Terrorismo nel Sahel: abusi delle forze armate contro i civili
Nel Sahel aumenta il terrorismo di Isis e al-Quaeda, che nel 2019 hanno ammazzato 4 mila persone tra Burkina Faso, Mali e Niger. Dall'altra parte, però, crescono gli abusi delle forze di sicurezza: un report di Amnesty International registra esecuzioni extragiudiziali, sparizioni, torture e trattamenti disumani
da Ouagadouogou, capitale del Burkina Faso
Nella notte tra l’11 e il 12 maggio, 12 dei 25 sospettati di terrorismo sono morti nel carcere di Tanwalbougou, nel Burkina Faso orientale. Testimoni sostengono che tutte le vittime avessero un colpo d’arma da fuoco alla testa. Il procuratore della corte d’appello competente ha smentito, l’inchiesta non è ancora conclusa, e molti sono i dubbi sulla dinamica dell’accaduto. Giustificati da un aumento dei casi di abusi da parte delle forze armate nella regione del Sahel.
La zona è scossa da una crescente offensiva di gruppi affiliati alla galassia di al-Qaeda nel Maghreb e allo Stato Islamico (Isis), che da anni sferrano attacchi contro soldati, poliziotti e civili, assaltando commissariati e caserme, bruciando villaggi e scuole, sparando nei mercati e bloccando le strade. Un conflitto che nel solo 2019 ha causato oltre 4.000 morti in Burkina Faso, Mali e Niger.
La reazione dei militari, che faticano a riprendere il controllo della situazione, è macchiata da arresti arbitrari ed esecuzioni extragiudiziali che aggravano la posizione delle popolazioni intrappolate tra due fuochi.
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Terrorismo nel Sahel e militari nel report di Amnesty International
Il 7 febbraio i militari «sono arrivati verso le 5 del pomeriggio, hanno sparato colpi in aria e arrestato alcuni abitanti. Molte persone sono fuggite o sono rimaste chiuse nelle loro case. Hanno passato al setaccio le abitazioni, ucciso 8 persone e portato via gli altri». Lo ha raccontato ad Amnesty International un testimone di Massabougou, villaggio della regione di Ségou, in Mali.
L’organizzazione di difesa dei diritti umani ha appena pubblicato un rapporto che raccoglie numerosi episodi di violenze perpetrate dalle forze armate nel Sahel. In Mali i caschi blu della Minusma hanno censito un centinaio di esecuzioni extragiudiziali, 32 casi di sparizione e altrettanti di tortura e trattamenti disumani avvenuti nel primo trimestre del 2020.
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Lotta al terrorismo: abusi e soldati impreparati nel Sahel
«Alla fine dell’anno scorso gli eserciti dei tre paesi hanno subito attacchi complessi che hanno provocato numerose vittime e hanno portato alla convocazione del summit del 13 gennaio a Pau, tra la Francia e i paesi che compongono il G5 Sahel, e alla successiva intensificazione delle operazioni militari su vasta scala, allo scopo di riguadagnare terreno contro il terrorismo», spiega a Osservatorio Diritti Ousmane Aly Diallo, ricercatore di Amnesty International in Africa Occidentale, autore del rapporto sulle violenze.
«La ricorrenza degli abusi in Mali, Niger e Burkina fa pensare che questi comportamenti siano quanto meno tollerati e sicuramente solleva molte domande sulla preparazione delle forze armate in tema di diritti umani, ma anche sull’impatto del prolungato conflitto sullo stato mentale dei soldati perennemente sotto tiro (il 14 giugno in Mali almeno 24 soldati sono caduti in un’imboscata non lontano dalla frontiera con la Mauritania, ndr) e privi di un adeguato sostegno psicologico. Tutto questo può influire sul modo di trattare le popolazioni civili», osserva Diallo.
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Il rischio di giustizia sommaria nella lotta al terrorismo
Un altro aspetto critico, secondo l’analista, riguarda la debolezza del sistema giudiziario. Le autorità spesso non riescono a compiere le indagini necessarie per convalidare gli arresti e istruire i processi, alimentando nei fatti la tentazione dei militari di ricorrere alla giustizia sommaria.
«Sono stati arrestati perché si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Stavano abbeverando gli animali tra le 12 e le 13 quando sono stati fermati dai soldati. […] Non abbiamo più potuto vederli», ha raccontato uno dei parenti di 13 allevatori scomparsi in Niger nei pressi Ayorou il 3 aprile. «Il più delle volte le persone arrestate sono allevatori Peul e Bella».
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Fulani in Burkina Faso: sospettati di essere terroristi, ma anche vittime degli attacchi di Isis e al-Quaeda
Tra marzo e aprile, nell’arco di dieci giorni, a Ouahigouya e Djibo in Burkina Faso, Amnesty International ha registrato casi di sparizioni ed esecuzioni di civili da parte dell’esercito e delle forze antiterrorismo con oltre 20 vittime. Inchieste sono in corso, ma nella maggior parte anche di questi episodi a soccombere sono membri delle comunità Peul (fulani).
Pagano il fatto che tra i membri dei gruppi armati attivi in tutta la regione ci siano Peul e che Amadou Koufa, predicatore musulmano radicale, leader del jihad maliano, qualche anno fa abbia chiamato tutti i Peul d’Africa a unirsi alla sua lotta.
«Non posso neppure andare al mercato o al centro sanitario, perché tutti ci considerano terroristi», ha affermato a Radio France International uno dei partecipanti alla manifestazione contro la stigmatizzazione dei Peul, che si è svolta domenica 14 giugno a Fada N’Gourma, capoluogo della regione dell’Est del Burkina Faso. «Il tragico paradosso è che sono anche le prime vittime degli attacchi e degli omicidi mirati di al-Qaeda e Isis nei villaggi», aggiunge Diallo.
L’organizzazione Armed Conflict Location & Event Data Project (Acled) ha evidenziato in una recente analisi come in seguito al vertice di Pau si sia registrato un incremento degli episodi di abusi commessi dalle forze armate statali. E aggiunge:
«Le violazioni dei diritti umani nel corso delle operazioni militari hanno come conseguenza di alienare le popolazioni locali, mettendo a repentaglio qualsiasi risultato ottenuto. Quando queste operazioni sono concluse resta un vuoto che i miliziani sono pronti a riempire, ponendosi come i veri protettori delle comunità».