India, proteste e scontri sulla legge anti-musulmani: 6 morti, centinaia di feriti
La nuova norma sulla cittadinanza voluta dal governo di Narendra Modi che discrimina i musulmani viene contestata dalla capitale Nuova Delhi fino alle periferie dell'India. La polizia è intervenuta con violenza, causando già la morte di 6 persone e centinaia di feriti. Ecco cosa sta succedendo
La tensione continua a salire in India, mentre le proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza (Cab) si sono diffuse da nord a sud, nonostante la brutale repressione delle forze dell’ordine. Il movimento unisce ormai milioni di persone in tutto il Paese. Non solo musulmani e studenti, ma chiunque creda ancora in un’India inclusiva, contro la discriminazione, in cui ci sia posto per tutte le minoranze.
India: perché sono scoppiate le proteste
La camera alta del Parlamento Indiano ha ratificato lo scorso 11 dicembre un emendamento che garantisce il diritto alla cittadinanza ai rifugiati e agli immigrati irregolari provenienti da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh (tutti paesi a maggioranza musulmana) arrivati in India entro dicembre 2014. Ma non a quelli di quelli di fede musulmana.
La legge ha suscitato animate proteste soprattutto negli stati del Nordest, alle quali le forze dell’ordine hanno reagito con violenza caricando i manifestanti con lacrimogeni, idranti e sparando sulla folla: 6 manifestanti sono stati uccisi dalla polizia a Guwahati, in Assam, dove la situazione resta molto tesa. Internet è stato sospeso nelle zone dove gli scontri sono stati più violenti e funziona singhiozzo: Assam, Uttar Pradesh, Bengala Occidentale. Nella mattina di ieri disordini sono esplosi anche nella zona est di Delhi, nel quartiere di Seelampur.
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Dalla capitale Nuova Delhi ad Aligarh: la proteste nelle università e la violenza della polizia
Dopo giorni di proteste pacifiche, il 15 dicembre scorso la polizia ha fatto irruzione nel campus dell’Università Jamia Millia Islamia di Nuova Delhi caricando i manifestanti con lacrimogeni e malmenando gli studenti con lathi, i bastoni di bambù usati dalle forze dell’ordine. Sono centinaia i feriti e decine le persone fermate.
In questi giorni sono circolati diversi video e foto sui social media che testimoniano la brutalità e la violenza sproporzionata usata dalle forze dell’ordine contro le proteste pacifiche degli studenti nell’università. In un filmato, per esempio, si vede un poliziotto cospargere i sedili di un pullman di un liquido: la responsabilità dell’incendio del veicolo è stata poi addossata agli studenti, che negano ogni coinvolgimento nelle violenze e sostengono di essersi solo difesi dalle cariche.
Manifestazioni pacifiche si sono tenute anche sotto il quartier generale della polizia nella capitale e sotto l’India Gate, monumento simbolo della città, dove i cittadini hanno letto il preambolo della costituzione e chiesto risposte alla violenza della polizia contro studenti e studentesse inermi.
Lo stesso copione si è ripetuto all’Università Islamica di Aligarh, in Uttar Pradesh, dove polizia e paramilitari hanno caricato i manifestanti e picchiato i giovani.
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Rivolta pacifica in tutte le città dell’India: i campus scendono in piazza
Queste violenze hanno innescato proteste a sostegno degli studenti in tutto il paese. I campus universitari di tutta l’India – Bombay, Ahmedabad, Bangalore, Delhi, Kolkata, Varanasi, Lucknow, Patna, Chennai, Kochi e nel Nordest – si sono uniti in una protesta pacifica a sostegno dei manifestanti delle università di Nuova Delhi e di Aligarh. Il portavoce della polizia di Delhi ha sostenuto che tutto si è svolto in maniera regolare: non ci sono stati spari, violenza, né vittime.
Intanto è stata avviata un’indagine interna per accertare la dinamica dei fatti e le responsabilità delle parti. La leader del partito del Congresso Indiano, il maggiore partito all’opposizione, Priyanka Gandhi, si è unita alle proteste nella capitale. E ha dichiarato:
«Il governo ha inferto un colpo alla Costituzione. È un attacco all’anima della nazione, i giovani sono l’anima della nazione. Hanno il diritto di protestare. Anch’io sono una madre. Questa è tirannia».
La nuova legge accusata di violare la Costituzione indiana: discrimina la religione musulmana
Fortemente sostenuto dalla destra hinduista del primo ministro Narendra Modi e dal suo braccio destro, il ministro degli Interni Amit Shah, l’emendamento alla legge sulla cittadinanza è da molti considerato un attacco frontale alla natura secolare della costituzione indiana e al principio di eguaglianza in essa sancito, in quanto discrimina apertamente la minoranza musulmana, che in India conta 200 milioni di persone.
La nuova legge permetterebbe ai rifugiati e ai migranti irregolari di fede hindu, sikh, cristiana, buddista e jainista, che sono in India da almeno 5 anni, di poter accedere alle procedure per la richiesta della cittadinanza.
Rendendo l’appartenenza religiosa un requisito per la naturalizzazione, secondo i detrattori del governo, la legge si pone in chiara violazione degli articoli 14 e 15 della costituzione indiana che sanciscono l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e vietano la discriminazione su base religiosa, di casta o di genere. La Corte Suprema valuterà le petizioni sull’incostituzionalità della legge.
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Popolazione musulmana a rischio esclusione
Per capire l’impatto del progetto di emendamento alla legge sulla cittadinanza (Cab), va associato a un altro disegno di legge, il Registro nazionale dei cittadini (Nrc) caro alla destra hindu del Bharatiya Janata Party (Bjp).
Questo è già stato testato nello stato indiano dell’Assam, dove l’aggiornamento della lista, pensato per stanare gli immigrati irregolari dal vicino Bangladesh, si è concluso con l’esclusione di quasi 2 milioni di persone. In Assam si voleva correggere le storture e gli errori del registro nazionale, che aveva lasciato fuori anche molti non musulmani e cittadini “autentici” che semplicemente, come spesso accade, non avevano i documenti per provare il contrario.
Il progetto di estendere questo iter a tutta l’India, combinato con l’emendamento della legge sulla cittadinanza, va inteso in questo senso: due strumenti complementari che permetterebbero ai non musulmani esclusi dal censimento di massa di poter comunque fare richiesta per la cittadinanza. Non è ancora chiaro che cosa succederà alle persone escluse: si parla di detenzione, come in Assam, o di rimpatrio.
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Legge cittadinanza: India criticata a livello internazionale
Il progetto, di impronta spiccatamente settaria, è stato fortemente criticato anche dalle Nazioni Unite, Human Rights Watch, Amnesty International e altre organizzazioni internazionali. Accademici e studiosi di tutto il mondo hanno espresso solidarietà agli studenti indiani contro la brutale repressione delle forze dell’ordine.
Giornalisti e analisti hanno criticato il progetto come un ulteriore passo verso la trasformazione del paese in uno stato maggioritario in cui le minoranze sono trattate come cittadini di seconda classe, come dimostrano la retorica anti-musulmana portata avanti dal Bjp e gli ultimi passi compiuti in questo senso: la revoca dell’autonomia al Kashmir da parte dell’India, il registro nazionale in Assam, la sentenza di Ayodhya.
E mentre il premier Modi ha assicurato che la nuova legge non avrà conseguenze per nessun indiano di nessuna religione, l’affondo del governo all’anima secolare e plurale dell’India – un paese non laico, ma nel quale tutte le religioni hanno uguale peso davanti alla legge – ha ricevuto una forte risposta dalla popolazione, scesa in strada per opporsi alla deriva autoritaria e maggioritaria.