Venezuela: la crisi spinge 2 milioni di persone in Colombia

La situazione al confine tra Venezuela e Colombia sta precipitando. Decine di migliaia di cittadini ogni giorno attraversano la frontiera. Aumentano i problemi di malnutrizione, così come quelli di regolarizzazione dei migranti. Ecco cosa sta accadendo

Da Cúcuta, frontiera tra Venezuela e Colombia

Secondo gli ultimi dati dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), la migrazione dal Venezuela supererà nel 2020 i 5 milioni di persone. Un esodo che nel mondo è secondo solo ai 7 milioni dalla Siria che hanno fino ad oggi abbandonato il proprio paese a causa della guerra civile. Una situazione senza precedenti per il paese sudamericano, ma anche una nuova sfida per i paesi limitrofi che dovranno accogliere e gestire lo spostamento di milioni di persone.

Nella vicina Colombia sono già più di 1,5 milioni le persone che hanno cercato rifugio dalla crisi economica e istituzionale e secondo l’Unhcr supereranno a breve i 2 milioni. Una moltitudine difficile da gestire per un paese poco abituato all’accoglienza dei migranti. Con una situazione già pesantemente colpita da oltre mezzo secolo di conflitto interno.

La crisi migratoria al confine tra Venezuela e Colombia

La principale frontiera è quello della città di Cúcuta. Qui, secondo i dati di Migración Colombia, sono in media 35.000 le persone che passano quotidianamente. Chi per una migrazione che li porterà ad attraversare a piedi le montagne del Paramo de Berlin, sulla strada per Bogotà. Chi per comprare beni di prima necessità o lavorare dalla parte colombiana per ritornare prima di sera in Venezuela.

Le condizioni sanitarie dei migranti sono sempre peggiori. Secondo Giancarlo Andrade, coordinatore della Casa de paso Divina Providencia, che lavora in collaborazione con Unhcr e Usaid e che distribuisce oltre 5.000 pasti al giorno, intervistato da Osservatorio Diritti a Cúcuta, «la situazione sta rapidamente degenerando, sono sempre più frequenti i casi di malnutrizione, malattie e infezioni mal curate. Donne incinte, bambini e anziani necessitano assistenza. La maggior parte dei migranti non ha accesso alle informazioni basiche fondamentali per poter aver accesso ai propri diritti».

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Il ponte internazionale di Cúcuta – Foto: @ Samuel Bregolin

Venezuela-Colombia: il riconoscimento di Guaidò e la crisi diplomatica

La prima reazione della Colombia è stata quella di gestire questo flusso come un’emergenza umanitaria. A partire dal 2016 sono stati creati i Pep, i Permisos Especiales de Permanencias, i permessi speciali di permanenza, dei permessi di residenza a breve termine che garantiscono i diritti dei cittadini venezuelani anche dopo la scadenza del proprio passaporto.

Le relazioni diplomatiche tra Colombia e Venezuela si sono interrotte con la crisi degli aiuti umanitari a Cúcuta nel 2019. Dopodiché la Colombia ha riconosciuto Juan Guaidò come presidente legittimo del Venezuela. In quell’occasione il governo bolivariano ha chiuso la propria ambasciata a Bogotà, lasciando milioni di migranti nell’impossibilità di rinnovare i propri documenti o avere un supporto diplomatico e istituzionale.

I Pep creati dalla Colombia permettono ai cittadini venezuelani di lavorare, avere un piano di salute pubblica e iscrivere i bambini a scuola. Un permesso temporaneo, valido 90 giorni e rinnovabile fino a 2 anni, ma che garantisce i diritti basici di migliaia di persone in condizione di vulnerabilità economica.

Nessun diritto per venezuelani fuggiti senza documenti

Non tutti, però, hanno accesso a questo tipo di documento, perché se le cifre ufficiali dell’Unhcr parlano di 2 milioni di persone, va detto che molti migranti venezuelani non hanno un passaporto o una carta d’identità valida ed entrano nel paese in maniera irregolare, attraverso le cosiddette trochas. Sentieri illegali che attraversano la frontiera tra i due paesi e che sono spesso utilizzati anche da contrabbandieri e narcotrafficanti.

Le trochas sono sentieri pericolosi dove, secondo la testimonianza di alcuni residenti della città frontaliera di Cúcuta intervistati di Osservatorio Diritti, non è raro sentire tra la boscaglia e la vegetazione che ricopre le due sponde del fiume Tachira spari e scontri a fuoco tra gruppi armati illegali. Sono numerose anche le testimonianze di stupri, violenze e furti che avvengono in questi sentieri illegali.

Chi non riesce ad ottenere uno status migratorio legale, quindi, si ritrova senza alcuna tutela. Restano solo le strutture d’accoglienza e primo soccorso messe in opera dalla cooperazione internazionale lungo le principali rotte migratorie. Tra i migranti senza documenti, molti finiscono assoldati da gruppi armati illegali dediti al contrabbando o vittime del traffico di persone e della prostituzione. In assenza di dati ufficiali è difficile stabilire la reale dimensione del fenomeno.

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Un venezuelano attraversa la frontiera con la Colombia a Cúcuta – Foto: @ Samuel Bregolin

Notizie sulla situazione alla frontiera con il Venezuela

La comunità transfrontaliera colombo-venezuelana rappresenta più di 4 milioni di persone che, di maniera più o meno diretta e quotidiana, vivono dei commerci tra i due paesi. Sono scambi commerciali esistenti da prima della crisi migratoria venezuelana.

Varie comunità indigene autoctone, inoltre, vivono a cavallo della frontiera. Una situazione che trova origine dai trattati commerciali firmati dai due paesi ai tempi dell’indipendenza e alla profonda interdipendenza economica tra Colombia e Venezuela.

Sono quindi migliaia le persone che attraversano quotidianamente il confine. In totale, la Colombia ha emesso dal 2015 a oggi quasi 4 milioni di Tarjetas de Movilidad Fronteriza, la carta di mobilità frontaliera per chi desidera entrare in Colombia solo per comprare beni di prima necessità e ritornare il giorno stesso in Venezuela.

Inoltre, lungo i 2.219 chilometri di frontiera tra i due paesi esistono numerosi scambi ed economie illegali. In queste condizioni è difficile stabilire con precisione quanti migranti attraversino la frontiera e quale sia il loro effettivo percorso e la loro destinazione.

Oltre l’oggi: servono progetti a lungo termine

L’accoglienza di 2 milioni di persone è stata in gran parte garantita da varie organizzazioni internazionali, quali la Comunità europea e la Croce Rossa. E un ruolo importante è rivestito dagli aiuti economici di Usaid, la cooperazione internazionale statunitense.

Secondo Ginna Morelo, giornalista colombiana esperta di immigrazione, intervistata da Osservatorio Diritti a Bogotá, «la situazione di crisi umanitaria è superata e rappresenta solo la prima fase della migrazione venezuelana in Colombia. Ora è sempre più chiaro che, anche se dovesse esserci rapidamente un cambio politico in Venezuela, molte di queste persone rimarranno in Colombia. Perché la situazione economica non cambierà tanto rapidamente e perché molti hanno ormai iniziato un percorso di residenza, vita e lavoro qui in Colombia. Pensare alla gestione di milioni di migranti sul lungo termine però ci obbliga anche a pensarci come una società includente, con politiche pubbliche sull’educazione, la salute e le pari opportunità. Una discussione collettiva che in Colombia, anche a causa di mezzo secolo di conflitto armato interno, non è mai stata fatta».

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Il ponte internazionale Santander di Cúcuta – Foto: @ Samuel Bregolin

Dal Venezuela verso Ecuador, Perù, Cile e Argentina

Resta ancora da chiarire quale status otterranno i nuovi arrivati. Secondo l’Unhcr, queste persone fuggono da un sistema politico dittatoriale e hanno diritto allo status di rifugiati, mentre secondo l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, scappano da una difficile situazione economica.

Il governo colombiano, nei vari punti informativi dedicati all’accoglienza dei migranti, pubblicizza soprattutto Pep e Tmr, i permessi di soggiorno temporari. Gli stessi venezuelani, d’altra parte, sembrano preferire il semplice permesso temporaneo di transito, Permiso Temporal de Transito (Ptt), in quanto molti desiderano continuare verso Ecuador, Perù, Cile o Argentina.

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