Kurdistan iracheno: bambini allo sbando in campi profughi sovraffollati
Le condizioni dei bambini nel Kurdistan iracheno sono drammatiche. Con campi profughi ormai pieni e una situazione in continuo peggioramento. E nonostante la grande quantità di petrolio, l’Iraq non investe in sanità, lavoro ed educazione
Ufficialmente la frontiera tra Iraq e Siria è chiusa dall’inizio della guerra. Eppure, dall’inizio del conflitto in Siria, nel 2013, i rifugiati siriani arrivati in Kurdistan sono già 250 mila circa, di cui la maggior parte nei campi vicino a Erbil o nelle zone periferiche urbane della città. E la situazione negli ultimi tempi continua ad aggravarsi.
«Abbiamo vissuto intensamente l’attacco turco dell’8 ottobre, anche se a chilometri di distanza. I nostri collaboratori sono curdi e provengono in parte dal territorio colpito. Abbiamo sentito il vento di quella guerra dentro ai nostri campi e abbiamo accolto in pochi giorni circa 12 mila rifugiati che sono riusciti a superare il Tigri».
A raccontarlo è un cooperante che da oltre un anno assiste i bambini siriani e iracheni nei campi d’accoglienza vicino alla città curda di Erbil e che chiede l’anonimato. Nelle ultime settimane una nuova ondata di profughi ha oltrepassato il fiume pagando traghettatori pur di arrivare in un paese sicuro, rischiando di venire fermati e arrestati.
I campi profughi ormai sono sovraffollati e mancano strutture adatte a ospitare una comunità e le sue esigenze. Sono pensati solo per la prima emergenza, ma ormai è tempo di guardare più in là nel tempo: dallo scoppio della seconda Guerra del Golfo del 2003 sono arrivati 540 mila sfollati iracheni a Erbil.
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Kurdistan iracheno: nonostante il petrolio mancano sanità, lavoro, educazione
L’Iraq non è ancora un paese sicuro. In queste settimane le proteste civili che denunciano l’alto tasso di corruzione politica e il caro vita hanno portato a oltre 300 morti tra i manifestanti.
Nonostante la grande produzione di petrolio, l’Iraq non investe in sanità, lavoro ed educazione. Il Kurdistan iracheno è una zona tranquilla, una regione indipendente che si può considerare stabile. Ma non ci sono soldi statali, le scuole sono sovraffollate e per i profughi siriani non c’è possibilità di inserimento lavorativo e integrazione.
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Le proteste, iniziate alla fine di settembre e concentrate soprattutto nella capitale irachena Baghdad, hanno portato ad una nuova instabilità che può riaccendere anche gli scontri etnico tribali.
I conflitti interni non sono mai finiti dopo il 2003, la guerra contro Isis ha generato squilibri tra le varie etnie che la politica statale non è riuscita a sedare.
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Bambini rifugiati in Kurdistan senza diritti
Commentando i diritti violati dei bambini di Erbil, l’operatore dice:
«Non hanno diritto a essere bambini. Qui l’abbandono scolastico è altissimo, le famiglie sfollate irachene e siriane spesso escono dai campi profughi sovraffollati per andare ad abitare in zone urbane disagiate. Sono lontane dagli ospedali, dai negozi, dalle scuole e i bambini subiscono tutta questa fatica».
Il rischio più alto per le bambine sono i matrimoni precoci e la segregazione in casa per le adolescenti. Per i maschi, invece, il destino è quello di lavorare in nero in ristoranti e negozi in centro città. Malgrado il Kurdistan abbia adottato delle leggi per proteggere donne e bambine dalla violenza domestica, inoltre, diverse pratiche culturali violano i diritti dei bambini e non vengono perseguitate dal governo di Masrur Barzani.
La situazione per i bambini è drammatica: «Ormai non si può più parlare di emergenza perché la situazione si è stabilizzata dallo scoppio della guerra siriana del 2013. Tutti i finanziamenti esteri dedicati alla crisi stanno venendo a mancare, lasciando quindi il vuoto economico». Molti studenti a ottobre non sono potuti rientrare in classe perché le scuole non hanno più ricevuto fondi dedicati ai rifugiati. Gli insegnanti non ricevono più lo stipendio e lo stato iracheno non ha trovato altre vie di sostentamento.
Inoltre ci sono problemi linguistici perché le scuole insegnano in curdo, mentre i bambini sfollati parlano solo arabo e anche i bambini siriani sono abituati a studiare in arabo. L’abbandono scolastico porta al lavoro minorile, un’alta percentuale di bimbi trova lavoro in hotel del centro città, dove lavorano per 12 ore «in condizione di semi schiavitù per pochi dinar al giorno».
Siriani in Kurdistan sotto il regime dei Barzani
Se i fondi per l’emergenza sono stati rinominati fondi per lo sviluppo e si stanno riducendo, i progetti continuano e cercano di dare stabilità alla popolazione. «Adesso si sta cercando di andare verso una soluzione più sostenibile sul lungo periodo, ossia l’inserimento scolastico presso le scuole locali che dovrebbero essere interamente sostenute con fondi pubblici. Ma le risorse pubbliche non sono gestite in modo trasparente e distribuite equamente tra i settori», dice l’operatore.
Il problema principale rimane la gestione dei fondi, che vengono amministrati dalla tribù dei Barzani al potere dal 2005. La famiglia ha in mano la gestione economica della regione. La libertà di stampa e di espressione sono messe a dura prova da una censura preventiva e le manifestazioni contro il presidente Barzani non sono concesse. A luglio si è insediato il nuovo governo che ha Masrur Barzani come premier, figlio di quel Massud Barzani dimessosi per corruzione nel 2017.