
Camille Lepage: a sei anni dall’omicidio nessuna giustizia per la fotoreporter
Reporter senza frontiere chiede l'istituzione di una commissione per indagare sull'uccisione di Camille Lepage, la giornalista francese uccisa sei anni fa in Repubblica Centrafricana. Sul caso, infatti, si sa ancora poco ed è concreto il rischio che le indagini su chiudano troppo presto
A sei anni dall’uccisione della fotogiornalista francese Camille Lepage in Repubblica Centrafricana, la madre Maryvonne Lepage e il responsabile dell’Africa di Reporter senza frontiere (Rsf), Arnaud Froger, chiedono alle autorità francesi e centrafricane che le indagini e la ricerca di verità non si perdano nel pantano della burocrazia e non siano oscurate dall’emergenza coronavirus.
Camille Lepage: la fotoreporter francese in Repubblica Centrafricana
Il 12 maggio 2014, in Repubblica Centrafricana, venne uccisa la fotogiornalista francese Camille Lepage. La reporter 26enne si trovava in Centrafrica per coprire il conflitto scoppiato nel 2012, quando una formazione di ribelli musulmani, composta da mercenari del Ciad e del Sudan, oltre che di insorti del Nord-est, diede vita al gruppo irregolare dei Seleka, depose il presidente Franços Bozizé e iniziò una persecuzione indiscriminata nei confronti delle altre confessioni.
Poi però le armi vennero imbracciate anche dai cittadini cristiani e animisti, che si unirono nelle milizie Anti-Balaka, e la guerra civile dilagò in tutto il Paese, tanto che più volte la stampa internazionale parlò del rischio di genocidio in Centrafrica (leggi Stupri e rischio genocidio nella guerra in Repubblica Centrafricana).
La reporter transalpina, che da anni si era trasferita in Africa, prima in Egitto e in Sud Sudan e poi in Repubblica Centrafricana, stava seguendo da diversi mesi il conflitto esploso nel Paese africano. Il 13 maggio il mondo però ricevette la terribile notizia: Camille Lepage era stata uccisa in uno scontro a fuoco mentre stava realizzando un servizio sui gruppi Anti-Balaka.
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L’appello di Reporter senza frontiere e dei parenti di Camille Lepage
Dopo il cordoglio e il dolore, il Commitee To Protect Journalist (Cpj) chiese subito che venisse aperta un’inchiesta e fatta luce sulla vicenda: «Chiediamo alla missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite nella Repubblica Centrafricana e alle autorità francesi di garantire un’indagine approfondita sulla morte di Camille Lepage», sono state le parole del coordinatore della Africa Advocacy per Cpj, Mohamed Keita .
La Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) e la Federazione europea dei giornalisti (Efj), inoltre, esortarono immediatamente il governo di transizione della Repubblica Centrafricana, e tutte le forze internazionali con sede nel Paese, a fare il possibile affinché gli assassini della giornalista rispondessero dei loro crimini e venissero consegnati alla giustizia.
Le condanne all’omicidio sono state unanimi e sono arrivate anche dalle Nazioni Unite, mentre l’Eliseo, attraverso l’allora presidente Francoise Hollande, fece sapere: «Impiegheremo tutti i mezzi necessari per far luce sulle circostanze di questo assassinio e trovare gli assassini della nostra connazionale».
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Mistero sulla morte della fotoreporter francese
In prima linea nella battaglia per verità e giustizia oggi si trovano la madre di Camille, Maryvonne Lepage, e Arnaud Froger di Reporter Sans Frontieres (Rsf). I parenti e Rsf, parti civili nel processo sull’omicidio della fotoreporter, hanno chiesto che sia istituita una commissione attraverso una rogatoria internazionale, così che gli investigatori francesi possano, in collaborazione con i loro omologhi centrafricani, andare sulla scena dell’accaduto per completare le loro indagini.
Nel comunicato diffuso dall’organizzazione che si batte per i diritti dei giornalisti e la libertà d’informazione, si legge che «resta da stabilire l’esatta identità di chi ha aperto il fuoco e il motivo per cui è stato commesso l’attacco contro il gruppo anti-balaka con cui Camille Lepage si trovava al momento della sua morte».
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Prosegue Reporter senza frontiere: «Imboscata criminale? Regolamento dei conti tra miliziani? Solo una vasta indagine sul campo sarebbe in grado di determinare cosa è successo il giorno di questo attacco armato». Una richiesta a cui fanno seguito le parole dei parenti che hanno paura che il caso venga chiuso senza colpevoli e senza verità, quando invece molti punti oscuri possono ancora essere esaminati se le autorità dei due paesi decidessero di unire efficacemente i loro sforzi e i loro mezzi logistici.
Arnaud Froger ha dichiarato: «Sfortunatamente l’anno passato non ha portato nulla di nuovo perché non sono state condotte indagini sulla scena dell’attacco. Sei anni dopo i fatti è urgente che vengano messi in atto tutti i mezzi per chiarire le circostanze e il motivo dell’attacco armato che ha portato alla morte di questa giornalista».
La Repubblica Centrafricana non è un Paese per giornalisti
La Repubblica Centrafricana rimane uno dei paesi al mondo dove la libertà d’informazione è maggiormente compromessa. Stando alla classifica delle libertà di stampa nel mondo stilata annualmente da Reporter Senza Frontiere, il Paese africano è alla 132esima posizione su 180.
Oltre a Camille Lepage, in Centrafrica sono morti, nell’agosto del 2018, anche i tre giornalisti russi Orkhan Dzhemal, Aleksandr Rastorguyev e Kirill Radchenko. E anche in questo caso la verità sull’accaduto non è ancora emersa e gli assassini e i mandanti restano tutt’oggi impuniti.