Coronavirus: contadini europei a rischio bancarotta
Mercati chiusi e limitazione della libertà di movimento: i piccoli agricoltori europei corrono il pericolo di veder distrutto il proprio lavoro senza canali di vendita e possibilità di accedere ai campi. In difficoltà anche pastori e apicoltori. Una situazione aggravata da un contesto di povertà diffusa e servizi scarsi nelle aree rurali
Sempre più contadini rischiano di sparire. È questo il timore espresso da Ecvc, il Coordinamento europeo de La Via Campesina, il movimento mondiale che riunisce i piccoli produttori agricoli.
Il 24 aprile l’organizzazione ha pubblicato un sondaggio svolto tra i suoi membri nella seconda metà del mese di marzo. Lo scopo è comprendere l’impatto sull’attività agricola dei piccoli contadini europei causato dalle misure per il contenimento del coronavirus. Nel sondaggio vengono analizzate le misure restrittive adottate in ogni paese e quello che hanno causato sull’agricoltura di piccola scala.
Mercati chiusi, blocco dei settori non essenziali della ristorazione, del catering e delle mense, limitazione della libertà di movimento. Queste sono le misure che hanno avuto maggior impatto su chi lavora la terra, secondo il documento pubblicato da Ecvc. L’indagine interna al settore è stata svolta attraverso un questionario in undici paesi: dalla Romania alla Turchia, dalla Norvegia al Portogallo. Per analizzare la situazione di Francia, Spagna e Italia sono state utilizzate, invece, le comunicazioni ufficiali delle organizzazioni contadine locali.
Il quadro che esce dall’analisi è fosco: un’importante perdita economica all’orizzonte. Ipes Food, il panel di esperti di sistemi alimentari sostenibili, in un documento di aprile sostiene che l’impossibilità di vendere al mercato e la volatilità della domanda possono provocare la bancarotta dei contadini o impedire loro di fare investimenti per il futuro.
I piccoli agricoltori, poi, rimangono in gran parte esclusi dagli aiuti diretti della politica agricola comune (Pac), assegnati in base alla superficie coltivata. Anche le misure di emergenza adottate dalla Commissione Europea difficilmente potranno interessare questa fascia di produttori.
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Coronavirus: mense e ristoranti chiusi
I piccoli fornitori sono rimasti senza quella parte di mercato che consentiva loro di diversificare. La chiusura di mense e ristoranti si è sommata all’impossibilità di vendere i prodotti nei mercati all’aperto. I piccoli contadini sottolineano come i governi abbiano, di fatto, favorito la concentrazione degli acquisti presso le catene della grande distribuzione organizzata.
«Questa situazione genera una grossa perdita economica e molti piccoli produttori rischiano di sparire a causa di questa crisi», denuncia Paula Gioia, agricoltrice tedesca e membro de La Via Campesina, durante un seminario online sul sistema alimentare ai tempi del coronavirus organizzato dal centro studi Transnational Institute.
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Coronavirus e contadini: senza mercati niente vendita diretta
In molti paesi europei le misure di distanziamento hanno portato anche alla chiusura dei mercati all’aperto, difficilmente controllabili. A volte la prerogativa di mantenerli aperti è stata concessa ai sindaci, seguendo rigide misure di contingentamento degli ingressi.
In Belgio sono stati garantiti i mercati solo dove essenziali per il rifornimento alimentare. Il divieto di realizzare vendite all’aperto vige in almeno 10 paesi dell’Unione Europea, con qualche rara eccezione. In Germania e Portogallo solo alcune autorità regionali hanno disposto la messa al bando dei mercati e in Romania il governo ha garantito la loro apertura.
«La maggior parte dei contadini vende i prodotti attraverso il mercato locale: qui la chiusura sarebbe stata tragica», spiega ad Osservatorio Diritti Ramona Dominicioiu, rappresentante dell’organizzazione contadina rumena Eco Ruralis. Non sempre, però, vengono garantiti i dispositivi di sicurezza per la vendita diretta:
«Abbiamo chiesto al governo di rendere i mercati più sicuri, perché i produttori sono esposti ogni giorno a possibili contagi».
Le organizzazioni degli agricoltori hanno quindi adottato metodi alternativi di vendita: dalla consegna a domicilio alla distribuzione di ordini acquistati online. Attività che non sempre sono facili da realizzare, come racconta Ramona: «La vendita diretta è complessa a causa delle restrizioni. In Romania non abbiamo ancora trovato un accordo con le autorità che permetta una distribuzione capillare».
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Contadini senza campi a causa del coronavirus
Non è solo la vendita dei prodotti ad essere contingentata, anche coltivare è diventato difficile. Le misure di limitazione degli spostamenti, infatti, hanno avuto un impatto soprattutto sui contadini che abitano lontani dai campi che coltivano.
Nonostante la produzione del cibo sia stata considerata, sin da subito, un bene essenziale, l’accesso alle produzioni non sempre è stato garantito. Sono rimasti esclusi dagli spostamenti gli agricoltori over 65 a cui, in paesi come Romania, Turchia e Portogallo, viene impedito di lasciare l’abitazione.
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L’elevata età media degli agricoltori europei, viene sottolineato da più parti, è un problema soprattutto in un periodo come questo. Nel 2016 un terzo dei contadini europei aveva 65 anni o più, secondo i dati Eurostat.
«In Europa molti agricoltori appartengono alla fascia di popolazione più vulnerabile alla pandemia», evidenzia Paula Gioia, apicoltrice e contadina tedesca.
In Romania gli spostamenti sono possibili solo se muniti di una certificazione: «Se devo andare in campi che sono lontani dalla mia abitazione devo avere una dichiarazione da mostrare alla polizia», racconta Ramona Dominicioiu. «Molti contadini sono stati multati perché si dimenticano di compilare i documenti ogni volta che escono dalla loro casa», aggiunge.
Il lavoro agricolo è considerato essenziale, eppure i piccoli produttori raccontano di fare sempre più fatica a portarlo avanti: «Noi contadini non possiamo prenderci una pausa, dobbiamo continuare a lavorare per assicurare il cibo, siamo essenziali. Il nostro lavoro non si ferma», sottolinea Ramona.
Agricoltura e Covid-19: transumanza vietata e apicoltori in crisi
Tra i settori agricoli maggiormente penalizzati dalle misure restrittive del movimento ci sono le attività che prevedono il nomadismo, lo spostamento degli animali. Per i pastori diventa impossibile la transumanza e l’uso dei pascoli.
Altrettanto complessa è la situazione degli apicoltori che non possono spostare le loro arnie per seguire le fioriture. Il panel internazionale di esperti dei sistemi alimentari sostenibili, Ipes Food, sottolinea come le restrizioni di movimento delle arnie potrebbero provocare una riduzione nella produzione di alcuni alimenti. Le api, infatti, sono impollinatori essenziali.
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Accesso ai semi: in pericolo un diritto dei contadini
La Dichiarazione delle Nazioni Unite per i diritti dei contadini e delle persone che lavorano in ambito rurale garantisce l’accesso alle sementi e la possibilità di selezionarle e scambiarle. Anche queste attività, essenziali per i contadini, sono messe in crisi dalle restrizioni in vigore.
In Romania l’organizzazione contadina Eco Ruralis ha deciso di organizzare una distribuzione straordinaria e gratuita di sementi per garantirne l’accesso. L’iniziativa ha raggiunto più di tremila coltivatori, in maggioranza donne. «È stato molto importante per le persone ottenere questi semi, gratuitamente, per garantire la sovranità alimentare della popolazione», spiega Ramona.
Stagionali e coronavirus: pochi e senza tutele sanitarie
La denuncia arriva da molti paesi europei: verdura e frutta lasciate marcire nei campi per mancanza di forza lavoro. Il problema ha toccato anche i piccoli produttori, in misura minore rispetto alle grandi estensioni. In alcune fasi del lavoro agricolo, infatti, è necessario agire tempestivamente, in particolare nella raccolta.
Misure di protezione scarse, spostamenti non sicuri e indebolimento dei diritti. A questo sono sopposti i lavoratori stagionali e i braccianti in molte aree dell’Europa. Ipes Food nel suo documento sottolinea come siano i più esposti a rischi sanitari. Lavoratori migranti e stagionali ricevono, spesso, paghe al di sotto degli standard di retribuzione e sono costretti a vivere in abitazioni di fortuna, in condizioni insalubri.
È il caso degli stagionali che partono dalle aree rurali della Romania per andare a lavorare nei campi di mezza Europa. Eco Ruralis, organizzazione rumena di piccoli produttori, ha denunciato la mancanza di protezioni e l’assenza del distanziamento fisico. I viaggi avvengono in autobus e poi in aereo, ma senza attenzione alle distanze di sicurezza, evidenzia l’organizzazione. A questo si aggiungono condizioni di lavoro dure, che prevedono l’allungamento dell’orario, anche senza pause.
Contadini e coronavirus: l’accesso alle cure in campagna
Le aree rurali, anche in Europa, sono state spesso dimenticate dalle politiche pubbliche. È tra gli abitanti delle campagne che, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, si concentrano i salari più bassi. Paghe insufficienti a garantire un accesso adeguato al cibo per l’intera famiglia. E i piccoli agricoltori europei non fanno eccezione. I loro guadagni sono spesso inferiori al reddito minimo. Negli anni i servizi essenziali sono stati tagliati e per gli abitanti delle aree rurali è diventato sempre più complesso accedervi. È quello che è avvenuto, per esempio, in Romania:
«In molte zone i piccoli ospedali rurali sono stati chiusi per mancanza di risorse, nei 10-15 anni passati. La situazione odierna ha reso evidente il problema», racconta Ramona Dominicioiu.
La difficoltà di accesso alle cure si traduce in condizioni di salute più complesse tra i contadini, come dice l’agricoltrice rumena: «Spesso le persone che vivono nelle aree rurali hanno condizioni di salute più gravi, perché i problemi vengono affrontati quando ormai sono ad uno stadio avanzato».