India: Delhi, musulmani travolti dalla violenza hindu
Bande armate di estremisti hindu hanno attaccato la minoranza musulmana che protestava pacificamente contro la nuova legge sulla cittadinanza. A incitare gli scontri anche i discorsi del leader locale del partito di governo
Mentre tutti gli obbiettivi erano puntati sulla visita ufficiale del presidente statunitense Donald Trump in India, New Delhi è stata teatro di un’escalation di violenza settaria, la peggiore cui la capitale abbia assistito negli ultimi 30 anni.
Alcuni quartieri nella zona nordorientale della città sono stati presi di mira in quello che molti commentatori hanno definito un attacco mirato contro la comunità musulmana della zona. È avvenuto mentre erano in corso sit-in e proteste pacifiche contro la legge sulla cittadinanza (Caa) introdotta a dicembre 2019 dal governo guidato dal partito nazionalista hinduista Bharatiya Janata Party (Bjp). Si contano oltre 30 morti e più di 190 feriti.
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India: la protesta delle donne a Jafrabad e Khureji
Le violenze sono partite da Jafrabad e Khureji, due quartieri nella parte nordorientale della capitale. Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio circa un migliaio di donne aveva iniziato un sit-in di protesta sulle mosse di quello nel quartiere di Shaheen Bagh, che va avanti da metà dicembre.
La mobilitazione in atto ha come bersaglio la legge sulla cittadinanza, considerata una discriminazione nei confronti della minoranza musulmana, che in India conta 200 milioni di persone.
Delhi: comizio incendiario nella capitale
I manifestanti avevano bloccato la strada principale e l’accesso alla stazione della metropolitana di Jafrabad. Il 23 febbraio Kapil Mishra, leader del Bjp a Delhi ed ex-membro dell’assemblea legislativa della capitale, aveva organizzato un comizio nella località di Babarpur accompagnato da sostenitori della legge sulla cittadinanza, scagliandosi verbalmente contro i manifestanti anti-Caa sotto gli occhi della polizia.
Mishra aveva inoltre intimato un ultimatum alle forze dell’ordine: sgomberare la protesta di Jafrabad entro tre giorni, o lui e i suoi sarebbero passati alle maniere forti.
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Violenze contro i musulmani nei quartieri nordorientali
Secondo i residenti della zona, intervistati da media indipendenti, i sostenitori di Mishra hanno iniziato ad attaccare le case e i negozi musulmani subito dopo che questi aveva lasciato il quartiere. Le abitazioni e i locali dei residenti di fede hindu a Seelampur, Jafrabad, Maujpur e Babarpur, secondo fonti locali, erano stati marchiati con delle bandiere arancioni, il colore dell’hinduismo, per essere risparmiati dalle violenze.
Nella mattina del 24 febbraio si sono verificati violenti scontri a Jaffrabad e Maujpur nei quali un agente della polizia e un manifestante sono stati uccisi, mentre la polizia ha usato gas lacrimogeni e caricato i manifestanti a Chand Bagh.
India: polizia accusata di non difendere la popolazione
I residenti della zona accusano la polizia di non essere intervenuta per fermare le violenze, rimanendo a guardare inerme mentre la violenza si impossessava delle strade. Alcuni video, diventati virali online, mostrano un gruppo di giovani manifestanti feriti a terra e sanguinanti, mentre la polizia che li circonda li esorta a cantare l’inno nazionale colpendoli con calci, manganelli e lathi (il bastone di bambù in dotazione alle forze dell’ordine in India).
Diversi giornalisti sono stati aggrediti da fanatici hindu, che gli hanno impedito di fare il proprio lavoro, gli hanno cancellato i video, chiedendogli di provare la loro appartenenza religiosa.
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Settantadue ore di violenze nella capitale indiana
Dalle foto scattate e dai media indipendenti emergono i dettagli di queste 72 ore di violenza contro la comunità musulmana di Delhi nordest. Intere zone in preda alla ferocia di gruppi di estremisti hindu che saltano barricate della polizia, lanciano pietre e bombe incendiarie; un uomo che spara contro i manifestanti a pochi passi dagli agenti nel mezzo di una sassaiola.
In un video diventato virale un gruppo di uomini armati di mazze e bastoni attacca senza pietà un musulmano carponi a terra che sanguina dalla testa.
Moschea dissacrata da estremisti hindu ad Ashok Nagar
La situazione resta tesa nella parte nordorientale della città, dove il 25 febbraio le violenze sono continuate senza tregua da parte di bande armate di nazionalisti hindu, che hanno continuato a saccheggiare, vandalizzare e incendiare case e negozi di musulmani.
Una moschea è stata dissacrata e data alle fiamme ad Ashok Nagar, sempre nella zona nordest, da un gruppo di fondamentalisti che ha issato una bandiera di Hanuman (il dio-scimmia hindu) sulla moschea cantando «Jai Sri Ram» (Viva il Dio Ram).
Nei quartieri dove sono esplose le violenze sono state imposte misure restrittive e dispiegate le forze speciali, mentre la polizia ha ricevuto l’ordine di sparare a vista. Ma questo non ha fermato incendi e violenze.
E intanto si moltiplicano le espressioni di solidarietà intercomunitarie in sostegno delle zone della città trasformate in un campo di battaglia e dei residenti intrappolati in casa.
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I responsabili degli scontri
Il capo Dalit del Bhim Army, Chandrashekhar Azad, e l’ex commissario capo dell’informazione, Wajahat Habibullah, si sono rivolti alla Corte Suprema per una petizione contro Kapil Mishra, ritenendolo responsabile della violenza e di aver orchestrato un attacco premeditato contro i residenti e i musulmani nella parte nordorientale della capitale.
Anche Amnesty International ha esortato il primo ministro Narendra Modi a condannare inequivocabilmente i recenti discorsi di odio dei leader politici, chiedendo che fossero ritenuti responsabili delle violenze esplose in città.
L’attivista e scrittore Harsh Mander, in un tweet rivolto al premier Modi, al ministro dell’interno Amit Shah, al primo ministro di Delhi Arvind Kejriwal e al governatore di Delhi, scrive:
«Per favore ricordate che se non riuscirete a proteggere le vite oggi, sarete responsabili di un massacro su base settaria, una ripetizione del 1984 [i pogrom anti-Sikh in rappresaglia all’assassinio di Indira Gandhi da parte delle sue guardie del corpo]. La storia non vi perdonerà».
Il ricordo delle violenze settarie in India è una ferita aperta, sempre pronta a sanguinare. Su twitter, l’hashtag #DelhiRiots2020 è in testa ai trend in India.