Coronavirus in Brasile: aumentano i casi, ma Bolsonaro continua a negare
Il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, mantiene la linea negazionista nei confronti della pandemia di coronavirus. Protetto dai militari, argina il ministro della Salute e lotta contro i governatori degli stati. Mettendo così in pericolo la salute dei cittadini
da Rio de Janeiro, Brasile
Tra negazionismo machista e guerra politica di posizione, il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro sta usando il coronavirus in un gioco politico che vede il diritto alla salute di milioni di cittadini messo a rischio. Sin dall’inizio della diffusione del Covid-19, quando gli effetti registrati in Brasile erano solo economici, dovuti al rallentamento della domanda cinese, in nessun momento il governo brasiliano ha pensato di elaborare alcun tipo di misura di contenimento dell’epidemia.
Quando i primi contagi sono stati registrati nel paese a fine febbraio, e quando l’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) identificava già la diffusione del virus come pandemia mondiale, il Brasile ha continuato a non adottare alcuna misura di prevenzione. Sin dal primo momento il presidente Jair Bolsonaro ha ritenuto che nulla dovesse essere fatto per quella che definiva appena «un‘influenzuccia».
Coronavirus Brasile: 12.345 casi di contagiati e 581 morti
Secondo i dati divulgati il 7 aprile dal ministero della Salute, il numero di casi di contagiati registrati in Brasile è salito a 12.345. Le persone morte per coronavirus sono 581.
Il rapporto tra numero di ammalati e di morti, il cosiddetto “tasso di letalità” del Covid-19, è attualmente del 3,8 per cento.
Per quanto riguarda la geografia della pandemia, la maggior parte dei contagiati, 4.866, si sono avuti nello stato di San Paolo, seguito da Rio de Janeiro (1.461), Cearà (1023 casi), Minas Gerais (525), Rio Grande do Sul (501) e Distretto Federale di Brasilia (485).
Leggi anche:
• San Paolo, Brasile: crolla il palazzo simbolo della disuguaglianza
• Industria mineraria: in Brasile porta morte e devasta l’ambiente
Bolsonaro: la pandemia è un’invenzione della stampa
Ancora in occasione del suo rientro da una visita di stato negli Stati Uniti l’11 marzo, Bolsonaro aveva ridimensionato l’allarme per il coronavirus.
«Non sono un medico, né un infettivologo, ma da quello che ho visto finora, altre influenze hanno ucciso molto più di queste».
Il giorno prima Bolsonaro aveva dichiarato che la «questione del coronavirus» non era «poi così seria» ed è molto più di una «fantasia» propagata dai media di tutto il mondo. «Ovviamente abbiamo una crisi al momento, una piccola crisi. Secondo me, molto più fantasia che altro. Il problema del coronavirus, che non è tanto grande come i media mainstream propagano in tutto il mondo».
La postura di Bolsonaro ha assunto i contorni della sfida a partire dal giorno seguente, quando il presidente e tutti i componenti della comitiva presidenziale che lo avevano accompagnato nella sua visita di stato a fine marzo negli Stati Uniti erano stati sottoposti al test per rilevare il contagio da Covid-19, dopo che il sottosegretario alla Comunicazione della presidenza della Repubblica, Fabio Wajngarten, era stato trovato positivo al coronavirus. Alla fine 23 persone risulteranno contagiate.
Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
Bolsonaro in isolamento partecipa a manifestazione
In isolamento per il sospetto di aver contratto la malattia, Bolsonaro aveva addirittura partecipato a una manifestazione organizzata dallo zoccolo duro dei sostenitori apertamente contro parlamento e Corte suprema, inneggiando a un maggiore interventismo del governo e alla “chiusura” dei due organismi per salvare il paese. Elemento, questo, da sempre presente nei discorsi di Bolsonaro.
Nell’occasione il presidente aveva scattato foto, abbracciato e stretto la mano ai suoi sostenitori.
Le misure contro il coronavirus adottate in Brasile
In linea con la politica negazionista, per contenere il contagio di coronavirus il ministero della Salute brasiliano ha emanato appena una circolare in cui vengono regolati i criteri di isolamento e quarantena cui le autorità dei 27 stati e 5.570 municipi devono attenersi per la gestione dei pazienti che abbiano contratto la Covid-19 o per i quali è in corso la verifica di contagio.
Per i pazienti che non sono considerati sospetti o ammalati, il ministero raccomanda invece come prevenzione solo una serie di misure igieniche di base, come lavare spesso le mani, utilizzare fazzoletti monouso per l’igiene nasale, coprire naso e bocca con un fazzoletto quando si starnutisce o si tossisce, evitare di toccare gli occhi, il naso e la bocca prima di igienizzare le mani. Al momento, unica misura oltre alla chiusura delle frontiere, adottata dopo che già tutti gli altri paesi avevano adottato la stessa misura.
Leggi anche:
• Popoli indigeni: la lotta dei Guarani del Brasile per la terra ancestrale
• Carcere: Brasile, sistema penitenziario in tilt tra sovraffollamento e storture croniche
Brasile: la battaglia dei governatori contro il coronavirus
All’aumentare dei casi è aumentata anche la preoccupazione dei governatori degli stati brasiliani che, di fronte al rischio di esplosione della pandemia, hanno adottato misure restrittive più intense.
Dal 24 marzo, nella gran parte del territorio brasiliano è in vigore la misura del “distanziamento sociale”, che prevede la chiusura obbligatoria di tutte le attività, esercizi commerciali, scuole e servizi considerati non essenziali come ospedali, farmacie, supermercati e negozi di alimentari. Misure analoghe sono state adottate, per quanto di propria competenza, dai sindaci di tutte le capitali di stato e molti municipi del paese.
Lo scorso 27 marzo, tuttavia, i governatori degli stati di Mato Grosso, Rondonia e Santa Catarina hanno disposto la riapertura di tutte le attività economiche e la ripresa del trasporto pubblico sul territorio, mantenendo la sola raccomandazione di isolamento domiciliare per gli anziani e i cittadini in fascia di rischio.
Bolsonaro: «Il coronavirus non può bloccare il Paese»
Di fronte a questa disposizione Bolsonaro ha iniziato ad alzare la posta. Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro è apparso in tv per rinforzare la sua posizione negazionista nei confronti dei rischi della pandemia di coronavirus sottolineando che la diffusione del nuovo coronavirus non può bloccare un intero paese e che occorre evitare che parte della stampa continui «diffondendo un sentimento di panico», cavalcando la notizia «del grande numero di morti in Italia, un paese con un gran numero di vecchi e con un clima totalmente diverso dal nostro», favorendo «una vera e propria isteria nel paese».
Contrariando il suo stesso ministero della Salute e l’Organizzazione mondiale della Sanità, ha assicurato che l’emergenza «in breve passerà», affermando che quanto sin qui visto dimostra che «il gruppo di rischio è per le persone sopra i 60 anni».
In virtù di questa valutazione, Bolsonaro ha affermato che «la nostra vita deve continuare. I posti di lavoro devono essere mantenuti. Il sostegno alle famiglie deve essere salvaguardato. Dobbiamo tornare alla normalità».
La battaglia politica dietro lo scontro sulla quarantena
Dietro lo scontro sulle misure c’è però uno scontro politico, in cui Bolsonaro è entrato con l’arma della pandemia, senza preoccuparsi dei rischi per la salute pubblica. Il presidente da tempo deve difendersi dai governatori, sempre più compatti, ciascuno per un interesse differente.
In particolare, i governatori di destra eletti nella scia di Bolsonaro, João Doria a San Paolo e Wilson Witzel a Rio de Janeiro, hanno fato sapere di voler correre per la presidenza, elevando l’intensità della critica. I due, adottando la linea della chiusura contro il coronavirus si sono allineati alle posizioni dei governatori degli stati del Nord-est, regione il cui elettorato è rimasto fedele al Partito dei lavoratori (Pt) dei presidenti Lula da Silva e Dilma Rousseff.
Per aggiungere un elemento di macismo, Bolsonaro, prendendo in giro i governatori, ha sostenuto che questi stanno adottando le misure di contenimento perché hanno paura di ammalarsi.
Bolsonaro contro il ministro della Salute brasiliano
Non manca poi un contrasto con il ministro della Salute, Luiz Henrique Mandetta. Sin dall’inizio della crisi, pur rimanendo fedele a Bolsonaro, Mandetta ha assunto un tono molto professionale, mai nascondendo i rischi della malattia. Per questo motivo, Mandetta è stato elogiato da parte di vari settori politici e usato come volto ragionevole del governo. Le critiche positive sono state viste da Bolsonaro come un’intimidazione e una insubordinazione.
Per settimane è circolata la notizia di una possibile sostituzione del ministro. Per lui tuttavia è arrivato solo un chiaro avviso che suona come una minaccia «Mandetta sa che da tempo ci stiamo punzecchiando. Io non voglio licenziarlo in mezzo a una guerra. Ma è una persona che ha superato il limite. Sa che c’è una gerarchia tra di noi e io ho sempre rispettato i ministri», ha affermato il presidente.
Leggi anche:
• Fiat Brasile indagata per aver collaborato con la dittatura militare
• Brasile, violenza sulle donne registra un omicidio ogni due ore
• Terrore a Rio de Janeiro: la polizia uccide nelle favelas
Evitando il licenziamento, Bolsonaro ha tuttavia progressivamente eroso il potere del ministro della Sanità. Prima affidando la comunicazione ufficiale sul coronavirus alla presidenza della Repubblica e spostando la sede delle conferenze stampa presso il Planalto, sede della presidenza. Poi, affidando il gabinetto di crisi sulla pandemia al potente ministro della Casa civile, Walter Braga Netto.
Il Centro di coordinamento delle operazioni del comitato di crisi del governo federale, subordinato alla presidenza del Repubblica e quindi gerarchicamente superiore al ministero della Salute, è stato creato non a caso il 24 marzo, stesso giorno in cui i governatori di Rio de Janeiro e San Paolo decretavano la quarantena.