Lavoratori domestici e coronavirus: in crisi e senza ammortizzatori sociali
Niente cassa integrazione, congedi di maternità o bonus per i lavoratori domestici colpiti dalla crisi legata al coronavirus. E molti di loro, che convivono con il datore di lavoro, rischiano ora di restare anche senza una casa
Cassa integrazione, congedi di maternità e in ultimo il bonus da 600 euro per le partite Iva. Sono diverse le misure previste dal governo per aiutare i lavoratori, in particolare dipendenti, in questo periodo di crisi economica legata al coronavirus.
Ma da ogni misura, almeno per il momento, sembrano essere stati esclusi i lavoratori domestici. Eccezion fatta per le baby sitter, per cui è stato previsto un bonus da dare alle famiglie, per chi lavora come colf, badante e in generale per tutti i cosiddetti collaboratori e assistenti familiari, non sono previsti ammortizzatori sociali ad hoc.
Eppure il comparto sta tutt’altro che bene visto che, com’è possibile immaginare, la maggior parte di queste persone lavora sì a casa, ma in quelle degli altri. E in molti casi l’abitazione del datore di lavoro è anche il proprio alloggio.
«Senza i badanti gli anziani soli sarebbero morti»
«I lavoratori domestici si stanno prendendo cura di tutti quegli anziani che noi non potremmo raggiungere e sono dunque fondamentali», spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, Associazione Nazionale che assiste le famiglie nella gestione dei rapporti di lavoro con colf e badanti. «Se non ci fossero i badanti, molti degli anziani rimasti da soli, senza figli e parenti che li possano raggiungere sarebbero morti».
Ma a fronte dei badanti che restano indispensabili e per i quali il settore comunque ancora tiene, vive invece un momento di crisi il mondo delle colf di cui molte famiglie, anche in virtù del fatto che la maggior parte dei componenti sono a casa, preferiscono fare a meno, anche per evitare di esporsi al contagio.
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Colf lasciate a casa da un giorno all’altro
«Mi chiamano ogni giorno persone disperate che vengono lasciate a casa da un giorno all’altro e che rimangono senza lavoro. Ad alcune di loro, i datori di lavoro dicono di prendere le ferie forzate e pertanto vengono pagate finché le hanno. Ma cosa succederà dopo? Queste persone sono disperate, non hanno ammortizzatori sociali», dice a Osservatorio Diritti Rita De Blasis, segretaria generale di Federcolf.
«Stiamo aspettando che arrivi anche per loro il reddito di ultima istanza (il cosiddetto bonus di 600 euro, ndr) che era stato annunciato, ma che di fatto non compare, al momento, da nessuna parte. E anche il sapere che una misura simile dovrebbe arrivare ma non arriva, non aiuta. Le lavoratrici ci contattano di continuo per sapere come ottenerlo, ma al momento non abbiamo risposte».
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I lavoratori domestici licenziati rischiano di trovarsi per strada
Il problema della convivenza del lavoratore con il datore di lavoro è tutt’altro che trascurabile», aggiunge Gasparrini.
«La paura del contagio, lo smart working e la difficoltà negli spostamenti non solo stanno mettendo in ginocchio il settore, ma portano molti lavoratori a perdere, oltre all’impiego e alla retribuzione, anche il vitto e l’alloggio previsto dal contratto. Da un giorno all’altro queste persone rischiano di trovarsi per strada e, per altro, con l’impossibilità di tornare nei Paesi di origine a causa della chiusura delle frontiere e dei non facili spostamenti».
Nel mondo del lavoro domestico, infatti, la maggior parte dei lavoratori è di origine straniera, a essere precisi il 72% di migranti contro il 28% di italiani, come dice Gasparrini, e l’età media è 50 anni. «Eccezion fatta per la Sardegna, dove si assiste all’effetto opposto: l’80% è costituito da lavoratori italiani, il restante 20% stranieri. E questo da un lato perché la regione è un territorio che non è facile da raggiungere, dall’altro perché ci sono meno opportunità di lavoro. È l’unica regione infatti che ha previsto un contributo di 600 euro per i lavoratori che abbiano avuto sospesa senza retribuzione la propria prestazione. Si tratta di un contributo una tantum a domanda individuale sicuramente importante».
Ed è un piccolo passo per questi lavoratori che di fatto sono esclusi da tutto. «Non è prevista la cassa integrazione in deroga, né sostegni per i datori di lavoro che sono le famiglie. Chi ha una colf o una badante spende dai 12 mila ai 16 mila euro l’anno», ricorda Gasparrini.
«Ecco perché è necessario un decreto d’urgenza che preveda per le famiglie la deducibilità dei costi affrontati per i lavoratori domestici e reddito e contributi figurativi per i lavoratori che hanno sospeso il rapporto senza retribuzione».
E per quanto riguarda le colf, mondo essenzialmente al femminile, come ci ricorda De Blasis, «molte di loro non solo restano senza lavoro, ma sono anche escluse dal congedo di maternità».
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Molti dei lavoratori domestici sono in nero
Il lavoro domestico ha poi un altro neo, da ben prima del coronavirus: molte persone sono impiegate in nero: «Ben il 60% del settore è così: per 900 mila contratti regolartizzati, 1 milione e 200 mila non lo sono e per altro rischiamo che il nero si allarghi ancora. Per tutte queste persone va da sé che non ci sono ammortizzatori sociali e neanche la Naspi», aggiunge il segretario di Domina.
«Anche se, devo dire, in questi giorni sta avvenendo una fenomeno particolare: alcune famiglie stanno regolarizzando la situazione con dei contratti a tempo indeterminato. Questo è anche dovuto al fatto che, se un lavoratore che non ha contratto viene fermato dalle forze dell’ordine, alla luce dei decreti, non può dimostrare che si sta muovendo per lavoro. D’altra parte, comunque nel settore, licenziare non è così difficile».
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Lavoratori domestici e coronavirus: colf senza mascherine
Infine colf, badanti e, in generale, lavoratori domestici, hanno dovuto e devono fare pure i conti con il fatto che, rispetto a chi lavora per le aziende, non tutti hanno ricevuto mascherine, guanti e altri dispositivi per proteggersi dal virus.
«Sul nostro sito di Federcolf», precisa la De Blasis, «abbiamo dato tutte le indicazioni possibili per far lavorare le persone in tranquillità, ma non tutti i datori di lavoro hanno agito come avrebbero dovuto, pertanto spesso chi va a lavorare provvede da solo, anche perché è principalmente nel suo interesse. A ogni modo restiamo in attesa di un incontro con il ministro della Famiglia Nunzia Catalfo che avrebbe dovuto tenersi questa settimana, ma è stato rinviato».