Donne palestinesi: delitto d’onore e occupazione dimezzano i diritti
Uccise perché vogliono scegliere liberamente con chi sposarsi. Omicidi e violenze che restano spesso impuniti a causa di contesti patriarcali e leggi sul delitto d'onore. E non solo: le donne palestinesi, denuncia l'Onu, sono rese ancora più vulnerabili dall'occupazione israeliana
Si chiamava Israa Ghareb e viveva a Beit Sahour, in Cisgiordania. Aveva 21 anni ed è stata uccisa a fine agosto mentre si trovava in un letto d’ospedale. Era stata ricoverata in seguito alle percosse ricevute dal fratello e dai cugini.
Israa aveva commesso un errore imperdonabile, un affronto per l’onore di tutta la famiglia: aveva rifiutato un matrimonio combinato con un cugino e aveva scelto da sola il compagno da frequentare. Non solo, ne aveva anche pubblicato alcune foto sui social. E quelle foto sono state la pietra dello scandalo. Quella pietra che, probabilmente, le è costata la vita.
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Tutti in piazza per difendere le donne palestinesi
La morte della giovane Israa ha scatenato una serie di reazioni da parte della società civile palestinese, in particolare quella femminile. Uomini e donne di tutte le età si sono riuniti a Betlemme il 31 agosto per chiedere al governo palestinese più leggi che tutelino le donne. Tutti riuniti sotto lo slogan «Non puoi liberare la terra senza liberare le donne».
Da Haifa a Ramallah, da Israele a Gaza, passando per la Cisgiordania, sono tante le persone che hanno deciso di scendere in piazza per mostrare solidarietà e per chiedere un forte cambiamento nella società palestinese, dentro e fuori dalla Cisgiordania.
Alcuni giorni dopo anche iI primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, ha pubblicato un post sul proprio account Facebook nel quale ha sottolineato la necessità di rafforzare il sistema legislativo a protezione delle donne palestinesi. Sono tanti i casi di donne uccise o spinte al suicidio per aver disonorato la famiglia o per aver rifiutato un matrimonio combinato. In Palestina, a Gaza e Cisgiordania, così come in Israele.
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Donne palestinesi e israeliane: i delitti d’onore
Casi di omicidi in nome dell’onore si verificano anche in Israele, soprattutto nelle comunità arabo israeliane. Un mese prima della morte di Israa, tre uomini sono stati accusati del tentato omicidio di un adolescente arabo israeliano, pugnalato a Tel Aviv perché omosessuale.
L’anno scorso una donna era stata assassinata con colpi d’arma da fuoco fuori dalla propria abitazione in un villaggio beduino vicino a Be’er Sheva, nel sud di Israele. La donna aveva sette figli e aveva appena divorziato dal marito, arrestato per violenze.
Secondo dati della polizia israeliana, quasi la metà di tutte le donne uccise in Israele nel 2018 erano arabe. Da considerare che la popolazione di arabo israeliani rappresenta circa il 20% della popolazione israeliana. Sempre secondo il Jerusalem Post, nei casi di omicidi di donne arabo israeliane, solo il 20% degli autori viene ritenuto realmente responsabile dalle autorità.
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Violenza sulle donne: i motivi dell’impunità
Questo succede per molteplici ragioni: i resoconti delle vittime non sempre vengono ritenuti veritieri dalle forze israeliane, manca un personale formato appositamente per gestire questi casi e spesso viene messa in campo una sorta di discriminazione culturale che porta gli inquirenti a pensare che questo tipo di violenze «facciano parte della cultura araba». Motivo per cui vengono tollerate e minimizzate.
Secondo Nabila Espanioly, direttrice dell’organizzazione Al Tufala che si occupa delle donne palestinesi in Israele, «le donne arabe vengono uccise a causa dell’onore, le donne ebree a causa della passione, le donne in altre società vengono uccise a causa della violenza domestica».
L’uso di questi termini diventa in qualche modo un attenuante del crimine commesso e rende ancor più difficile quel cambiamento sociale necessario per delegittimare la violenza contro le donne.
Delitti d’onore in Medio Oriente: le origini francesi
Le leggi in materia di delitto d’onore attualmente vigenti in alcuni paesi del Medio Oriente non provengono dalla Sharia, la legge islamica, come spesso si tende a credere. Una delle prime codificazioni del delitto d’onore arriva infatti dal Codice penale francese del 1810, il codice napoleonico, nel quale erano ampiamente tollerati i cosiddetti «crimini della passione» da parte del marito nei confronti della donna adultera e dell’amante. Non si permetteva invece alla moglie tradita di uccidere il marito.
Questo codice diede l’impronta alla legislazione di alcuni paesi arabi e musulmani del Medio Oriente, soprattutto quelli sui quali la Francia ha esercitato un controllo coloniale come Algeria, Marocco, Tunisia, Siria, Libano e Giordania. Mentre è andato scomparendo, pur se in tempi recenti, da quasi tutti i codici penali europei, è rimasto vigente nella maggior parte dei paesi arabi.
Grazie al controllo esercitato dalla Giordania su Cisgiordania e Gerusalemme Est, il delitto d’onore è entrato anche nel codice penale palestinese del 1960. L’articolo 99, infatti, contempla la possibilità per i giudici di ridurre la pena in modo considerevole quando si presentino «circostanze attenuanti».
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, stilato nel 2014 dal giudice palestinese Ahmad al Ashqar, l’attuale coscienza sociale palestinese sarebbe in larga misura influenzata proprio dalla legislazione, secondo la quale è accettabile un omicidio commesso per difendere l’onore proprio o della famiglia. La questione di un adeguato comportamento delle donne all’interno della famiglia è infatti un aspetto caratterizzante del tessuto sociale palestinese.
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Abu Dis, zona E1, Palestina – Foto: @Irene Masala
L’onore sotto l’occupazione: Gaza e Cisgiordania
Questa situazione è ulteriormente aggravata da oltre cento anni di occupazione. Da quella ottomana a quella inglese, fino ad arrivare a quella giordana prima, israeliana dopo, questo continuo stato di sottomissione politica a sociale ad altre potenze nazionali non ha consentito alla società civile e al sistema legislativo palestinese di evolversi e adattarsi alle nascenti coscienze e necessità. Inoltre, da quando l’Autorità nazionale palestinese si è divisa tra Fatah in Cisgiordania e Hamas a Gaza, il parlamento palestinese non ha affrontato una vera e propria discussione tra tutte le forze politiche in campo.
La Palestina è infatti il risultato di una combinazione di vari sistemi legali, derivanti dalle diverse occupazioni, aggravato infine dalla divisione territoriale dovuta agli accordi di Oslo del 1995. Nella Striscia di Gaza, infatti, il sistema legale è basato sui precedenti codici ottomani, britannici ed egiziani.
In Cisgiordania, nelle aree A e B, quelle sotto il controllo diretto o indiretto dell’Anp, vige un modello legale di stampo giordano, come detto. Resta fuori dagli schemi l’area C, sotto il controllo amministrativo e militare israeliano, nella quale è difficile stabilire quali siano le leggi di riferimento per la popolazione civile palestinese.
L’occupazione entra così prepotentemente in questo dibattito per i diritti delle donne. Secondo un report stilato nel 2017 da diverse organizzazioni internazionali in difesa delle donne, l’occupazione e il clima di violenza che ne deriva avrebbero un impatto diretto sulla questione di genere nella società Palestinese. Le donne diventano infatti i massimi catalizzatori, nelle società palestinesi di Gaza e Cisgiordania, di una doppia ingiustizia derivante dall’occupazione militare israeliana, dall’instabilità politica interna alla Palestina e dalle frustrazioni vissute all’interno del contesto familiare patriarcale.
La denuncia dell’Onu: donne palestinesi più vulnerabili per occupazione e conflitti
Secondo l’Un women, l’organizzazione delle Nazioni Unite dedicata all’uguaglianza di genere, decenni di occupazione e conflitti politici hanno avuto un impatto significativo sulla situazione socioeconomica della popolazione palestinese e hanno contribuito ad aumentare la vulnerabilità delle donne. Queste, infatti, hanno meno opportunità lavorative rispetto agli uomini, il che le rende più esposte a lavori informali che spesso sfociano in sfruttamento.
Le donne, e i loro bisogni, sono inoltre politicamente sottorappresentate, anche all’interno dei colloqui di pace con la controparte israeliana. Tra le cause individuate dall’Un women che rendono ancor più critica la situazione delle donne nei Territori palestinesi occupati ci sono: l’accesso limitato delle donne alle opportunità di lavoro e al reddito finanziario sostenibile, una forte responsabilità di assistenza e l’emarginazione causata della frammentazione geografica del territorio e dalle restrizioni dei movimenti. Questi fattori insieme aumentano la vulnerabilità delle donne e ostacolano le opportunità di migliorare il loro status personale e sociale.