Immigrazione in Italia: dal dumping sociale al reddito di cittadinanza
Abbiamo ricevuto tre domande da una lettrice del nostro libro "Immigrazione oltre i luoghi comuni". Ci siamo presi il tempo per raccogliere i dati e rispondere. Un dato di fondo resta intatto dall'uscita del libro ad oggi: i migranti sono capri espiatori. Non è l'immigrazione la causa del ribasso dei diritti. Al contrario, ne è conseguenza
Alla fine dello scorso anno abbiamo ricevuto tre domande da una lettrice di “Immigrazione oltre i luoghi comuni – Venti bufale smontate un pezzo alla volta. Per cominciare a parlarne sul serio“, il primo libro di Osservatorio Diritti. Ci ha chiesto di approfondire temi legati a welfare, case popolari e numero totale dei migranti irregolari. Ecco le nostre risposte.
Dati Istat e lavoro: l’effetto dell’immigrazione in Italia sul welfare
C’è un effetto di dumping salariale legato all’immigrazione? Nei lavori di bassa manovalanza (ad esempi cooperative edili e di servizi, operai, eccetera) c’è un livellamento verso il basso delle condizioni lavorative dovute ad immigrati che accettano condizioni peggiorative?
La risposta più semplice è no, non c’è una vera correlazione. Il “dumping salariale”, ovvero il ribasso complessivo delle paghe innescato dalla presenza di manodopera più a basso costo, in Italia non è dovuto alla presenza di immigrati, ma alla mancanza di tutele per i lavoratori e di politiche che incentivino l’impiego.
Gli stranieri, soprattutto se irregolari, sono evidentemente l’anello più debole della catena, perché senza alcun diritto e una condizione fuorilegge. Sono i più ricattabili, con diritti civili a rischio, perché senza lavoro non possono nemmeno sperare di regolarizzarsi. A questo si aggiunge una cultura del nero e dell’evasione fiscale che ha impedito finora di ottenere risultati concreti sull’evasione fiscale.
I numeri li ha forniti Andrea Granero, economista del Dipartimento lavoro e affari sociali dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) durante un’audizione alla Camera il 17 giugno: «Il 12 per cento dei lavoratori sono sottopagati, più nelle regioni del Sud che nel Nord del Paese». Si tratta di oltre 2,8 milioni di persone su un totale di 23,5 milioni (Partecipazione al mercato del lavoro, dati II trimestre 2018. fonte Istat).
Ricorda Pagella Politica che nello studio “Il cane che abbaia non morde: ottemperanza e coperture dei salarmi minimi di settore in Italia” (in inglese: The Dog That Barks Doesn’t Bite: Coverage and Compliance of Sectoral Minimum Wages in Italy) l’economista ha parlato di «un misto di forme irregolari – lavoro nero, straordinario non pagato, sotto-inquadramento o anche un semplice errore – e forme regolari o pararegolari, come [la scelta] di applicare il contratto più conveniente», che contribuiscono al peggioramento delle condizioni lavorative.
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Il caso-limite che può aiutare a comprendere la situazione italiana è quello dei braccianti agricoli, che nel 2018 contava 430 mila stranieri irregolari. Sono loro che vivono nei ghetti, che vengono pagati in nero, che diventano manodopera al soldo di un sistema del tutto criminale, quello del caporalato. Se domani sparissero tutti gli immigrati irregolari, non verrebbe comunque sanato il problema, perché ci sarebbe qualche nuova categoria di sfruttato.
Le ricette per evitare l’imbarbarimento delle condizioni del lavoro dipendono inevitabilmente dalla visione politica di chi le propone. Ciò che avrebbe un effetto in questo particolare settore, per esempio, è l’introduzione dei salari minimi e la sanzione di ogni datore di lavoro che non rispetta i minimi stabiliti dalle leggi e dai contratti minimi. La segretaria di Flai Cgil, Ivana Galli, nel 2019 ha parlato di una responsabilità soprattutto di alcune aziende che scelgono fornitori che non rispettano le regole.
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Immigrazione in Italia tra dati e percezione: il tema delle case popolari e del reddito di cittadinanza
In che percentuale l’accesso a servizi di edilizia popolare, nidi e mensa scolastica vede gli stranieri assegnatari di agevolazioni?
Del tema delle case popolari se ne è occupata nel 2019 sempre Pagella Politica, allo scopo di verificare un’affermazione della senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanché, secondo cui «se prendiamo gli ultimi dati, degli ultimi tre-quattro anni, vediamo che agli italiani sono assegnate le case intorno al 55%, essendo l’8% la popolazione extracomunitaria». L’affermazione è scorretta.
I dati di Federcasa aggiornati al 2016 indicano che su circa 1,4 milioni di cittadini presenti in oltre 644 mila alloggi popolari l’87,2% sono italiani, mentre gli stranieri sono il 12,8%. Si tratta quindi di circa 168 mila persone, che corrispondono a meno del 3,2% dei 5,255 milioni di immigrati (extracomunitari e non) residenti in Italia. A loro volta, gli stranieri compongono l’8,7% dei 60,5 milioni di italiani.
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Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, il portale del governo Integrazione migranti il 20 gennaio 2020 scrive che «solo il 6% dei beneficiari sono cittadini extraUe, il 3% sono cittadini di altri paesi Ue, l’1% sono cittadini extraUe familiari di cittadini Ue. Il restante 90% dei percettori sono cittadini italiani».
I dati sono estrapolati dall’Osservatorio statistico Inps sul Reddito di Cittadinanza del 7 gennaio. In pratica, su 1,1 milioni di domande accolte, circa 110 mila sono di famiglie straniere o con un componente straniero.
C’è un altro dato significativo: la nota Inps indica che il reddito di cittadinanza medio è di 537,11 euro mensili per un cittadino italiano, 514,16 per un cittadino europeo e di 460,20 per un extracomunitario in possesso di permesso di soggiorno dell’Unione europea. L’importo varia principalmente a seconda dei componenti della famiglia e può arrivare fino a un massimo di 625 euro mensili.
Per quanto riguarda le scuole, non ci sono agevolazioni specifiche per gli stranieri. Anzi. Nel caso degli asili nido, la giunta di Trieste, come riporta il sito del Tg Rai regionale del Friuli, ha imposto un tetto massimo del 30% di componenti stranieri per evitare delle “classi-ghetto”. Limitazioni analoghe erano state imposte anche in Veneto nel 2018.
Questo genere di politiche è solitamente giustificato come un modo per bilanciare la sproporzione di accessi di bambini stranieri rispetto agli italiani negli asili nido. Il fatto però non corrisponde al vero, a leggere l’analisi dell’associazione di ricercatori universitari esperti in demografia, immigrazione e welfare Neodemos. Michele Colucci, ricercatore del Cnr, scrive nel 2017 che nell’anno scolastico precedente, 2015-16, gli iscritti stranieri ai nidi romani erano 2.031 bambini su 19.626: il 10,3% del totale.
«Il problema dell’asilo nido a Roma non è in alcun modo riconducibile all’incremento della presenza straniera sul territorio, ma è da mettere in relazione alla necessità di estendere l’accesso al servizio pubblico, ancora incapace di soddisfare la domanda nonostante l’evidente calo demografico nei residenti con meno di tre anni di età», è la sua conclusione.
Il numero degli immigrati irregolari oggi in Italia
Non mi sono ben chiari i numeri stimati degli stranieri irregolari.
Il dato sugli stranieri irregolari è una stima e, di conseguenza, va sempre preso con una certa prudenza. Fondazione Ismu, Iniziative e studio sulla multietnicità, è l’organizzazione che probabilmente a livello europeo offre le cifre più credibili. L’ultima disponibile, datata dicembre 2018, risulta essere di 533 mila persone circa. Si tratta di persone in Italia prive di un permesso di soggiorno. L’elemento più significativo di questo dato è che in pratica il dato è stabile dal 2008.
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Ora però c’è un elemento ulteriore da tenere in considerazione: i decreti sicurezza dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, dei quali si discute proprio in questi giorni una possibile revisione. Il principale effetto dei decreti è stata l’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che una volta scaduto non potrà quindi più essere rinnovato. Secondo quando riferito dal viceministro Matteo Mauri (Pd), i migranti irregolari usciti dal sistema dell’accoglienza «solo negli ultimi mesi» sarebbero circa 32 mila. Andrebbero quindi ad aggiungersi agli irregolari “storici”.