Pena di morte: esecuzioni in calo nel mondo, ma l’abolizione è lontana
Nel 2019 ci sono state 657 esecuzioni capitali in 20 paesi, il valore più basso degli ultimi dieci anni. La maggior parte hanno avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita, Iraq ed Egitto. Lo denuncia il rapporto globale diffuso oggi da Amnesty International
Quest’anno ci hanno pensato Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen a rovinare il dato in costante calo di esecuzioni capitali nel mondo, che diminuendo complessivamente del 5% hanno raggiunto nel 2019 il minimo storico degli ultimi dieci anni. Resta impossibile valutare, invece, quel che accade in Cina, dove il numero delle esecuzioni, stimate in alcune migliaia, è ancora considerato «segreto di Stato». È quanto emerge dal rapporto globale diffuso oggi da Amnesty International sulla pena di morte nel mondo.
Oltre a essere «una pena disumana e ripugnante», ha detto la direttrice per la ricerca e l’advocacy dell’organizzazione che opera in difesa dei diritti umani, Clare Algar, «non esistono prove attendibili che essa scoraggi i reati più della pena detentiva». Se da una parte dunque è «incoraggiante» che «la vasta maggioranza dei paesi lo riconosca», dall’altra, dice ancora Algar, «vi è un numero limitato di paesi che, in controtendenza, ha fatto sempre più ricorso alle esecuzioni. Ciò è avvenuto in Arabia Saudita, dove è stata utilizzata anche come arma nei confronti dei dissidenti politici, uno sviluppo preoccupante. Così come è stato sconcertante l’enorme aumento di esecuzioni registrato in Iraq, quasi raddoppiate in un solo anno».
La pena di morte nel 2019: il commento Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia
Pena di morte nel mondo: la classifica dei Paesi nel report di Amnesty International
I cinque paesi con il maggior numero di esecuzioni nel 2019 sono Cina (migliaia), Iran (almeno 251), Arabia Saudita (184), Iraq (almeno 100) ed Egitto (almeno 32).
Sulla Cina non sono a disposizione cifre precise. Altri paesi con numeri alti di esecuzioni, tra i quali Iran, Corea del Nord e Vietnam, scrive ancora l’associazione, «hanno continuato a nascondere il loro pieno ricorso alla pena di morte limitando l’accesso alle informazioni in merito».
La tendenza globale, comunque, è stata quella alla diminuzione del numero di esecuzioni per il quarto anno consecutivo, scese dalle almeno 690 del 2018 alle almeno 657 dell’anno scorso (Cina esclusa).
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Metodi di esecuzione, disabili, minori e condanne senza giusto processo
A fine 2019 erano almeno 26.604 le persone condannate a morte nel mondo. Le esecuzioni sono state eseguite con queste modalità: decapitazione, elettrocuzione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione.
Almeno 13 esecuzioni pubbliche sono state registrate in Iran. Almeno sei persone – quattro in Iran, una in Arabia Saudita e una nel Sud Sudan – sono state messe a morte per crimini commessi quando avevano meno di 18 anni. Le persone con disabilità mentali o intellettuali sono detenute nel braccio della morte in diversi paesi, tra cui Giappone, Maldive, Pakistan e Stati Uniti.
Sono state imposte condanne a morte dopo un procedimento che non soddisfaceva gli standard internazionali di giusto processo in paesi come Bahrein, Bangladesh, Cina, Egitto, Iran, Iraq, Malesia, Pakistan, Arabia Saudita, Singapore, Vietnam e Yemen.
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Paesi con pena di morte nel 2019: trend negativo in Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen
Secondo il nuovo report di Amnesty, tutte le esecuzioni capitali sono state eseguite in venti paesi nel mondo. Tra questi, come accennato più sopra, quelli che hanno registrato un’impennata rispetto all’anno precedente sono Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen.
L’Arabia Saudita ha messo a morte 184 persone, contro le 149 del 2018. Con una crescita di uso della pena di morte come arma politica contro i dissidenti sciiti. Il 23 aprile 2019, per esempio, sono state uccise 37 persone, tra cui ben 32 sciiti condannati per terrorismo, «dopo processi basati su confessioni estorte sotto tortura», denuncia ancora Amnesty International.
Anche in Iraq la crescita è stata importante: in appena un anno si è passati da 52 ad almeno 100 esecuzioni, soprattutto con l’accusa di essere parte dell’Isis.
Spicca poi il numero di esecuzioni capitali in Sud Sudan, undici, il numero più alto mai registrato dall’indipendenza. E quelle registrate in Yemen (da quattro a sette) e in Bahrain, che ha ripreso le esecuzioni dopo una pausa di un anno, mettendo a morte tre persone.
Dopo la Cina, l’Iran: pena di morte anche per minorenni
In numero assoluto, l’Iran è il secondo paese al mondo quanto a ricorso alla pena di morte, anche se la mancanza di trasparenza da parte di Teheran rende impossibile dare cifre precise. L’anno scorso nel paese sono state messe a morte almeno 251 persone, contro le 253 di un anno prima. In quattro casi, i condannati erano minorenni all’epoca del reato.
In un caso, le autorità iraniane hanno messo segretamente a morte due ragazzi, Mehdi Sohrabifar e Amin Sedaghat, entrambi arrestati all’età di 15 anni e condannati per stupro plurimo dopo un «processo ingiusto», dice Amnesty. I loro corpi, inoltre, riportavano segni delle frustate ricevute prima dell’esecuzione.
«Persino i paesi più convinti fautori della pena di morte trovano difficoltà nel giustificarne il ricorso e scelgono la segretezza. Molti di essi si sforzano di nascondere le modalità di ricorso alla pena di morte, essendo consapevoli che non reggerebbero al vaglio internazionale», ha dichiarato Algar. Che ha aggiunto:
«Le esecuzioni si svolgono in segreto in tutto il mondo. In alcuni paesi, dalla Bielorussia al Botswana fino all’Iran e il Giappone, le esecuzioni sono condotte senza informare preventivamente familiari, avvocati o in alcuni casi gli interessati stessi».
Pena di morte nel mondo: obiettivo abolizione globale
In tutto sono ormai 142 i paesi che hanno abolito nella legge o nella prassi la pena di morte e, di questi, 106 l’hanno abolita dal loro ordinamento per qualunque reato.
Da nove anni a questa parte, inoltre, per la prima volta è stata registrata una diminuzione dei paesi in cui è stata applicata la pena di morte nell’Asia e Pacifico, con esecuzioni in sette nazioni. Giappone e Singapore hanno drasticamente ridotto il numero di persone messe a more, rispettivamente da 15 a 3 e da 13 a 4.
Bene anche in Afghanistan, dove per la prima volta dal 2010 non c’è stata alcuna esecuzione. Sospensioni anche a Taiwan e Thailandia, così come le moratorie ufficiali hanno tenuto in Kazakistan, Russia, Tagikistan, Malesia e Gambia.
Diversi paesi hanno poi iniziato ufficialmente in cammino verso l’abolizione della pena di morte. Tra questi la Guinea Equatoriale, dove l’annuncio è già stato fatto dal presidente. E passi in questa direzione si sono registrati anche in Repubblica Centrafricana, Kenya, Gambia e Zimbabwe. E le Barbados hanno eliminato la pena di morte obbligatoria dalla Costituzione.
Pena di morte negli Usa, nelle Filippine e nello Sri Lanka
Negli Usa, il governatore della California ha istituito una moratoria ufficiale sulle esecuzioni nello stato americano, che registra il maggior numero di persone nel braccio della morte, e il New Hampshire è divenuto il 21° stato americano ad abolire la pena di morte per tutti i reati.
Tuttavia, alcuni tentativi nelle Filippine di reintrodurre la pena di morte per «reati efferati legati a sostanze stupefacenti e frodi» e le azioni dello Sri Lanka per la ripresa delle esecuzioni per la prima volta in oltre 40 anni hanno compromesso i progressi verso l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Il governo federale statunitense ha anche minacciato di riprendere le esecuzioni dopo quasi venti anni dall’ultima persona messa a morte.