Multinazionali e diritti umani: ecco la nuova bozza del trattato vincolante
Il testo per la lotta all'impunità e allo strapotere delle corporation sposta il focus dalle multinazionali a tutte le imprese in generale, con il rischio di creare danni alle piccole realtà e diminuire il consenso: è una delle maggiori criticità rilevate dalla società civile, che parla di ingerenze nella negoziazione. Ne discuterà a ottobre il Consiglio per i diritti umani dell'Onu
Il trattato vincolante per le imprese multinazionali in materia di diritti umani ha raggiunto una nuova tappa. Il gruppo di lavoro intergovernativo del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, infatti, ha pubblicato una bozza che sarà discussa a ottobre a Ginevra.
«Il processo è stato difficile sin dal principio e lo è diventato ancora di più con il cambio di indirizzo politico dell’Ecuador», racconta a Osservatorio Diritti Gonzalo Berrón, ricercatore del centro studi internazionale Transnational Institute, che ha seguito, sin dagli esordi, l’evoluzione del trattato.
Furono Ecuador e Sudafrica, nel 2014, a proporre la risoluzione, avviando, così, il processo di definizione del documento vincolante per il rispetto dei diritti umani. «Il percorso di consultazione informale della società civile e delle organizzazioni non governative è stato molto rapido e privo di vere discussioni», sostiene il ricercatore.
«Durante la negoziazione abbiamo assistito a ingerenze dirette e indirette delle associazioni di imprese», afferma. Secondo Gonzalo Berrón, però, il potere delle corporation si è manifestato soprattutto attraverso le posizioni dei governi nazionali.
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Una lettera aperta della società civile
Dal punto di vista formale la pubblicazione della nuova bozza è stata accolta con favore dalle oltre 200 organizzazioni riunite nella Campagna globale per lo smantellamento del potere e dell’impunità delle società. Una reazione ben diversa, però, quando si parla dei contenuti: «Siamo molto delusi: non è quello per cui ci stiamo battendo!», sottolinea Gonzalo Berrón.
La campagna globale ha pubblicato una lettera aperta, a seguito dell’uscita del nuovo documento, ma si riserva di divulgare presto un’analisi completa. Nella lettera viene definita positiva la volontà di perseguire la costruzione dello strumento vincolante e di permettere alla società civile di proporre modifiche. Le organizzazioni contestano la bozza nei contenuti, in particolare: nel campo di applicazione, nelle obbligazioni dirette essenzialmente agli stati e nell’assenza di meccanismi di controllo.
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Business e diritti umani: il cambio di focus
Uno degli elementi principali di disappunto delle organizzazioni della società civile è lo spostamento del focus: dalle imprese multinazionali a tutte le aziende, senza distinzione.
L’articolo 3 della nuova bozza, infatti, riporta che il trattato dovrà essere applicato a tutte le attività di business, incluse le multinazionali. Lo stesso articolo, nel precedente documento, invece, prevedeva l’applicazione alle attività economiche a carattere multinazionale.
«Il processo è nato per risolvere il problema dell’impunità delle multinazionali: possono spostare la loro sede e i loro beni da un luogo ad un altro, non hanno una relazione con le fasi della filiera produttiva, evitano ogni tipo di responsabilità», sottolinea il ricercatore del Transnational Institute. Proprio questo aspetto peculiare delle imprese transnazionali, spiega Gonzalo Berrón, sembra essere sparito dal nuovo testo.
A rischio piccole imprese e l’adesione dei paesi poveri
Il cambio del campo di applicazione, ampliato a tutte le imprese, comprese le multinazionali, è stato proposto dall’Unione europea e da associazioni del settore privato. Secondo la Campagna globale la modifica non terrebbe conto delle indicazioni contenute nella Risoluzione 26/9 del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, che ha dato il via al processo per la definizione del trattato.
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Il nuovo testo, in sostanza, mette sullo stesso piano piccole e medie imprese e multinazionali. «Non si possono chiedere regole uguali per strutture economiche così diverse». Il rischio, secondo il ricercatore, è che il trattato applicato al business su piccola scala metta in difficoltà i piccoli contadini, l’economia rurale.
«È un modo per bloccare il processo perché con questo cambio c’è il rischio di perdere il supporto dei paesi in via di sviluppo», sottolinea Gonzalo Berrón.
Multinazionali e diritti: tutta la responsabilità agli Stati
Secondo le organizzazioni della società civile la nuova bozza lascia ogni responsabilità agli stati nazionali. Prevenire e rimediare alle violazioni dei diritti. «L’applicabilità del trattato sarà legata alla capacità dei singoli paesi di adattare il loro sistema giuridico alle nuove regole», afferma il ricercatore. «Non succederà mai se non lo vorranno».
«In primo luogo, i paesi dovranno approvare il trattato, poi il testo dovrà essere ratificato e infine bisognerà attendere che vengano adattate le legislazioni nazionali». I tempi per vederne l’applicazione potrebbero allungarsi molto, sottolinea Gonzalo Berrón.
Nessun tribunale internazionale per le multinazionali
La società civile denuncia come meccanismo di monitoraggio e tribunale internazionale per le imprese siano spariti dal testo revisionato. La campagna globale, infatti, punta alla creazione di una corte internazionale per le imprese transnazionali, in grado di monitorare e valutare le denunce che arrivano dalle comunità. Manche anche un meccanismo di monitoraggio e controllo a livello internazionale.
«Non è previsto alcun soggetto in grado di raccogliere le denunce, dialogare con le vittime di violazioni dei diritti e promuovere indagini», afferma Gonzalo Berrón.
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«Spesso le vittime non hanno accesso alla giustizia o non si fidano del sistema giudiziario del proprio paese», spiega. «Il soggetto internazionale garantirebbe una risposta alle violazioni e diventerebbe uno stimolo alla tutela dei diritti per gli stati».
Un segnale positivo nella nuova bozza
Tra i punti positivi individuati nel nuovo testo, invece, c’è il Fondo Internazionale per le vittime. Si tratta di un fondo internazionale in grado garantire supporto legale e finanziario alle vittime. «Senza il fondo, il rischio è una forte asimmetria tra le vittime e le compagnie», conclude Berrón.