Inquinamento da carbone: +49% mortalità in 12 anni vicino alla centrale di Vado
Secondo una ricerca del Cnr, nell'area intorno alla centrale Tirreno Power di Vado Ligure, alimentata a carbone fino al 2014, la mortalità è cresciuta del 49% tra il 2001 e il 2013. La replica della società: «Studio vecchio e smentito dai dati ufficiali»
Alto rischio di mortalità prematura e ricoveri in ospedali sopra la media. Questi i pericoli a cui sono state esposte per anni le persone residenti nei pressi della centrale a carbone di Vado Ligure, in provincia di Savona, in Liguria.
A denunciarlo è una ricerca condotta dagli epidemiologi ambientali dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc) di Pisa. Lo studio ha quantificato la relazione, purtroppo molto dannosa, tra l’esposizione dei residenti a contatto con inquinanti atmosferici e il pericolo per la salute, di fatto convalidando quello che era stato già denunciato con una lunga lotta da parte di cittadini e medici.
La storia della centrale a carbone Tirreno Power
La centrale Tirreno Power di Vado Ligure è stata alimentata a carbone dal 1970, anno del suo avvio, fino al 2014, quando gli impianti a carbone vennero chiusi. A combattere per l’arresto degli impianti, che si trovano in pieno centro urbano, c’era in prima fila l’associazione Uniti per la Salute, costituita dai residenti nel comune di Vado Ligure e nelle aree limitrofe, alla quale si è aggiunto l’Ordine dei medici della provincia di Savona, che nel 2010 pubblicò un documento in cui si parlava della centrale di Vado Ligure come una «minaccia reale e consistente per la salute».
Grazie alle denunce dei residenti e dei medici, la Procura della Repubblica di Savona fece fermare gli impianti a carbone della centrale ligure per disastro ambientale doloso.
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La ricerca del Cnr sugli impatti del carbone sulla salute: la metodologia usata
Tornando alla ricerca, il Cnr ha seguito 144.019 persone che sono state residenti nei 12 comuni intorno a Vado Ligure dal 2001 al 2013 o in sotto-periodi.
«I modelli di diffusione/ricaduta, elaborati da Arpa Liguria, hanno permesso di assegnare a ciascuna persona un coefficiente di esposizione, che poi è stato correlato con la sua storia sanitaria, cioè ricoveri o decesso», spiega a Osservatorio Diritti Fabrizio Bianchi, coordinatore del gruppo di ricerca.
«Per valutare l’esposizione della popolazione residente nei 12 comuni intorno a Vado Ligure abbiamo utilizzato i modelli di diffusione degli ossidi di azoto (NOx) e dell’anidride solforosa (SO2) emessi dalle principali fonti presenti sul territorio. Oltre alla centrale Tirreno Power (Ctp), i due porti di Savona e Vado Ligure, l’autostrada Genova – Ventimiglia e la SS Aurelia sono le altre fonti industriali principali. I modelli di diffusione/ricaduta, elaborati da Arpa Liguria, hanno permesso di assegnare a ciascuna persona che è stata residente dal 2001 al 2013, o in sotto-periodi, un coefficiente di esposizione, che poi è stato correlato con la sua storia sanitaria, cioè ricoveri o decesso. Gli SO2 sono più informativi delle emissioni della centrale, mentre gli NOx sono rappresentativi dell’inquinamento da traffico».
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Inquinamento da centrali a carbone: i dati su Vado Ligure
Secondo i dati della ricerca pubblicata di recente sulla rivista Science of the total environment, è stato registrato un eccesso di mortalità nelle aree a maggiore esposizione di fonti inquinanti pari al 49 per cento.
Oltre a questo dato generale, la ricerca ha messo in evidenza eccessi di mortalità del sistema circolatorio (uomini +41%, donne +59%), dell’apparato respiratorio (uomini +90%, donne +62%), del sistema nervoso e degli organi di senso (uomini +34%, donne +38%) e per tumori del polmone tra gli uomini (+59%). Anche l’analisi dei ricoveri in ospedale ha fornito risultati coerenti con quelli della mortalità.
I risultati ottenuti, secondo Bianchi, indicano dunque che «occorre ridurre l’esposizione a inquinanti da parte di tutte le fonti, come stabilisce anche il piano nazionale di prevenzione del ministero della Salute. La riduzione non si ottiene solo mantenendo le concentrazioni emesse o misurate al suolo al di sotto di limiti di legge, perché tali limiti sono spesso troppo elevati rispetto a quanto suggerito da evidenze scientifiche più recenti rispetto a quelle su cui si sono basate le leggi vigenti».
La ricerca sulla centrale di Vago Ligure riporta l’attenzione su una questione urgente sia dal punto di vista della salute, sia per quanto riguarda l’inquinamento ambientale. E anche se i dati sono riferiti al contesto studiato, e quindi non trasferibili automaticamente ad altri impianti a carbone, «i rischi associati alle emissioni della Ctp sono indicativi e sperabilmente utili per le altre aree con caratteristiche simili. Oltre all’apporto di inquinanti dannosi per la salute su scala locale-regionale, le emissioni da combustione di fossili contribuiscono all’emissione di gas serra e una loro riduzione è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici», conclude Bianchi.
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Tirreno Power: la replica della società
La Tirreno Power ha negato tutte le accuse mosse contro la sua attività. In particolare, in una nota la società scrive che «i dati teorici riproposti da Fabrizio Bianchi del CNR sono vecchi e sono già stati confutati dai dati reali pubblicati nel luglio del 2018 nel documento ufficiale dell’Osservatorio salute e ambiente della Regione Liguria». Inoltre, continua la Tirreno Power, «è necessario ricordare che l’osservatorio nato proprio per verificare l’impatto ambientale e sulla salute della centrale di Vado Ligure ha concluso le indagini escludendo in modo chiaro e documentato qualsiasi impatto dell’impianto».
«L’Osservatorio ha già esposto in modo netto le proprie conclusioni dopo avere esaminato tutti gli studi, compreso quello del CNR che oggi viene tirato fuori nuovamente a distanza quasi due anni», si legge ancora nella nota.
Carbone: i pericoli per la salute nel mondo
Le centrali a carbone (Cpp) generano quasi il 40% dell’elettricità nel mondo (dati Iea, 2017). Il biossido di zolfo (Sox), tra gli agenti inquinanti prodotti dalla combustione fossile e noto per causare effetti dannosi sulla salute soprattutto per l’apparato respiratorio, viene prodotto per il 90% dalle centrali a carbone negli Stati Uniti e per oltre il 70% in Europa.
Anche se dal 2014 al 2015 la produzione di energia proveniente dalla combustione di carbone è diminuita del 7,5% nei Paesi appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), la situazione mondiale risulta essere ancora allarmante e – secondo i dati emersi dalla ricerca condotto dal gruppo coordinato da Stefanie Hellweg (Istituto di ingegneria ambientale di Zurigo, Svizzera) e pubblicato a febbraio 2019 dalla rivista Nature Sustainability – viene perlopiù, anche se non solo, dalla bassa qualità dei carboni utilizzati nei Paesi ad alto tasso di sviluppo.
Inoltre, come sottolineato anche dal dossier del Wwf “Il carbone, voltare davvero pagina in Italia, in Europa, nel mondo”, «dalla combustione delle fonti fossili si libera oltre l’87% del carbonio che si sta accumulando nell’atmosfera terrestre che è il principale responsabile dell’alterazione del clima e del conseguente riscaldamento globale, come evidenzia un’imponente mole di studi e ricerche».