Etiopia: una “nuova alba” per la libertà di stampa?

Gli anni bui per la libertà di stampa, le riforme democratiche del premio Nobel Abiy Ahmed e le sfide ancora aperte: ecco "Etiopia: una nuova alba per la libertà di stampa?", il documentario della giornalista italiana Margherita Cargasacchi prodotto dalla ong International Observatory of Human Rights

La prima immagine è un’alba, il primo suono è la testimonianza di un giornalista che racconta: «Sono stato imprigionato per sette anni accusato di terrorismo». Si apre con un certo ordine di chiarezza il documentario Ethiopia: A New Dawn For Press Freedom?(Etiopia: una nuova alba per la libertà di stampa?), prodotto dalla ong londinese International Observatory of Human Rights, scritto e diretto dalla giornalista italiana Margherita Cargasacchi.

Nei 27 minuti del documentario, Cargasacchi ripercorre gli anni bui della libertà di stampa in Etiopia, con giornalisti, attivisti e blogger imprigionati, accusati di terrorismo perché non “allineati” al Governo.

Ma mette anche in luce i passi avanti fatti grazie alle riforme democratiche del presidente del Consiglio etiope Abiy Ahmed (Nobel per la Pace nel 2019) e quelli ancora da fare per evitare nuove ondate di arresti ai danni dei giornalisti.

“Una nuova alba per la libertà di stampa?”: ecco il documentario di Margherita Cargasacchi prodotto dall’International Observatory of Human Rights

Le riforme del premio Nobel Abiy Ahmed

Il Comitato svedese ha assegnato il premio ad Abiy Ahmed «per i suoi sforzi nel perseguire la pace e la cooperazione internazionale». Con questa motivazione il Nobel per la Pace torna, nel 2019, in Africa.

Il documentario della Cargasacchi ruota proprio intorno alla figura di Abiy Ahmed, che si è distinto per le riforme democratiche, liberando prigionieri politici e giornalisti, sancendo la libertà di stampa, riconoscendo i partiti dell’opposizione e avviando una serie di riforme economiche. La sua amministrazione ha liberato giornalisti e oppositori, ha sbloccato 264 siti internet e ha permesso alle stazioni televisive vietate di operare.

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Il primo ministro etiope Abiy Ahmed riceve il premio Nobel per la pace a Oslo (foto: Wikimedia Commons)

La testimonianza: giornalista in cella per 7 anni con l’accusa di terrorismo

Importante la testimonianza di Woubshet Taye, direttore del Gulele Post Magazine, imprigionato insieme a numerosi altri giornalisti, accusati di terrorismo, ai tempi di Meles Zenawi (primo ministro dal 1995 al 2012).

«Sono rimasto in prigione per sette anni. Mio figlio aveva tre anni allora. Il giornalismo deve essere obiettivo. È cercando di resistere alle intimidazioni che siamo stati accusati di terrorismo», dice il giornalista Woubshet Taye, che racconta anche di aver incontrato il primo ministro Ahmed.

«Come valuta il cambiamento? Gli ho chiesto. Mi ha detto che siamo in un periodo di transizione. Ha detto: “Non credo che questa sia la nostra fine”», racconta Taye davanti alle telecamere della Cargasacchi.

Di particolare impatto visivo e narrativo è la parte dedicata al blogger e attivista di Zone 9 Bloggers, Befekadu Hailu, torturato nel centro di detenzione di Maekelawi, che ci porta all’interno della realtà dei carcerati, ripercorrendo passi e paure di quei giorni.

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Il giornalista Woubshet Taye, direttore di Gulele Post Magazine – Immagine tratta dal documentario “Etiopia: una nuova alba per la libertà di stampa?” di Margherita Cargasacchi

Il cambiamento democratico in atto in Etiopia

Il documentario evidenzia come l’Etiopia sia a un punto di svolta per la democrazia e sul fronte della libertà di stampa. Lo fa attraverso le testimonianze di premiati giornalisti quali Woubshet Taye, il blogger di Zone 9 Befekadu Hailu e il 90enne Yacob Wolde-Mariam, che riflettono sui progressi e sulla “nuova era” dell’alfabetizzazione mediatica.

«Non ho mai visto una libertà di espressione come quella attuale, rispetto agli anni in cui sono stato giornalista», riconosce il 90enne Yacob Wolde Mariam.

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Befekadu Hailu, blogger e attivista di Zone 9 Bloggers – Immagine tratta dal documentario “Etiopia: una nuova alba per la libertà di stampa?” di Margherita Cargasacchi

Libertà di stampa in Etiopia per Reporter Senza Frontiere

Per anni l’Etiopia non ha brillato nella classifica della libertà di stampa. Nell’Indice Globale sulla Libertà di Stampa di Reporter Senza Frontiere, grazie alle riforme democratiche emanate dal nuovo governo, il Paese ha guadagnato 40 posizioni, classificandosi oggi al 110esimo posto.

Ma c’è molto da fare. «Quando si lavora, si cerca di raccontare storie, c’è ancora un accesso limitato alle informazioni, in particolare per quanto riguarda la prospettiva governativa. Le risposte ufficiali sono poco frequenti», dice Tolera Fikru, manager di Oromia Media Network.

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Terrorismo e libertà di stampa in Etiopia: ancora sei giornalisti in prigione

Il documentario indaga anche sulle problematiche e sulle nuove sfide, tra cui la riforma della legge anti-terrorismo, usata finora dai regimi per condannare i giornalisti critici del governo. Da giugno 2019, proprio a causa di questa legge ancora attiva, si sono verificati altri arresti di giornalisti in Etiopia: ora sono almeno sei i reporter in prigione.

«Si tratta di una tematica attuale che merita attenzione. Prossimamente si terranno le elezioni in Etiopia (a fine marzo 2020 il voto, previsto per il prossimo agosto, è stato rinviato a causa del coronavirus, ndr) e già ora la situazione per i giornalisti è cambiata ancora rispetto al progresso raggiunto con Abiy Ahmed. Nel 2018 hanno perso la vita circa 95 giornalisti nel mondo, secondo l’International Federation of Journalists. Stiamo assistendo a forti attacchi alla stampa anche in sistemi democratici, come l’Italia e gli Stati Uniti», spiega la producer Margherita Cargasacchi.

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