Azerbaijan: gli osservatori denunciano «brogli» alle ultime elezioni

Il voto in Azerbaijan del 9 febbraio è contestato da vari osservatori internazionali inviati da Osce e Consiglio d'Europa. Si parla di brogli e mancanza di trasparenza, al punto da minare la credibilità del regime del presidente Ilham Aliyev

In Azerbaijan la corruzione ha distorto il voto del 9 febbraio per la nuova Assemblea Nazionale. Lo denunciano gli osservatori stranieri dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Osce), che parlano di brogli e assenza di oppositori al regime del presidente Ilham Aliyev.

Azerbaijan: la strategia di Aliyev nelle elezioni 2020

Il 5 dicembre 2019 diversi parlamentari azeri avevano chiesto al presidente Aliyev di sciogliere l’Assemblea Nazionale a causa dell’eccessiva corruzione interna che stava minando l’attività legislativa. Le riforme obbligatorie per uscire dalla crisi economica iniziata nel 2016, sostengono gli oppositori, non erano ancora attuate a causa di uno stallo decisionale dovuto a scelte poco trasparenti del Partito Nazionale dell’Azerbaijan (Yap), filopresidenziale.

Ilham Aliyev ha così deciso di chiudere l’Assemblea con 9 mesi di anticipo e aprire la fase elettorale, in contrasto con l’opposizione, che ha parlato di una mossa fatta con l’obiettivo di attuare un rimpasto dell’organo legislativo per aumentare la presenza di esponenti dello Yap.

Già nel 2018 il presidente aveva anticipato di quasi un anno le elezioni presidenziali per farsi confermare il terzo mandato. La strategia di spostare di diversi mesi la chiamata alle urne sembra essere una tecnica consolidata da parte di Aliyev, uno stile politico che ha portato il paese a ritrovarsi al 123esimo posto nella classifica mondiale di Transparency International dei paesi più corrotti.

La campagna elettorale ha visto l’assenza quasi totale di oppositori, una copertura mediatica ad appannaggio del partito di maggioranza e una forte censura delle liste dei candidati indipendenti.

«Nei giorni precedenti l’elezione ho incontrato alcuni giornalisti indipendenti, tutti hanno chiesto di non citarli nelle nostre interviste. È forte la paura di venire presi dalle autorità e smettere quindi di raccontare quello che succede nel paese», racconta Roberto Rampi, senatore del Partito Democratico e Segretario della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

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Foto: Roberto Rampi

Gli osservatori nazionali delle elezioni in Azerbaijan

Roberto Rampi ha seguito come osservatore la votazione, un ruolo complesso in un paese dove il rischio di brogli è alto. «Ho visto ampio uso della tecnologia nei seggi elettorali, come l’inchiostro trasparente sulle dita per evitare un doppio voto o delle telecamere giustificate come strumento per controllare eventuali illeciti. Il clima però era di chiusura da parte di alcuni presidenti di seggio», spiega il senatore.

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Circa 90 mila osservatori nazionali hanno seguito la giornata delle elezioni. Di questi, il 65% rappresentava la maggioranza dei candidati proposti dal Partito Nazionale dell’Azerbaijan del presidente. I candidati indipendenti, accettati dalla Commissione elettorale centrale dopo una lunga trafila burocratica, che ha fermato invece diversi esponenti dell’opposizione come Ilgar Mammadov, hanno potuto seguire la giornata elettorale solo in alcuni seggi, mentre il 4% degli osservatori è stato rappresentato da ong nazionali.

I rappresentanti dell’Osce e la delegazione per il Consiglio d’Europa hanno denunciato fin dai giorni precedenti la difficoltà di avere elezioni libere e hanno cercato di denunciare tramite social le procedure poco trasparenti.

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Elezioni in Azerbaijan il 9 febbraio 2020 – Foto: OSCE/Thomas Rymer (dettaglio)

Bassa affluenza e brogli, due modi di concepire il voto

Roberto Rampi ha visitato 9 seggi domenica 9 febbraio, vedendo le telecamere poste all’ingresso degli edifici. Gli è stato spiegato come siano state posizionate solo per accertarsi che i votanti non potessero tornare un’altra volta. Ma gli osservatori indipendenti, pochi e agguerriti, hanno parlato di una scarsa affluenza e obiettato al sistema di sorveglianza con videocamere.

«A metà pomeriggio aveva votato solo il 10% della popolazione. I sistemi di inchiostro invisibile e le telecamere sono diventati strumento per controllare chi votava e chi no. Questa tornata elettorale non ha visto i militari negli edifici, ma la sorveglianza era comunque altissima».

La popolazione infatti ha deciso di protestare contro questo voto anticipato boicottando il voto e cercando di organizzare manifestazioni. Ma malgrado i numeri scarsi alla fine della giornata, il conteggio ha confermato circa il 40% di affluenza.

«Verso l’ora di chiusura delle urne sono voluto tornare in un seggio che mi aveva convinto poco nella mia prima visita, avevo percepito un’aria strana. Infatti una volta chiuse le votazioni, il presidente del seggio ha sigillato la scatola con le schede e l’ha riposta in una stanza dicendo che sarebbero tornati dopo alcune ore. Quando ho chiesto il motivo, allarmato per questa evidente mancanza di trasparenza, il presidente mi è ha riposto che erano stanchi e dovevano andare a mangiare. Un’affermazione così cristallina data a un osservatore internazionale significa che è una normale procedura, un’effrazione dei diritti ormai diventata regola», racconta sempre Rampi. In quel seggio le opposizioni avevano certificato 160 votanti, mentre al conteggio delle schede dopo le due ore di assenza del presidente, i voti confermati sono stati 460. In un video, il partito di opposizione Real Party dice di mostrare come gli osservatori abbiano tentato di ostacolare la chiusura delle urne in stanze non controllate.

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Baku, capitale dell’Azerbaijan

La denuncia degli osservatori: le elezioni sono irregolari

Il giorno seguente una dura conferenza stampa tenuta dagli osservatori internazionali ha condannato la mancata trasparenza delle votazioni e la copertura mediatica dedicata quasi esclusivamente al partito presidenziale.

Artur Gerasymov, capo della missione Osce, ha rimarcato come i chiari brogli elettorali abbiano inficiato la portata di queste elezioni, minando la credibilità del regime. Frank Schwabe, capo della delegazione tedesca, ha confermato in diversi tweet come il paese abbia perso la possibilità di un vero cambiamento. Schwabe ha denunciato inoltre le pratiche di allontanamento fisico degli oppositori al regime, pubblicando una foto di Mehman Huseynov, giovane videomaker azero che non ha potuto consegnare la candidatura da indipendente e il giorno delle elezioni è stato preso dalla polizia e portato in mezzo al deserto ad alcune decine di chilometri da Baku.

Risultati delle elezioni in Azerbaijan

Oltre 1.300 candidati, circa il 60% di presenza dello stesso partito Yap e la difficoltà di pubblicizzare le proposte indipendenti hanno portato a una nuova Assemblea simile alla precedente.

La votazione ha riconfermato 80 parlamentari già presenti, tra i 125 operanti nella scorsa legislatura. Se le elezioni erano state richieste per abbassare la corruzione e dare visibilità ad altri partiti, l’attuale parlamento pare dunque riconfermare il Partito Nazionale dell’Azerbaijan come primo partito con una maggioranza schiacciante, grazie anche a un sistema elettorale uninominale.

Il presidente Aliyev, in un’intervista alla televisione di Stato, ha confermato come la volontà del popolo sia stata ascoltata e ora si possa rinforzare il suo operato.

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