Eni Congo, i presunti legami con il clan del presidente Sassou-Nguesso
Tra i presidenti più longevi d'Africa, Sassou-Nguesso ha messo a tacere l'opposizione. Profilo politico internazionale, è ritenuto vicino alla moglie dell'ad di Eni Claudio Descalzi, cittadina congolose. Il leader del Paese è al centro di diversi casi di presunta corruzione. Indaga anche la procura di Milano
Denis Sassou-Nguesso è uno degli irremovibili dinosauri d’Africa. Nonostante i suoi 76 anni – di cui 35 trascorsi al potere – la sua leadership è ancora pressoché inattacabile a Brazzaville, la capitale della Repubblica del Congo di cui è presidente. Tutti i suoi oppositori politici ormai sono in carcere. Governa senza rivali e ha messo in ogni posizione di potere amici o parenti.
Nonostante questo, si trova al centro dello scacchiere politico internazionale: lo invitano i russi ai loro meeting economici, compare tra gli invitati al funerale dell’ex presidente francese Jacques Chirac, incassa i plausi – tra gli altri – del Fondo monetario internazionale venuto in visita.
Congo Brazzaville, il petrolio di Pointe Noire
La Repubblica del Congo (da non confondere con la Repubblica Democratica del Congo, Rdc, con capitale Kinshasa) è una striscia di terra con poco più di 5 milioni di abitanti che sguazza in un mare di petrolio: è il terzo produttore di oro nero del continente. Motivo per il quale il Paese ha attratto da sempre molte potenze estere a Pointe-Noire, la principale città portuale del Paese. Dal 1968 ci lavorano Eni e Total. Nel 2014 – con la crisi del greggio – il Congo sta attraversando una delle più profonde crisi economiche della sua storia, che pare avvicinarsi a una conclusione solo con il 2019.
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Repubblica del Congo: alla corte di Sassou-Nguesso
La famiglia Sassou-Nguesso è accusata di aver derubato il Paese di soldi pubblici. L’ong inglese Global Witness pare aver scovato il modo in cui avrebbe sottratto oltre 490 milioni di euro all’erario, pagando un’azienda riconducibile alla sua famiglia per un lavoro mai svolto. La storia risale al 2013: il Congo paga quella cifra astronomica a una società di lavori pubblici brasiliana, la Asperbras. La succursale pagata è quella del Delaware, Stato americano in cui vige il più assoluto segreto societario e bancario. Quindi non è possibile sapere nulla sua compagine sociale.
Global Witness è riuscita però ad accedere a documenti bancari che rileverebbero una rete di prestanome e di società offshore che riportano a Claudia, la figlia di Sassou-Nguesso. Il sospetto dell’ong britannica è che dietro questo schema ci sia anche il tentativo di fornire appalti pubblici al Brasile, in cambio dell’azzeramento del debito pubblico dello Stato africano nei confronti del Paese sudamericano.
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I soldi del presidente nigeriano in Francia e San Marino
L’inchiesta su Asperbras segue un altro caso di presunta sottrazione di fondi pubblici di Nguesso, rivelata questa volta in Francia. Una storia cominciata nel 2008, quando Transparency International ha portato davanti a una corte di Parigi tre capi di Stato africani, Teodorin Obiang della Guinea Equatoriale, Omar Bongo Ondimba del Gabon e Denis Sassou-Nguesso. A partire dal 2014, dopo una partenza difficoltosa, gli esposti cominciano a produrre i primi sequestri: l’accusa è sempre aver distorto fondi pubblici a scopi privati.
L’11 settembre di quest’anno, invece, sono state le autorità di San Marino a sequestrare 19 milioni di euro – cifra record per il Paese – su 16 conti corrente di proprietà del presidente africano e dei suoi accoliti. L’ipotesi è che si tratti di proventi di illeciti, riciclati da una banca sanmarinese. Sono 36 i parenti e amici che avevano un conto aperto in quell’istituto di credito, oggi chiuso per imposizione della Banca centrale della piccola Repubblica. Da qui sono partiti bonifici per spese folli, gestite per la famiglia da un broker francese.
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Eni Congo e l’acquisizione di giacimenti: perquisiti gli uffici di Descalzi
L’ultimo capitolo della saga di presunte ruberie attribuibili a Sassou-Nguesso tocca l’Italia molto da vicino. Riguarda infatti una presunta mazzetta, ancora inquantificabile, che avrebbe favorito Eni nell’acquisizione di giacimenti in Congo. Questa ipotesi per prima è stata formulata dall’Espresso in un’inchiesta pubblicata nell’aprile 2018 ed ora ha dato il via a un’indagine condotta dalla procura di Milano.
Il 27 settembre la Guardia di finanza di Milano ha perquisito gli uffici dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e di sua moglie, una cittadina congolese. Sono stati iscritti al registro degli indagati per «omessa comunicazione di un conflitto d’interessi». Il procedimento rientra sempre nell’ambito dell’indagine condotta dalla procura milanese sul Congo, in cui Eni è accusata di corruzione (anni 2012-2015). Un’ulteriore grana, dopo il processo a Eni per il blocco Opl 245 in Nigeria.
La moglie di Descalzi risulta socia di Petroservice, società che ha incassato da Eni Congo, tra il 2012 e il 2017, 105 milioni di dollari. Eni ha già replicato di aver condotto ogni verifica interne e di non avere riscontrato irregolarità dopo attente verifiche interne.
L’ad Descalzi ha poi contestato «fermamente l’accusa che viene ipotizzata. È priva di fondamento. Le transazioni tra Eni Congo e il gruppo Petroservice non sono mai state oggetto di mie valutazioni o decisioni in quanto totalmente estranee al mio ruolo».
Nella stessa nota, ha aggiunto: «Ho l’assoluta certezza di avere sempre operato correttamente, in modo lecito, nell’interesse dell’azienda e dei suoi azionisti. Riuscirò a dimostrarlo oltre ogni ragionevole dubbio».
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Eni Congo, i misteriosi legami con la Kontinent e la ricostruzione dell’Espresso
A questo quadro già di per sé complesso, Global Witness ha aggiunto un ulteriore tassello. Sia Eni, sia la francese Total, nel 2015 hanno ceduto parte delle loro licenze per lo sfruttamento petrolifero a una società, Kontinent Congo, che apparteneva all’epoca a due uomini molto vicini al presidente Sassou-Nguesso.
La richiesta di far entrare la società nei giacimenti, peraltro, sarebbe proprio partita dal governo di Brazzaville. Secondo Global Witness, le due società petrolifere avrebbero dovuto fare maggiore attenzione, sapendo che i due proprietari di Kontinent Congo sono stati usati da Sassou-Nguesso come prestanome.
Sempre l’Espresso, nel 2018 ha anche indicato la moglie di Descalzi come una delle socie di African Beer Investment Ltd, società con sede nelle isole Mauritius – paradiso fiscale africano – che garantiscono tassazioni favorevoli e anonimato. La lista di proprietari è stata recuperata dalla polizia francese, che per prima ha cominciato a indagare sugli Sassou-Nguesso: insieme alla moglie di Descalzi ci sarebbe anche Julienne Sassou-Nguesso, una delle figlie dell’uomo forte di Brazzaville. Una delle persone che si presume costituiscano l’ipotetica macchina di prestanome e società veicolo attraverso cui Sassou-Nguesso avrebbe spolpato il suo Congo dei proventi del petrolio.