Diritto al cibo: contadini e lavoratori agricoli sono quelli più a rischio

I lavoratori che producono la maggior parte di ciò che mangiamo sono anche quelli che corrono il pericolo maggiore di restare senza cibo. Otto poveri su dieci, infatti, vivono in campagna. Lo denuncia la relatrice speciale dell'Onu per il diritto all'alimentazione, Hilal Elver

L’80% dei poveri si trova in campagna. E il restante 20% è rappresentato da chi se n’è andato dalle zone rurali per insediarsi in città. «La povertà rurale è così estrema che molte persone sono costrette ad abbandonare le campagne per cercare lavoro in città». A denunciarlo in questa intervista a Osservatorio Diritti è Hilal Elver, relatrice speciale per il diritto al cibo delle Nazioni Unite.

Lo scorso dicembre ricorreva il primo anniversario dell’approvazione della Dichiarazione dei diritti dei contadini e delle persone che lavorano nelle aree rurali. Per l’occasione i relatori speciali hanno diffuso una dichiarazione congiunta a sostegno della sua implementazione. Al momento della sua approvazione, infatti, non tutti i paesi l’hanno sostenuta. Hanno votato no: Australia, Ungheria, Israele, Nuova Zelanda, Svezia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Molti stati europei si sono astenuti.

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Hilal Elver – Foto: Heinrich Böll Stiftung Derneği (via Flickr)

La Dichiarazione dei diritti dei contadini era necessaria?

Alcuni paesi non hanno supportato questa dichiarazione, ma anche la dichiarazione per i diritti dei popoli indigeni inizialmente non venne considerata e oggi la conoscono tutti. Ci vorrà del tempo perché diventi visibile e conosciuta. Credo sia molto importante per la società civile. Non lo sarà, invece, per gli stati: i governi non la promuoveranno.

È un ottimo strumento per far arrivare a tutti la conoscenza dei diritti, che devono essere rivendicati presso i governi. Sarà utile per sostenere le azioni della società civile, certamente.

Chi vive in aree rurali è vulnerabile in tema di diritto al cibo…

Esattamente. Quando si guardano i dati relativi alla povertà, l’80% si trova nelle aree rurali. Il restante 20% si registra tra le persone che provengono dalle zone rurali e si installano nelle periferie delle città. La povertà rurale è così estrema che molte persone sono costrette ad abbandonare le campagne per cercare lavoro in città.

Se ci fossero davvero politiche a sostegno di queste aree le persone non abbandonerebbero le loro case. Al tempo stesso non bisogna dimenticare che i più poveri sono anche produttori di cibo. L’80% del cibo che consumiamo viene proprio dalle campagne, da queste persone.

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I lavoratori rurali nel mondo sono stati oggetto di un suo rapporto speciale nel 2018.

I lavoratori delle campagne fanno l’80% del lavoro per garantirci il cibo che mangiamo tutti i giorni, ma sono tra i più poveri. Sono 1,3 miliardi nel mondo, molti dei quali sotto il livello d’estrema povertà. Questo è ingiusto! È un problema molto serio.

Lei è relatrice Onu per il diritto al cibo: perché ha deciso di occuparsi di contadini?

Altri relatori speciali mi hanno fatto notare che questa analisi andava oltre il mio mandato. Ma no, sono convinta che non vada oltre il mio mandato. Quando si parla di diritto di accesso al cibo queste persone sono gli attori principali. Credo sia estremamente importante che conoscano i loro diritti. Spesso lavorano al di là dell’economia formale, non hanno contratti, non conoscono i loro diritti.

In Italia, per esempio, non sempre sono migranti, possono essere anche cittadini italiani. I sindacati non hanno abbastanza forza e molti di questi cittadini non si rivolgono alle organizzazioni sindacali. In questi contesti le donne sono spesso vittime di abusi sessuali. La situazione è molto seria.

Adesso l’Europa sta preparando la nuova politica agricola comune (Pac), dopo il 2020. Al tempo stesso si moltiplicano movimenti e manifestazioni che chiedono un cambiamento del sistema agricolo e alimentare europeo. Ipes Food, un panel internazionale di esperti di sistemi alimentari, nel 2019 lanciò l’idea di una politica alimentare comune in grado di affrontare il cambiamento del clima, di fermare la perdita di biodiversità, frenare l’obesità e di garantire l’accesso alla terra agricola per le future generazioni.

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Con la Pac post 2020 l’Europa dovrebbe cambiare rotta?

La politica agricola comune è un concetto vecchio. Esiste da circa 60 anni. In primo luogo, la società civile dovrebbe essere davvero inclusa nei negoziati, in ogni passaggio. Seriamente, non come fosse una vetrina a cui invitare solo ong vicine al potere, senza guardare alle persone reali che fanno tutto il lavoro. Dicono di aver aperto la decisione anche alla società civile, ma non credo sia davvero così.

In Europa non ci sono problemi di scarsità di cibo, ma esistono problemi di povertà causati dalle politiche di austerità. In Inghilterra sono 40 milioni le persone che non hanno accesso sicuro al cibo, in Italia sono 6 milioni, lo stesso vale per Spagna, Grecia e Portogallo. Quindi c’è qualcosa di molto sbagliato qui. La politica agricola deve essere connessa alla sicurezza sociale delle persone. Qual è lo scopo di avere grandi quantità di cibo, da esportare in altri paesi, se ci sono persone che non possono permettersi di accedere al cibo nel paese stesso? Non ha senso! Quindi si deve ripensare la Pac, assolutamente.

La nostra dieta è legata al modello agricolo adottato finora. È tempo di cambiare anche quella?

Assolutamente, non ho dubbi a riguardo. Non sto dicendo zero carne, ma meno carne. Più frutta e verdura. Non solo per contrastare il cambiamento climatico, per evitare la distruzione degli ambienti naturali, per non incorrere in problemi di salute e in malattie legate alla nostra alimentazione come l’obesità, ma anche per smettere di comprare il cibo spazzatura che ci propongono i supermercati, che hanno distrutto il sistema alimentare.

Ci hanno disconnesso dal processo che porta il cibo ad arrivare nel piatto. Se si chiede ai bambini dove si raccolgono le carote, possono anche rispondere: dagli alberi! È necessario riconnetterci al cibo, una volta non lo era, oggi sì. Cambiare dieta è veramente importante.

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