Colombia, violenza di Stato: sotto accusa il reparto antisommossa
Gli squadroni mobili antisommossa della polizia della Colombia sono accusati di aver represso con violenza le proteste. Negli ultimi 20 anni questa unità avrebbe ucciso 34 persone. Ecco cosa è successo e qual è la situazione oggi
Da Bogotà, Colombia
Dilan Cruz è stato colpito in testa da un’arma definita a “bassa legalità” ed è morto dopo due giorni, il 25 novembre. Il giovane, appena 18enne, è la vittima più recente dei metodi repressivi degli Escuadrones Móviles Antidisturbios de la Policía Nacional (Esmad), l’unità di controllo antisommossa della polizia della Colombia.
Questo reparto fu creato nel 1999, nell’ambito del famoso Plan Colombia voluto dall’allora amministrazione statunitense di Bill Clinton. Se l’Esmad contava allora 350 unità e un finanziamento annuo di circa 3 milioni di euro, oggi sono ben 3.876 gli agenti operativi, con un finanziamento di 14 milioni di euro.
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Riforme neoliberali spingono la disuguaglianza
Le manifestazioni a Bogotà e in tutta la Colombia sono cominciate il 21 novembre. La prima spinta l’hanno data gli studenti, a cui si sono poi aggiunti i principali sindacati dei lavoratori, movimenti per i popoli indigeni, afrodiscendenti e per i diritti delle donne.
Al centro della contestazione il Paquetazo, una serie di riforme neoliberali, che renderanno ulteriormente vulnerabile e priva di protezioni sociali la parte povera della popolazione colombiana.
Colombia pericolosa: popolazione in panico per il coprifuoco
Da allora si alternano giornate pacifiche, con marce all’insegna della pace con musica e danza, a scontri violenti con la polizia, l’esercito e l’Esmad. Tra le misure più importanti il coprifuoco totale decretato per tutto il territorio della capitale nella notte tra il 22 e il 23 di novembre.
Una misura che non veniva applicata in maniera integrale dagli anni ’70 e che ha seminato il panico tra la popolazione, con voci di saccheggi e inesistenti gruppi violenti che si sono sparse via internet.
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Violenza in Colombia: la repressione arriva dall’alto
Jennifer Pedraza, portavoce del movimento studentesco della Universidad Nacional, intervistata a Bogotà da Osservatorio Diritti, ha detto:
«Quello che è successo con Dilan non è un atto isolato, è evidente l’intenzione del governo di reprimere il diritto costituzionale alla protesta. Chiaramente qualcuno ha dato all’Esmad l’ordine di sparare. Il governo non vuole riconoscere il Comité Nacional, scelto come interlocutore unico dai vari collettivi e sindacati che si sono uniti allo sciopero».
Nel corso delle ultime settimane, vari video diffusi sui social network hanno dimostrato le violenze eccessive dell’Esmad, sono numerose le testimonianze di giovani e manifestanti che confessano di essere stati picchiati, quando non chiaramente torturati. I portavoce della Policia Nacional negano l’uso eccessivo della forza e continuano a dichiarare che la morte di Dilan è stata frutto di un errore esecutivo.
Conflitto armato in territorio colombiano
La grande differenza tra la Colombia e gli altri paesi dove operano unità di controllo antisommossa simili all’Esmad è la serie di lunghi conflitti interni tra lo Stato, i gruppi guerriglieri e i narcotrafficanti. La Colombia è un paese che è stato in guerra civile per più di cinque decenni e l’azione delle sue forze dell’ordine parte dall’idea che nel paese esista un “nemico interno” da eliminare.
Secondo il Movimiento Nacional de victimas del Estado (Movice), l’unità di controllo antisommossa della polizia si è convertita in uno strumento di repressione. Le violenze che caratterizzano le sue azioni sono state denunciate da varie ong che si occupano di diritti umani e supportate da prove, testimoni e video diffusi sulle reti sociali.
Le manifestazioni sono represse in maniera arbitraria, le persone vengono colpite, arrestate, sottomesse ad azioni crudeli e degradanti. Alcuni giovani hanno perso uno dei due occhi a causa dei proiettili di gomma sparati dall’Esmad ad altezza uomo e a distanza ravvicinata. Negli ultimi anni sono decine le persone che hanno dovuto sottoporsi a chirurgia per recuperare la vista.
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L’avvocatessa Isabel Fajardo, denuncia pubblicamente l’uso eccessivo della forza, anche contro i rappresentanti delle ong per i diritti umani , i giornalisti e i fotografi. E afferma che la perdita dell’occhio è una chiara strategia repressiva dello Stato.
Non è supportato da alcuna prova, invece, oltre alla testimonianza dei protagonisti, il sequestro avvenuto durante le recenti manifestazioni di alcune decine di manifestanti. Caricati e ammassati in tre furgoni dell’Esmad, per varie ore sono stati trasportati in giro per la città, obbligati a urinare dentro a bottigliette di plastica e vittime di gas lacrimogeni che venivano lanciati all’interno dei furgoni stessi.
Problemi che vengono da lontano: dal ’99 uccise 34 persone
Il coraggioso rapporto fatto dalla ong Temblores (“tremori”), ricostruisce la morte di 34 persone, a causa delle azioni violente dell’Esmad, dal 1999 ad oggi. Secondo l’organizzazione, questo lavoro di due anni pubblicato in occasione della morte di Dilan Cruz non ha ricevuto il minimo aiuto o sostegno da parte delle istituzioni dello Stato. Non esiste infatti alcun registro pubblico in cui lo stato colombiano dia una spiegazione sui 34 morti registrati dalla ong, che ha lavorato ricostruendo i fatti assieme ai protagonisti e analizzando gli archivi della stampa locale e dei social network.
Mauricio Canton nel 2000 fu la prima vittima di questa unità antisommossa. Durante lo sgombero del quartiere malfamato de El Cartucho fu colpito alla testa dallo stesso tipo di munizione che ha recentemente ucciso Dilan Cruz.
Nel 2001, lo studente Carlos Blanco fu ucciso durante una manifestazione pacifica contro la guerra in Afghanistan. Asfissiato dai gas lacrimogeni, ricevette poi in testa una granata stordente e senza coscienza al suolo è stato ripetutamente colpito con calci e pugni dagli agenti del Esmad. Carlos è morto sul posto.
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Tra le 34 vittime della violenza repressiva dell’unità antisommossa, molte sono avvenute nel 2005 e nel 2006, quando la Colombia stava firmando gli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti e aumentarono le manifestazioni di protesta.
La maggior parte dei morti sono contadini, indigeni o studenti tra i 18 e i 35 anni. Ma esiste anche il caso di due bambine di 7 anni asfissiate dai gas lacrimogeni. L’uso eccessivo dei gas ha provocato anche l’infarto e la morte di alcune persone anziane.
Secondo la Rete popolare di diritti umani di Bogotà, l’Esmad utilizza anche armi e munizioni illegali fabbricate artigianalmente. Le armi in dotazione, che dovrebbero essere sparate a parabola in modo da non colpire direttamente nessun manifestante, non vengono utilizzate secondo il protocollo, ma sparate ad altezza uomo. Colpendo direttamente e a distanza ravvicinata cittadini che esprimono il legittimo e costituzionale diritto alla protesta pacifica.