Cattive acque: un avvocato ambientalista contro la multinazionale
È in uscita in Italia "Cattive acque", un film tratto da una storia vera: la lotta di un legale contro la multinazionale Dupont, accusata di aver inquinato per decenni acque e terre di un paesino americano. Un comportamento che ha minato la salute di persone e animali. Le sostanze messe sotto processo sono usate da decenni anche in Veneto
Nel 1998 l’avvocato Robert Bilott viene nominato socio di un grande studio a Cincinnati, negli Stati Uniti. Il suo lavoro è difendere e tutelare le grandi aziende chimiche. Un giorno uno sconosciuto si presenta alla reception e chiede di Bob. L’uomo odora di vacca, ha lo sguardo torvo e tiene tra le braccia un enorme scatolone di videocassette. Si chiama Wilbur Tennant e, insiste, deve vedere Bob perché conosce sua nonna. Bilott cerca di scacciarlo, imbarazzato da quella presenza così strana. L’allevatore vuole fare causa alla Dupont, la più grande azienda chimica del North Virginia, difesa dallo studio di Bilott, perché sta uccidendo le sue vacche. L’incontro finisce solo quando l’avvocato promette di richiamarlo.
Inizia così Cattive acque (Dark Waters), il film di Todd Haynes fortemente voluto dall’attore ambientalista Mark Ruffalo che denuncia l’inquinamento da Pfoa più vasto d’America.
Leggi anche:
• Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina: al via la 31esima edizione
Cattive acque: il trailer del film in italiano
Un film ispirato a una storia vera: l’acqua avvelenata
Mark Ruffalo veste i panni dell’avvocato e il suo personaggio insiste su come la Dupont abbia nascosto la sua azione criminale. Dopo aver visto con i propri occhi come muoiono le vacche di Wilbur Tennant, Bilott decide di prendersi carico del caso e inizia a indagare sulle acque limitrofe l’allevamento.
Scopre in alcune carte dategli dall’allevatore una sostanza particolare, l’acido perfluoroottanoico (Pfoa), che viene stoccata in diverse tonnellate di fusti mai smaltiti e fatti sparire. Questa sigla diventa per l’avvocato il filo conduttore dell’intero studio, perché quella è la sostanza che viene rilasciata illegalmente da per oltre 50 anni nei terreni e nelle acque vicine alla città. Una sostanza resistente all’acqua, talmente forte da poter ricoprire le padelle per cucinare e renderle antiaderenti. Questo materiale è il Teflon, famoso dagli anni ’30 e utilizzato sia nelle cucine americane sia negli indumenti per renderli resistenti al fuoco.
Ma poiché non ci sono leggi che regolamentino lo smaltimento delle scorie finali della lavorazione, l’industria decide di eliminarle sotterrando i fusti nei terreni agricoli e d’allevamento. Così si inquina l’intero ecosistema. Così muoiono le vacche di Tennant.
Leggi anche:
• Pfas, il veleno nel sangue: cosa sono, acqua contaminata e danni alla salute
• Pfas: in Veneto l’acqua contaminata fa temere per la salute
Studi epidemiologici, una lunga attesa e l’inizio del processo
Il film evidenzia che per Bilott il problema principale è combattere da solo un’enorme struttura sociale. Infatti la Dupont ha costruito edifici pubblici, strade e dà lavoro alla quasi totalità dei residenti di Parkersburg. Nessuno crede che sia stata l’industria ad avvelenare gli animali e quindi nessuno vuole collaborare con l’inchiesta di Bilott.
Ma l’avvocato ottiene una prima vittoria giudiziaria dimostrando come l’azienda abbia sversato rifiuti illegalmente e con i soldi ottenuti propone alla popolazione di sottoporsi agli esami del sangue necessari a capire se il Pfoa sia cancerogeno.
Oltre alle vacche, infatti, stanno morendo decine di persone legate alla lavorazione del materiale e residenti vicini alla fabbrica.
Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
Promettendo 400 dollari a persona per il prelievo, si presentano oltre 69 mila persone alla chiamata e Bilott ottiene così la più grande raccolta epidemiologica mondiale. L’équipe di tecnici però ci mette oltre 7 anni ad analizzare tutti i test, un periodo in cui l’avvocato rimane senza lavoro e viene insultato dai pochi residenti che avevano creduto in lui.
Dopo questo tempo infinito arriva la conferma: il Pfoa produce un mutamento del sistema endocrino che comporta sei malattie, come il cancro ai testicoli e l’ipercolesterolemia. Con questa certezza Bilott assiste oltre 3 mila clienti dal 2015, ottenendo risarcimenti per circa 700 milioni di dollari.
Leggi anche:
• Indiani d’America: storie di resistenza in difesa di un’identità in pericolo
• Giornata della Memoria: film da vedere per non dimenticare la Shoah
• Una scomoda verità 2, il nuovo film di Al Gore
La storia del New York Times diventa film
Nel 2016 la giornalista Nathaniel Rich racconta in un lungo reportage pubblicato dal quotidiano statunitenste New York Times la vicenda umana di Bilott. Rich segue le udienze dei processi contro la Dupont e denuncia la lotta di un singolo uomo contro il colosso chimico.
Mark Ruffalo, noto per la sua interpretazione ne “Il caso Spotlight” (miglior film agli Oscar 2016), legge il lungo articolo e approfondisce ancora di più il tema incontrando di persona Bilott. Decide poi di portarlo sullo schermo coinvolgendo l’amico regista Todd Haynes, celebre per il suo documentario su Bob Dylan e ben disposto a prendere in mano una storia vera.
La crudezza di certe scene e una fotografia quasi in bianco e nero esaltano un certo stile documentarista tipico di Haynes, mentre la scelta di musiche che creano suspance e dialoghi serrati danno un ulteriore taglio da thriller all’intera vicenda.
Leggi anche:
• Inquinamento ambientale: ecco cosa succede alla nostra salute
• Gasdotto Tap: i rischi per ambiente e popolazione corrono lungo il tracciato
Anche l’Italia ha le sue “Cattive acque”: Pfoa in Veneto
La stessa sostanza Pfoa viene prodotta nel Vicentino dall’azienda Marzotto, che negli anni ’60 costruisce vicino a Trissino un polo chimico denominato RiMar (Ricerche Marzotto).
Il Pfoa, ed altre sostanze della grande famiglia dei Pfas, viene ritrovato nelle acque delle province di Verona, Vicenza e Padova nel 2013 grazie a uno studio voluto dal ministero dell’Ambiente. Dopo 3 anni di indagini, nel 2016 si imputa la presenza di questo inquinante alla ditta Miteni, ereditiera del polo chimico RiMar.
La Miteni inizialmente rigetta le accuse denunciando la presenza di una barriera idraulica utile a bloccare le sostanze inquinanti prima del loro ingresso in acqua. Poi decide di chiudere interamente lo stabilimento nel 2018 e presentare fallimento in tribunale. A processo si sono presentate oltre 200 parti civili, istituzionali come il ministero dell’Ambiente e Regione Veneto e singoli cittadini.
Tra gli altri, ci sono le Mamme No Pfas e il loro avvocato Matteo Ceruti, un movimento civico che dai test ematologici del 2017, fatti sull’intera popolazione colpita, mantiene alta l’attenzione sulle malattie provocate dalle sostanze perfluoroalchiliche. In questa fase preliminare l’avvocato Ceruti sta raccogliendo materiale e dati per convincere il giudice del processo contro Miteni ad aprire un dibattimento.
«Difendere una popolazione offesa vuol dire accettare una sfida professionale significativa, sapendo che dovrai contrastare interessi consolidati», racconta a Osservatorio Diritti.
La prima difficoltà è stata quella di convincere le persone a fidarsi di lui. Un lavoro lungo, simile a quello di Bilott, che per mesi ha dovuto cercare testimonianze tra residenti. Una similitudine che può aiutare la causa italiana: «I dati che vogliamo presentare sono anche americani, di processi già avvenuti e chiusi», conclude l’avvocato che ha conosciuto di persona Bilott nel 2017 grazie a un incontro organizzato dalle rete civiche vicentine.
molto bello, mi piace un sacco, già dal trailer si può capire di che film si tratta, esprime voglia di sapere come va avanti, davvero bello.