Difensori dei diritti umani: nessuna protezione per loro in America Latina
Nel 2019 oltre 300 difensori dei diritti umani sono stati uccisi nel mondo. Di questi, due su tre sono stati ammazzati in America Latina. La Colombia continua a guidare questa drammatica classifica, mentre l'Honduras spicca per un'impennata degli assassinii, quadruplicati in un solo anno. Lo rivela il report annuale di Front Line Defenders
L’anno scorso 304 difensori dei diritti umani sono stati uccisi (321 nel 2018) in 31 paesi per via del loro lavoro, secondo i dati raccolti dalla fondazione irlandese Front Line Defenders (The International Foundation for the Protection of Human Rights Defenders, Fdl). L’Analisi globale sullo stato dei difensori dei diritti umani a rischio, presentata il 13 gennaio a Dublino, descrive nei dettagli gli attacchi fisici, le campagne di diffamazione, le minacce alla sicurezza digitale, le molestie giudiziarie e gli attacchi di genere subiti da difensori dei diritti umani in tutto il mondo.
Senza protezione: i difensori dei diritti umani uccisi erano già stati minacciati
Fra i casi in cui Front Line Defenders ha potuto ottenere più informazioni, risulta che l’85% era stato precedentemente minacciato, individualmente o come parte della comunità in cui lavorava. Il 75% aveva ricevuto attacchi precedenti contro se stesso o era successo ad altri colleghi difensori. Il 13% erano donne e il 40% erano impegnati nella difesa della terra, dei popoli indigeni o dell’ambiente.
L’America Latina ha visto la maggior parte degli omicidi (208), con la Colombia al primo posto per il terzo anno di fila (106 vittime), seguita da Filippine (43), Honduras (31), Brasile (23) e Messico (23).
Le uccisioni sono aumentate di quattro volte in Honduras nel 2019 rispetto al 2018, mentre sono diminuite in Guatemala e Messico.
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La lotta per i diritti umani va in piazza
Ma il 2019 è stato anche caratterizzato da ondate di rivolte pubbliche di notevole entità in varie regioni del mondo, mosse dall’esigenza di un cambiamento a livello governativo. Alle proteste le forze di sicurezza hanno risposto con l’uso, in alcuni casi letale, della forza. In queste circostanze, il ruolo svolto dei difensori dei diritti umani è andato dall’organizzazione e mobilitazione al monitoraggio e alla documentazione delle violazioni dei diritti, fino all’assistenza a coloro che erano stati feriti o arrestati.
Guardando all’anno appena concluso, Andrew Anderson, direttore esecutivo di Front Line Defenders, ha osservato:
«Nel 2019 abbiamo visto i difensori dei diritti umani letteralmente in prima linea per difendere e far avanzare i diritti a Hong Kong, in Cile, Iraq, Algeria, Zimbabwe, Spagna. E, nonostante la repressione, continuano ad avanzare visioni delle loro società e del mondo che fanno vergognare non solo i propri governi e leader, ma anche la comunità internazionale».
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Difendere i diritti umani: gli attacchi alle donne
Più ancora che negli anni passati, le donne difensore hanno pagato il prezzo del loro impegno sociale. Come Lujain Al-Hathloul e Samar Badawi, che hanno guidato la lotta per il diritto di guidare e per porre fine al sistema di tutela patriarcale e che rimangono in carcere nonostante i cambiamenti senza precedenti in Arabia Saudita.
In Iran, Nasrin Soutoudeh è stata condannata a marzo a 33 anni di carcere e 148 frustate, la pena più dura ricevuta da un difensore nel 2019. E, mentre la denuncia di violenze sessuali e molestie rimane bassa per una serie di motivi, il programma di sovvenzioni di Front Line Defenders ha sostenuto un numero senza precedenti di persone che hanno subito tali violazioni.
«Le minacce e gli attacchi alle donne che difendono i diritti umani assumono dimensioni specifiche per via del loro genere e spesso implicano minacce e violenze sessuali», ha dichiarato il vice-capo di Front Line Defenders per la protezione, Meerim Ilyas, durante il lancio del report. «Le donne vengono punite per il loro lavoro pubblico in modo che le loro vite private vengano attaccate e il loro ruolo di madri, mogli e partner messo in discussione».
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Difensori dei diritti dei migranti
L’analisi documenta anche come i difensori che hanno lavorato per supportare e proteggere i migranti siano stati presi di mira mentre i governi di tutto il mondo continuano a faticare ad affrontare i flussi migratori.
I difensori dei diritti dei migranti negli Stati Uniti sono stati portati in tribunale per aver fornito aiuti umanitari alle persone che stavano attraversando il deserto di Sonora, mentre quelli che hanno salvato vite umane nel Mediterraneo sono state criminalizzati e minacciati da gruppi nazionalisti di destra.
Per esempio, l’operatore subacqueo irlandese addestrato per la ricerca e soccorritore marittimo Seán Binder si è offerto volontario come coordinatore delle operazioni di salvataggio civile in Grecia. Di conseguenza, è stato arrestato e accusato di riciclaggio di denaro, spionaggio e assistenza alle reti di trafficanti illegali.
Difensori dei diritti umani vittime di spionaggio
Oltre agli attacchi fisici e alla legislazione restrittiva, le autorità hanno messo in atto varie misure per ostacolare il lavoro dei difensori online. È quello che è successo con la chiusura di Internet, la limitazione dell’accesso o il blocco di alcuni strumenti di comunicazione come i social media e la messaggistica istantanea durante le proteste di quest’anno.
In diversi casi, WhatsApp è diventato letteralmente un’arma contro i diritti umani. Ad alcuni difensori tibetani sono stati inviati messaggi che pretendevano di provenire da ong o giornalisti e di fatto consentivano l’installazione di spyware sui loro telefoni. In un altro caso, il software Pegasus creato dal gruppo tecnologico israeliano Nso è stato implicato in un attacco ai difensori marocchini.
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Spiragli di speranza
Nonostante il difficile contesto in cui hanno lavorato i difensori dei diritti durante l’anno passato, secondo il report ci sono stati alcuni cambiamenti sociali positivi.
I gruppi femministi messicani, per esempio, hanno celebrato la legalizzazione dell’aborto nello stato di Oaxaca: il primo dopo Città del Messico ben 12 anni fa.
Il parlamento giordano ha ritirato a febbraio il disegno di legge sulla criminalità informatica (che avrebbe limitato la libertà di parola e il diritto alla privacy), in seguito anche all’enorme pressione esercitata da attivisti per i diritti umani e organizzazioni della società civile.
I difensori dei diritti Lbgt hanno avuto successo nell’ottenere visibilità e sostegno pubblico, anche all’interno di gruppi più tradizionali. Gli eventi organizzati hanno attirato molti sostenitori e hanno ricevuto una copertura mediatica sostanziale, nonostante la cosiddetta “propaganda dell’omosessualità” resti proibita in alcuni contesti.