L’Olio di palma fa male (almeno) ad ambiente e diritti: Ing denunciata all’Ocse

Friends of the Earth ha presentato un’istanza all’Ocse contro la banca olandese Ing per aver finanziato tre compagnie dell’olio di palma accusate di land grabbing, deforestazione e violazioni dei diritti umani. L’ong chiede regolamenti restrittivi per le banche

Disinvestire dall’intero settore della palma da olio. È quello che hanno chiesto tre ong al gruppo bancario olandese Ing. All’inizio del mese di luglio Friends of the Earth Olanda (Milieudefensie), l’ong liberiana Sustainable Development Institute e l’indonesiana Wahana lingkungan Hidup hanno presentato un’istanza contro l’istituto finanziario al punto di contatto nazionale (Pcn) olandese dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

L’accusa è di aver finanziato tre grandi compagnie della palma da olio: Noble, Socfin e Wilmar International. Le tre imprese, negli anni, sono state al centro di rapporti e indagini di ong e associazioni della società civile per: deforestazione, accaparramento delle terre e sfruttamento del lavoro minorile.

Olio di palma: danni ad ambiente, deforestazione e diritti

«Ci siamo concentrati sulle violazioni che sono state meglio documentate in questi anni» spiega a Osservatorio Diritti Evert Hassink, dell’ong Milieudefensie. Le tre ong hanno raccolto direttamente testimonianze e documentazioni e si sono rivolte anche a ricercatori indipendenti.

«Nel caso del gruppo Noble ci siamo concentrati sulla deforestazione, soprattutto in Indonesia» spiega Evert Hassink. Il ricercatore di Friends of the Earth Olanda sottolinea come molte compagnie della palma da olio distruggano estese aree di foresta senza permessi.

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Piantagione di palme da olio. Foto credit: @Bishnu Sarangi

«Per Wilmar ci siamo soffermati sui casi di violazione delle leggi sul lavoro», afferma Evert Hassink. Che aggiunge: «Ci sono persone che sono costrette a lavorare per un salario basso e per molte ore». L’organizzazione del lavoro, sottolinea l’ong, costringe a lunghi turni per raggiungere uno stipendio in grado di garantire il sostentamento.

Per quanto riguarda il gruppo Socfin, posseduto per il 38% dal Gruppo Bolloré e per il 54% dall’uomo d’affari belga Hubert Fabri, le accuse spaziano dal land grabbing alla violazione dei diritti umani. Ci sono lavoratori delle piantagioni di cui non viene rispettata la privacy:

«Il personale della sicurezza entra nelle case illegalmente, con la scusa di verificare la presenza di frutti della palma rubati», esemplifica Evert Hassink.

Ing «era stata avvisata» di deforestazione e altri danni provocati dalla palma da olio

Friends of the Earth ha ribadito di aver più volte denunciato alla banca la condotta delle tre compagnie nell’ambito del rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, ma di non aver mai riscontrato cambiamenti nelle scelte di finanziamento. Secondo i querelanti la banca non avrebbe agito responsabilmente nei confronti delle aziende clienti. Non avrebbe controllato e fatto rispettare gli obblighi che le compagnie si erano impegnate a seguire. «Abbiamo notato un interesse da parte di Ing, ma abbiamo ricevuto sempre la stessa risposta», afferma Evert Hassink.

«Ing e le altre banche sottolineano di preferire il dialogo con le compagnie per ottenere il loro impegno, rispetto al blocco degli investimenti».

Secondo l’ong olandese è positiva l’adesione a linee guida di sostenibilità, ma deve portare a risultati. «Se dopo 4 o 5 anni non è cambiato nulla, gli investitori dovrebbero riconoscere che quelle compagnie non sono capaci, o non vogliono rispettare gli impegni». E aggiunge: «Smettere di investire è l’unica opzione». Senza la minaccia del disinvestimento, infatti, secondo Milieudefensie la capacità di persuasione degli investitori sulle compagnie è molto limitata.

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La reazione di Ing e le promesse per il futuro

Secondo la banca olandese la palma da olio è una coltura meno impattante di quanto possano esserlo altri tipi di piante da cui si estrae l’olio, che necessitano, scrive Ing, di più terra. Nella dichiarazione pubblicata sul suo sito internet, l’istituto finanziario non nega il lato oscuro della produzione di olio di palma, ma  sottolinea di aver collaborato con le tre compagnie per trovare soluzioni a problemi ambientali e sociali, supportando il cambiamento.

La banca annuncia che dal settembre 2018 ha deciso di non impegnarsi con nuovi clienti che si occupano della produzione di olio di palma: piantagioni, laboratori di trasformazione e commercianti.

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Fabbrica di trasformazione della palma da olio, IOI Baturong, Kunak District, Sabah, Malaysia. Photo: by CEphoto, Uwe Aranas

Le aziende finanziate da Ing, nell’85% dei casi, hanno aderito alle politiche “No Deforestation, no Peat, no Exploitation” (No deforestazione, no torba e no sfruttamento). Inoltre tutte si sono impegnate a certificarsi al 100% con la tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile (Rspo) entro il 2030.

Olio di palma: certificazione Rspo e policy disattese

«Avere delle policy non basta, bisogna implementarle», sottolinea Evert Hassink. Si tratta di compagnie che sono a loro volta investitori e non controllano direttamente le piantagioni che possiedono, spiega il ricercatore. «Non tutte queste controllate seguono i regolamenti della casa madre».

La certificazione Rspo (leggi Olio di palma sostenibile: come funziona la certificazione) ha ricevuto spesso critiche, dovute alla sua natura volontaria e alla difficoltà di tracciare l’intera filiera. «Ci sono compagnie che rivendicano di essere membri Rspo, ma continuano ad essere protagoniste di violazioni», dice il ricercatore olandese.

«È positivo che le aziende si impegnino nei principi, ma conta di più quello che fanno sul campo».

«Questa non è un’istanza contro l’olio di palma», sottolinea Evert Hassink. «Quello che temiamo è che si possa pensare di aumentare all’infinito la produzione di palma da olio». Secondo il ricercatore dovrebbe esserci un limite alla produzione di questo, come di altri prodotti, perché possano essere coltivati in modo sostenibile.

La palma potrebbe far male ai conti di Ing

Il punto di contatto nazionale dell’Ocse si propone di sostenere le imprese nel percorso verso una condotta responsabile e sostenibile. L’obiettivo della mediazione avviata tra i portatori di interesse è trovare soluzioni condivise ai problemi denunciati. Il processo di mediazione dovrebbe durare circa un anno.

In caso di mancato accordo, il punto di contatto nazionale esporrà le sue valutazioni. Se il Pcn giudicherà che sono state violate le linee guida per una condotta responsabile delle imprese, il governo olandese potrebbe decidere di escludere la banca dai sussidi e dai supporti del governo all’estero. L’esecutivo, infatti, ha annunciato di voler applicare misure di questo tipo, che varieranno a seconda della gravità delle violazioni.

La banca sarà valutata in base alle linee guida per le multinazionali che prevedono l’applicazione della responsabilità sociale d’impresa su: diritti umani, lavoro minorile, corruzione e rispetto dell’ambiente.

«Un pronunciamento chiaro da parte del Pcn renderebbe evidente la responsabilità diretta degli investitori sulle violazioni delle compagnie che finanziano. Le banche non potranno più dire di essere solo finanziatori e saranno responsabili anche del rimborso delle vittime».

Si tratterebbe di un precedente, sottolineano i responsabili di Friends of the Earth, che permetterebbe alle comunità locali fare causa ad altri istituti finanziatori.

Olio di palma e finanza responsabile

Friends of the Earth chiede al governo olandese di prendere una posizione netta all’interno dell’Unione Europea per assicurare il raggiungimento di una finanza responsabile. «Bisognerebbe definire chiaramente quali sono i comportamenti che non sono accettati nell’Unione Europea, come finanziare la deforestazione o la violazione di diritti umani», sottolinea Evert Hassink.

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