Agricoltura industriale: i movimenti chiedono all’Europa di darci un taglio
Concentrazione della proprietà, inquinamento, perdita di biodiversità, danni alla salute: la società civile si mobilita contro l'agricoltura industriale per sostenere un’agricoltura sostenibile e su piccola scala in Europa
«Basta agricoltura industriale»: è con questo slogan che alla fine del mese di ottobre centinaia di persone hanno manifestato a Strasburgo, davanti al Parlamento europeo. Sono cittadini, attivisti, contadini e apicoltori che aderiscono al movimento Good Food, Good Farming (Buon cibo, buona agricoltura) e chiedono una riforma della Politica Agricola Comune (Pac) dell’Unione europea in grado di affrontare l’attuale crisi ambientale e climatica. La manifestazione ha concluso un mese di iniziative in numerosi paesi europei volte a sostenere la transizione verso un’agricoltura sostenibile e di piccola scala.
Agricoltura industriale: la società civile si mobilita
La campagna nacque nel 2012 nei paesi dell’Unione europea e nel 2018 si svolse la prima protesta collettiva. Le 80 organizzazioni della società civile che ne fanno parte si battono per il diritto al cibo e per il sostegno ai piccoli produttori.
Il movimento chiede politiche in grado di tutelare le piccole fattorie e garantire i diritti di chi lavora nelle campagne. Punta il dito contro le politiche che hanno favorito lo sviluppo dell’agricoltura industriale, basata sull’uso della chimica di sintesi e sull’espansione delle grandi aziende. Secondo la campagna l’agricoltura industriale avrebbe favorito la perdita di biodiversità, il degrado dei suoli e la scomparsa dei piccoli contadini.
Significato dell’agricoltura alimentare: la lettera aperta
In una lettera inviata ai membri del Parlamento europeo, le 25 organizzazioni firmatarie fanno riferimento a due recenti rapporti dedicati allo stato della biodiversità sul pianeta a cura della Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi eco-sistemici (Ipbes) e del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc).
Secondo l’Ipcc il 23% del territorio dell’Unione è sensibile alla desertificazione, dovuta alla diffusione dell’irrigazione e alla coltivazione nelle aree destinate al pascolo.
Nel rapporto Ipbes emerge che l’attuale degrado delle terre ha ridotto del 23% la produttività sulla crosta terrestre. Al declino della produzione agricola contribuisce anche il minor numero di insetti impollinatori. La riduzione della biodiversità nei campi coltivati espone i sistemi agricoli a maggiori rischi dovuti ai cambiamenti climatici e all’aggressione dei parassiti.
I firmatari accusano l’attuale Politica agricola europea di aver fallito nel rinnovo generazionale del settore agricolo e di non aver garantito guadagni equi per i contadini.
La Pac, inoltre, avrebbe favorito il land grabbing, la concentrazione della proprietà fondiaria, e avrebbe messo in pericolo la sovranità alimentare.
Tra le richieste indicate nella lettera aperta ci sono: mettere fine alla perdita di piccole realtà agricole, il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle campagne, la fine dei pagamenti diretti per ettaro, la promozione di sistemi agro-ecologici, il recupero della fertilità dei suoli e della biodiversità e il sostegno ai cibo locale, equo, di stagione e accessibile a tutti.
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Con agricoltura intensiva e industrializzata addio alle piccole fattorie
Il movimento Good Food, Good Farming non è l’unico ad evidenziare la crescita dell’agricoltura industriale in Europa e una progressiva scomparsa delle piccole fattorie. Secondo il neo commissario all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski, in dieci anni, dal 2005 al 2015, l’Unione europea ha perso quattro milioni di piccole fattorie, più di mille al giorno. Nel suo discorso di presentazione, il neo commissario ha citato anche il problema dei suicidi tra i contadini, soprattutto in Francia.
Già nel rapporto More farmers, better food del marzo 2019, l’alleanza di organizzazioni della società civile Nyéleni Europe sottolineava come, tra il 2005 e il 2016, siano aumentate le fattorie che superano i 100 ettari. Le politiche adottate finora in Europa, infatti, avrebbero favorito aziende agricole su larga scala, meccanizzate e industriali, dedite all’allevamento o alla monocoltura e che si avvalgono di lavoratori a basso costo.
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L’altra faccia della medaglia è la scomparsa dei contadini. Per i piccoli produttori, infatti, è sempre più difficile riuscire a competere con i prezzi bassi e accedere ai mercati principali. In alcuni casi si sono trasformati in agricoltori a contratto, dipendenti di grandi compagnie.
Più della metà della superficie agricola dell’Unione europea è controllata dal 3,3% delle compagnie. Il documento evidenzia come tra le cause della scomparsa di tante fattorie ci siano i pagamenti diretti per superficie. Alle imprese con più terre sono arrivati più soldi.
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Diritto al cibo: per una dieta sana, sostenibile e accessibile
Diritto a una dieta sana, sostenibile e accessibile a tutti. È il tema che quest’anno l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Agricoltura e l’Alimentazione (Fao) ha scelto per la Giornata mondiale dell’alimentazione. Secondo i dati della Fao sono 670 milioni gli adulti e 120 milioni i bambini tra i 5 e i 19 anni obesi. Sotto i 5 anni sono 40 milioni i bambini sovrappeso.
L’organizzazione Onu sottolinea tra le cause la vita sedentaria e diete poco salutari. Il contraltare sono gli 820 milioni che ancora oggi soffrono la fame e la malnutrizione. Anche le malattie connesse all’alimentazione sono in aumento: dai problemi cardiovascolari al diabete.
In Europa cresce il numero di persone obese e sono in aumento i casi di malattie collegate a cibi molto lavorati e a diete poco varie. Secondo i dati della Fao, inoltre, in Nord America ed Europa l’8% della popolazione vive in una situazione di insicurezza alimentare o di malnutrizione, con una leggera prevalenza nelle donne rispetto agli uomini. Più della metà degli adulti e un quarto dei bambini sono sovrappeso.
Per la Fao la nostra dieta è sempre più lontana dalle stagioni, dal consumo di prodotti naturali e diversificati. Tutto il sistema della produzione del cibo, dall’agricoltura alla trasformazione fino alla distribuzione, ha favorito prodotti a lunga conservazione, frutto di coltivazioni intensive. Ha ridotto la biodiversità di quello che viene coltivato e mangiato.
Pesticidi e salute umana
È difficile comprovare una relazione diretta tra l’uso dei fertilizzanti e dei pesticidi e l’insorgere di malattie. Sono numerosi, però, gli studi scientifici che hanno documentato la pericolosità per la salute umana di alcuni prodotti chimici utilizzati nei campi. L’erbicida a base di glifosato, per esempio, è stato assolto dall’Efsa, l’autorità europea per la sicurezza degli alimenti, ma non dall’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che lo ha inserito tra i possibili cancerogeni.
Altrettanto indicativo è il moltiplicarsi di cause giudiziarie che contrappongono aziende produttrici di fertilizzanti, pesticidi e erbicidi ad agricoltori. Bayer-Monsanto sta affrontando circa 4.000 processi negli Stati Uniti.
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I danni ambientali dell’agricoltura industriale
Il settore agricolo viene reputato il responsabile del 10-12% del totale delle emissioni di gas serra provocate dall’uomo. L’agricoltura industriale, in particolare, si basa spesso sull’uso della chimica di sintesi e sulla produzione di monocolture.
Nel rapporto More farmers, better food viene evidenziato come l’uso della chimica di sintesi abbia provocato un progressivo inquinamento delle acque superficiali e dei terreni in molte aree d’Europa. L’agricoltura nella Ue è il principale responsabile delle emissioni di ammoniaca, dovute in misura maggiore all’allevamento. Secondo i dati dell’Agenzia europea dell’Ambiente, il settore primario è anche fonte di inquinamento da azoto nelle acque. La minaccia agli ecosistemi genera anche il peggioramento delle condizioni di vita per coloro che dipendono dalle risorse naturali.
Secondo la rete Nyéleni Europe, l’espansione delle aree coltivate a monocoltura ha ridotto le varietà coltivate e spontanee, di piante e animali. L’agricoltura industriale è anche una delle cause che ha portato alla diminuzione degli habitat degli uccelli selvatici. In Europa, come scrive la commissione sul suo sito, il 43% delle specie di uccelli è minacciata o in declino. Altrettanto rilevante è la riduzione degli insetti impollinatori, legata all’uso intensivo di pesticidi. Tanto che l’Unione europea, nel 2018, ha adottato una strategia comune per contrastarne il calo.
Lo sfruttamento dei suoli ha portato al loro impoverimento, con conseguente perdita di fertilità. Il recupero della fertilità dei suoli, infatti, è una delle priorità dell’agenda agricola dell’Unione europea. Particolarmente minacciati sono i terreni dell’Est, che hanno visto un’espansione rapida dell’agricoltura industriale.
L’impatto dell’agricoltura industriale fuori dall’Europa
Vengono dette esternalità negative, ma non sono altro che le conseguenze delle politiche agricole europee fuori dai confini della Ue. In un recente rapporto di 13 ong riunite nell’Sdg Watch Europe dal titolo Who is paying the bill (Chi sta pagando il conto?) viene valutata l’adesione dell’Europa agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Tra gli elementi analizzati c’è la Pac e il suo stretto legame con l’agricoltura industriale. Secondo il documento, le politiche dell’Ue hanno spinto all’adozione dell’agro-industria in numerosi paesi, soprattutto in Africa.
Le conseguenze in questi casi prendono anche il nome di land grabbing, quando le concessioni ottenute dalle imprese straniere o dalle loro controllate locali non hanno ottenuto il consenso libero, previo e informato delle popolazioni locali. Spesso le compagnie europee puntano sulle monocolture e sulla coltivazione ad alti input, con l’uso di fertilizzanti, pesticidi e molta acqua.