Burkina Faso: il coronavirus arriva tra violenze e crisi climatica
Ouagadougou soffre le conseguenze della crisi climatica e del riaccendersi delle violenze. Con 780 mila sfollati e 2,2 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria, ora si teme il diffondersi della pandemia di coronavirus. In questo momento il Burkina Faso è già il paese con più casi positivi al Covid-19 del Sahel
Il Burkina Faso è in ginocchio per la crisi climatica e la violenza. Adesso, ad aggiungere preoccupazione è la diffusione del coronavirus. Il piccolo stato dell’Africa subsahariana è il crocevia delle crisi umanitarie del Sahel. Nel Paese le persone bisognose di assistenza sono oltre 2 milioni e gli sfollati 780 mila.
Qui si concentra anche il maggior numero di casi positivi al Covid-19 della regione: 75, di cui 3 morti (dati Oms aggiornati al 23 marzo 2020). Scarseggiano acqua e cibo, la competizione per le risorse naturali si sta facendo più aspra, gli attacchi sono in aumento. Tanto da mettere in fuga i rifugiati maliani, come denuncia l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr).
Coronavirus, quattro ministri positivi a Ouagadougou
In Burkina Faso si teme che la diffusione del virus vada fuori controllo. Risultano contagiati quattro ministri del governo di Ouagadougou, la capitale. Dal 21 marzo il Paese ha chiuso le frontiere aree e terrestri e vietato gli assembramenti di oltre 50 persone.
Si teme però che queste misure non basteranno a tutelare la salute dei cittadini, considerando anche lo stato di grande debolezza del sistema sanitario.
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Economia burkinabè in ginocchio
A peggiorare il quadro è la situazione di insicurezza alimentare, con cui devono fare i conti 3,5 milioni di persone, su una popolazione totale di 20,5 milioni. L’80% dei burkinabè vive grazie ad agricoltura e allevamento: per loro la crisi climatica si traduce in fame e sete.
Negli ultimi anni anche la parte orientale e sud occidentale del Paese, di solito caratterizzata da un clima più favorevole, sta sperimentando aumenti delle temperature e siccità. Oggi oltre 9 milioni di ettari di terreni agricoli, pari a un terzo del territorio, sono degradati. Secondo la Fao l’aumento potrebbe procedere a un ritmo di 360 mila ettari l’anno.
Burkina Faso: l’agricoltura sfama sempre meno
Nelle aree più colpite da cambiamenti climatici e violenze (nord, centro-nord, est, zone al confine con Mali e Niger), sempre secondo la Fao nel 2019 le attività agricole hanno subito una riduzione tra il 20% e il 70%, con un dimezzamento delle aree coltivate rispetto alla stagione 2017/2018. Si stima che le precipitazioni più ridotte del 2019 porteranno a un calo del raccolto dei cereali di circa il 3% nel 2020.
«Si prevede anche una diminuzione tra il 20% e il 75% delle terre coltivate, insieme a un calo tra il 6% e il 15% nella produzione agricola complessiva. Inoltre, significative carenze di cibo per animali potrebbero portare a una crisi dell’allevamento», scrive la Fao nel suo Piano di risposta umanitaria 2020 per il Burkina Faso.
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Burkina Faso: fuga verso le città
Oggi vive in città il 30% degli abitanti del Paese, ma le Nazioni Unite stimano che nel 2050 la popolazione urbana sarà pari al 50% del totale: un dato su cui pesano gli effetti dei cambiamenti climatici, spingendo le persone via dalle campagne dove i campi rendono sempre meno.
La Banca mondiale stima che entro il 2050 143 milioni di persone lasceranno la propria casa in Africa subsaharina, Asia meridionale e America Latina a causa di perdita di raccolti, mancanza di acqua e aumento dei livelli del mare, in cerca di una vita migliore.
La carenza di risorse naturali ha fatto aumentare la competizione per accaparrarsele tra agricoltori e pastori, persone locali e sfollati. Così, indirettamente, la crisi climatica è stata una delle micce delle violenze nel Paese.
Il riscaldamento globale ha dato vita a un circolo vizioso: più persone si spostano in cerca di condizioni di vita migliori, più aumenta la competizione delle risorse, che a causa dei cambiamenti climatici spesso sono esposte a rischi di degrado crescente.
I molti volti della violenza in Burkina Faso
La violenza non ha un solo nome e un solo volto: accanto agli attacchi nel Sahel di gruppi di matrice jihadista, ci sono anche i contrasti locali e le scorribande di criminali comuni. Nel 2019 nel Paese c’è stato un brusco aumento delle aggressioni. Secondo il Programma alimentare mondiale (Pam), «nella prima metà del 2019 si sono registrati più attacchi di quanti ne siano avvenuti in tutto il 2018, con vittime civili in numero quattro volte maggiore rispetto a tutto il 2018».
Oggi ci sono 780 mila sfollati e le scuole chiuse per le violenze sono oltre 2.500, con quasi 340 mila studenti rimasti senza accesso all’istruzione. Solo tra dicembre 2019 e gennaio 2020, le persone bisognose di assistenza umanitaria sono passate da 1,5 a 2,2 milioni.
Burkina Faso: oggi i rifugiati maliani tornano a casa
Il quadro è così complesso da costringere di nuovo alla fuga i rifugiati maliani.
«Il Burkina Faso accoglie più di 25.000 rifugiati dal Mali, molti dei quali stanno scegliendo di fare ritorno a casa nonostante i rischi a cui sarebbero esposti una volta rientrati», è l’allarme lanciato dall’Unhcr il 13 marzo 2020.
Nell’area di Dori, nel nordest del Burkina Faso, si sono registrati attacchi nel mese di marzo, con conseguenze dirette sulla vita quotidiana: «Gli abitanti non hanno più accesso ai mercati e alle scuole e si sono ridotte le opportunità di realizzare attività per sostenere le famiglie. Anche la salute è a rischio, dato che l’unica ambulanza operativa nel campo è stata rubata a inizio mese», denuncia ancora Unhcr.
Secondo gli ultimi dati disponibili, il 57% dei rifugiati maliani che viveva nel campo di Goudoubo ha deciso di tornare nel proprio Paese. Nel frattempo, messi in fuga dalle stesse violenze, 2 mila cittadini burkinabè si sono rifugiati in Mali, in cerca di una sicurezza quasi impossibile.