi segnalati c’è anche quello di Mattia, un bambimbo autistico della provincia di Lecco che non ha potuto seguire in maniera profittevole alcun tipo di didattica a distanza.
«Durante il lockdown ho accumulato molte ore di scolastica che di fatto non ho avuto modo di erogare a Mattia», ci racconta l’educatrice che lo segue nelle normali lezioni. «Ora potrei utilizzare quelle ore per seguirlo nel centro estivo, ma il budget a disposizione, ottenuto non senza fatica, mi consente di affiancarlo soltanto per due settimane e siamo ancora in attesa di sapere se possiamo inserire Mattia, almeno per qualche ora, per tutto il periodo di apertura del centro estivo, recuperando così tutte le ore che non ho utilizzato durante la chiusura delle scuole», conclude l’educatrice.
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Lehda: la partecipazione dei bambini disabili ai centri estivi va garantita
Una risposta a questa situazione viene dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di Ledha-Lega per i diritti delle persone con disabilità, che ha stilato un documento firmato dal suo legale Laura Abet per aiutare le famiglie ad affrontare il rifiuto di iscrizione da parte dei centri estivi.
Nel documento si afferma che «gli enti organizzatori dei Centri estivi e molti Comuni si stanno attenendo troppo letteralmente a un dettato normativo generico e non esaustivo, interpretando in modo erroneamente restrittivo l’indicazione di quel rapporto numerico», in riferimento al sopracitato 1 a 1 tra educatore e bambino.
Secondo Lehda, il «cruciale» rapporto numerico che sembrerebbe imposto dalla legge, di fatto non lo è, come si legge nel testo: «Per non porre in atto una discriminazione sanzionabile ai sensi della legge 67/2006, in evidente contrasto non solo con la norma, ma anche con il buon senso, occorre invece valutare caso per caso, analizzando la situazione e le esigenze specifiche del singolo bambino o ragazzo con disabilità, per decidere se sia effettivamente necessario un supporto elevato, senza che questo comporti però alcun onere ulteriore a carico della sua famiglia. Nella norma non c’è infatti alcun riferimento alla capacità di spesa e al fatto che l’onere dell’educatore/animatore sia della famiglia, ma comunque, per tutti, i costi dei centri estivi sono quest’anno aumentati».
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«Da quando sono state aperte le iscrizioni ai centri estivi abbiano ricevuto diverse segnalazioni da parte di famiglie alle quali erano state poste due condizioni: la limitazione del tempo di frequenza o della durata. A queste si sono aggiunti i casi in cui si faceva richiesta di tariffe più alte», spiega Giovanni Merlo, direttore di Ledha.
«Con questo documento abbiamo voluto fornire un’indicazione per le famiglie su come comportarsi in questi casi, ribadendo quello che per noi è basilare, ovvero che anche per i bambini con disabilità la partecipazione ai centri estivi deve essere garantita con una chiara indicazione: non un euro in più , non un minuto di meno».
L’esito di un’interpretazione troppo restrittiva del Dpcm, sottolinea Merlo «porta con sé un grave pericolo, mentre tutto sommato l’indicazione è quella di avere più attenzione per i bambini disabili. Al contrario si rischia di rafforzare la tendenza a dimenticare che ogni minore ha caratteristiche diverse e personali, che invece non vanno mai perse di vista per valutare ogni situazione nella maniera corretta».
Si vede che a livello di sociale, l’Italia è molto, ma molto, ma molto indietro rispetto a USA e Canada, continuino così gli animatori dei centri estivi e tra poco tempo, saranno disoccupati estivi. VERGOGNA