Ungheria e migranti: Onu e Ue contro la politica di Orban

L'Unione europa denuncia l'Ungheria alla Corte di Giustizia per la legge anti-migranti. L'esperto Onu in visita nel paese: «Ho trovato uomini, donne, ragazzi e ragazze disperati, traumatizzati e indifesi, confinati dietro la recinzione di filo spinato nelle zone di transito»

L’Unione europea denuncia l’Ungheria alla Corte di Giustizia per la legge anti-migrantiStop-Soros”. Ad annunciarlo è una portavoce della Commissione europea, che si era già mossa all’indomani dell’approvazione della legge (nel giugno dello scorso anno), inviando una lettera alle autorità ungheresi riguardo una legge che di fatto «criminalizza le attività a sostegno dei richiedenti asilo».

Il terreno dell’immigrazione è da anni scivoloso nel paese europeo. Come confermato anche da Felipe González Morales, il relatore speciale sui diritti umani dei migranti delle Nazioni Unite, al termine della sua visita in Ungheria, a seguito della quale ha esortato il governo a «rivedere la sua normativa orientata alla sicurezza nella governance della migrazione e ad adottare un approccio basato sui diritti umani. Le preoccupazioni per la sicurezza non possono giustificare le violazioni dei diritti umani».

Legge sull’immigrazione in Ungheria: vietato aiutare i migranti

La legge, nota con il nome di “Stop-Soros”, è stata approvata dall’Ungheria nel giugno 2018, su proposta del partito conservatore e populista Fidesz (Unione Civica Ungherese) del primo ministro Viktor Orbán, che proprio sull’immigrazione aveva puntato durante la sua campagna elettorale, vincendo poi le elezioni, per la terza volta, con il 49,5% delle preferenze.

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Viktor Orban – Foto: European People’s Party (via Flickr)

La legge prevede la criminalizzazione dell’immigrazione clandestina e il carcere per le persone o le organizzazioni che la favoriscono. I contenuti del pacchetto legislativo anti-immigrazione, infatti, parlano di carcere fino a un anno per «chi fornisce aiuti finanziari o di altro tipo per un ingresso e per la permanenza illegale nel paese» e del potere del ministro dell’Interno di vietare l’operato delle ong, che si ritiene rappresentino «un rischio per la sicurezza nazionale». La legge, inoltre, punisce la stampa di volantini con informazioni utili per i richiedenti asilo, come ad esempio offrire loro cibo o consigli legali.

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E così è arrivata la recente denuncia alla Corte di Giustizia europea e la decisione della Commissione Europea di avviare una nuova procedura di infrazione contro l’Ungheria per il diniego di cibo alle persone nella zona di confine con la Serbia.

«La decisione afferma che la campagna di intimidazione delle autorità ungheresi contro coloro che contestano le loro leggi e politiche xenofobe non sarà tollerata. Invia inoltre un messaggio inequivocabile a tutti gli Stati membri: le leggi che, come la Stop Soros, violano palesemente i diritti umani, saranno contestate a tutti i livelli», dice Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee.

Il relatore Onu: diritti dei migranti violati in Ungheria

«I migranti sono descritti come pericolosi nemici sia nei discorsi pubblici che ufficiali in questo paese, ma quello che ho visto durante la mia visita è stato un gruppo di uomini, donne, ragazzi e ragazze disperati, traumatizzati e indifesi, confinati dietro la recinzione di filo spinato nelle zone di transito».

Lo afferma Felipe González Morales, il relatore speciale sui diritti umani dei migranti delle Nazioni Unite, al termine della sua visita in Ungheria, dove ha incontrato autorità e diversi migranti presenti nelle zone di confine.

Nel 2015 sono diventate operative due zone di transito (Röszke e Tompa) sul confine meridionale dell’Ungheria con la Serbia. Dal marzo 2017, le domande di asilo di chiunque entri irregolarmente in Ungheria possono essere presentate solo in queste due zone di transito, secondo le modifiche legislative applicabili durante la «situazione di crisi dovuta all’immigrazione di massa».

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Il Parlamento ungherese a Budapest

«Ero a Röszke e Tompa. Le aree di confine erano tranquille. Non ho visto un singolo migrante avvicinarsi all’Ungheria dal lato serbo del confine. Invece, ho incontrato i richiedenti asilo, tra cui donne incinte, bambini di 8 mesi e minori non accompagnati tra i 14 e i 18 anni. Le severe restrizioni alla libertà di circolazione dei richiedenti asilo, così come l’ambiente carcerario nelle zone di transito si possono qualificare come detenzione in natura», dice González Morales.

Uno sguardo di preoccupazione particolare, l’esperto delle Nazioni Unite, lo rivolge alla detenzione amministrativa dei minori, sia con le famiglie sia non accompagnati. «La detenzione non è mai nel miglior interesse del bambino».

Zone di transito e migranti in Ungheria dal 2015 a oggi

L’Ungheria ha registrato un massiccio afflusso di migranti tra il 2013 e il 2016. Al culmine del 2015, oltre 175 mila domande di asilo sono state presentate alle autorità di immigrazione ungheresi. Nelle campagne gestite dal governo, i migranti sono stati spesso associati a minacce alla sicurezza, compreso il terrorismo.

Una tendenza che si rafforza a livello istituzionale. Recentemente, per esempio, l’ex Ufficio immigrazione e asilo ha cambiato il nome in Direzione nazionale per la polizia degli stranieri. Metà del personale è ora costituito da poliziotti ed è soggetto ai regolamenti stabiliti dalla legge sulla polizia.

«Il cambio di nome e affiliazione riafferma l’approccio orientato alla sicurezza. Noto con preoccupazione che questo approccio orientato alla sicurezza in materia di governance della migrazione è presentato e attuato con scarsa considerazione dei diritti umani dei migranti in Ungheria», afferma González Morales.

Nel settembre 2015, il governo ungherese ha dichiarato una «situazione di crisi dovuta all’immigrazione di massa» in due contee al confine meridionale. Nel marzo 2016, ha ampliato la portata della situazione di crisi e l’ha dichiarata a livello nazionale. L’Ungheria ha accelerato la legislazione attraverso il Parlamento che modifica la legge sul confine di stato, per consentire l’istituzione delle cosiddette zone di transito ai confini dell’Ungheria.

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Migranti al confine Serbia-Ungheria – Foto: Tommaso Della Longa / IFRC (via Flickr)

Da allora, la «situazione di crisi» è stata continuamente estesa ogni sei mesi ed è attualmente in vigore fino al 7 settembre prossimo. «In vista della sua prossima scadenza – afferma il relatore delle Nazioni Unite – raccomando caldamente all’Ungheria di rivalutare la sua realtà attuale in materia di migrazione e porre fine immediatamente alla cosiddetta “situazione di crisi”».

Ungheria e migranti: la detenzione dei minori

Secondo la legislazione nazionale, le domande di asilo di chiunque entri irregolarmente in Ungheria possono essere presentate solo nelle zone di transito. Di conseguenza, tutti i richiedenti asilo, comprese le famiglie con bambini piccoli e i minori non accompagnati e separati di età superiore ai quattordici anni, sono obbligati a rimanere nelle zone di transito per l’intera durata della procedura di asilo, fino a quando viene presa una decisione definitiva sulla loro domanda.

Nel 2018, le modifiche legislative hanno introdotto un nuovo motivo di inammissibilità per le richieste di asilo. Di conseguenza, le richieste presentate da persone che hanno attraversato la Serbia sono state considerate inammissibili a causa dello status di paese terzo. Ai richiedenti asilo sono stati concessi solo tre giorni per contestare l’inammissibilità e dimostrare che la Serbia non è un paese sicuro per loro.

«Il giorno in cui ho visitato le zone di transito a Röszke e Tompa – racconta González Morales – non c’era un solo migrante che si avvicinava all’Ungheria dal lato serbo del confine. Ho visto una recinzione di filo spinato che circondava non solo il perimetro delle zone di transito, ma anche ogni settore all’interno delle zone. Inoltre, il filo spinato è posto sul tetto di strutture che ospitano bambini non accompagnati richiedenti asilo, famiglie in cerca di asilo con bambini piccoli e donne incinte».

Allo stato attuale, ci sono circa 280 persone nelle zone di transito. La maggior parte di loro sono famiglie che sono in viaggio da anni. Oltre il 60% di coloro che si trovano nelle zone di transito sono ragazzi e ragazze, compresi neonati, minori non accompagnati richiedenti asilo e bambini con bisogni speciali.

Molti di loro sono stati detenuti nella zona di transito per oltre un anno. I movimenti dei richiedenti asilo all’interno delle zone di transito, come visitare altri settori, incontrare i loro avvocati o visitare l’unità medica, sono scortati da guardie armate. Questo vale anche per i bambini sotto i tre anni. I richiedenti asilo, compresi i bambini piccoli, sono confinati nei loro settori designati. L’interazione tra i settori è molto limitata. La visita ad altri settori è consentita solo fino a un’ora al giorno su richiesta.

Migranti nell’Ungheria di Orban: mancano cure mediche

Sulla base delle informazioni raccolte dall’esperto delle Nazioni Unite durante la sua visita, nelle zone di transito un medico è presente solo poche ore al giorno, non ci sono ginecologi o pediatri, eppure una grande percentuale dei richiedenti asilo è costituita da donne e bambini. Le donne e i bambini con gravi malattie croniche, o patologie come il cancro, rimangono privi di trattamento medico per mesi.

«Quando i richiedenti asilo riescono a consultare un medico, la consultazione viene spesso condotta senza interpretazione, e molti riferiscono di avere difficoltà a comunicare con il medico. Ci sono altri casi in cui il medico ha semplicemente omesso di fornire una diagnosi. L’accesso a visite specialistiche o ospedaliere è molto limitato. Una donna in cerca di asilo ha recentemente avuto un’operazione presso l’ospedale locale dove è stata ammanettata al letto per cinque giorni senza cibo sufficiente», ha detto ancora González Morales.

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