Epilessia: cure e farmaci sono un miraggio nei Paesi più poveri

Con 50 milioni di persone malate al mondo, l'epilessia è una delle malattie neurologiche più diffuse. Non fa differenze di sesso ed età. Ma nascere dalla parte sbagliata del Pianeta significa non avere accesso a cure, farmaci e avere più probabilità di contrarre altre patologie. Lo denuncia l'Organizzazione mondiale della sanità

Con poco più di 4 euro un malato di epilessia nel mondo potrebbe vivere senza crisi e cambiare in maniera determinante la qualità della sua vita. Con 5 dollari l’anno (l’equivalente di 4,41 euro), infatti, si potrebbe garantire una diagnosi corretta e cure giornaliere adeguate al 70% dei malati epilettici.

Ma le differenze tra le varie parti del mondo pesano anche quando in ballo c’è la salute. Nel caso di una malattia come l’epilessia, i tre quarti delle persone affette che vivono nei Paesi più poveri non hanno accesso alle cure.

Diritti umani negati: la denuncia dell’Oms

La denuncia arriva dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel suo rapportoEpilessia, un imperativo per la salute pubblica”, pubblicato il 20 giugno scorso in collaborazione con Ilae, la Lega internazionale contro l’epilessia, e Ibe, International Bureau for Epilepsy.

Il rapporto dimostra come l’epilessia abbia un forte impatto sulle vite dei malati e delle loro famiglie, ma anche sulla società. Le persone epilettiche sono vittima infatti di uno stigma, di una discriminazione, che colpisce in maniera significativa la loro vita sociale per colpa di un pregiudizio duro da sconfiggere che ha effetti devastanti sulla vita dei malati in molti Paesi del mondo, dove l’emarginazione sociale a volte penalizza più della malattia stessa.

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Epilessia, un significato diverso in base al luogo di nascita

In alcuni Paesi, secondo quanto riportato dall’Oms, i malati di epilessia non hanno pari diritti né in fase scolastica né nel mondo del lavoro.

Ancora oggi in Cina e in India questa malattia è considerata una giusta causa per impedire o annullare un matrimonio. E anche nel vicino Regno Unito ciò era ammesso dalla legge fino al 1971. Negli Usa, fino agli anni Settanta i malati di epilessia si vedevano negare l’accesso nei ristoranti, nei bar e negli edifici pubblici.

Per questo la lotta contro l’epilessia diventa un “imperativo sociale“, soprattutto per quanto riguarda la necessità di diminuire il carico sociale in termini di conoscenza, cura e ricerca.

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L’epilessia si abbatte sui Paesi poveri

L’epilessia colpisce le persone indistintamente dall’età e dal sesso e non ci sono nemmeno differenze per provenienza geografica. Con 50 milioni di persone malate, è una delle malattie neurologiche più diffuse al mondo.

Secondo il rapporto Oms, però, nei Paesi a basso e medio reddito il rapporto tra popolazione sana e quella malata è di 139 per 100 mila persone, contro il 48,9 nei Paesi ad alto reddito.

Inoltre, i malati epilettici sono spesso colpiti da altre patologie, ma ancora una volta questo avviene con un’incidenza maggiore nei casi di cure scarsamente accessibili, necessità di trattamenti più efficaci, una bassa qualità della vita e una significativa esclusione sociale.

Tutte condizioni che si fanno sentire di più in economie svantaggiate e che portano anche a disturbi psichiatrici che vanno dalla depressione (23%) all’ansia (20%) fino a malattie neurologiche degenerative.

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Foto: © Tarik Goh (dal report “Epilessia – Un imperativo per la salute pubblica”)

Accesso a cure e farmaci per l’epilessia: una questione geografica

Ogni anno vengono diagnosticati circa 5 milioni di casi di epilessia nel mondo. La somministrazione di farmaci antiepilettici a basso costo, come detto, permetterebbero con 5 dollari l’anno di garantire trattamenti in grado di portare un malato anche alla completa assenza di attacchi epilettici nel giro di due anni.

Nei Paesi a basso reddito non solo 3 malati su 4 non hanno accesso alle cure, ma nemmeno alla giusta profilassi di prevenzione o a una corretta informazione.

Fino al 25% dei casi di epilessia potrebbero essere evitati proprio prevenendo alcune cause scatenanti.

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Foto: © Ahmed Emad (dal report “Epilessia – Un imperativo per la salute pubblica”)

Epilessia: cause scatenanti della malattia neurologica

Se infatti rimane sconosciuta una parte delle cause dell’epilessia (epilessie primarie), altre (epilessie secondarie) dipendono da diversi fattori che includono traumi cranici, malattie infettive come la meningite e l’Aids, tumori celebrali.

Tra le cause delle epilessie secondarie vi sono anche lesioni prenatali dovute a infezioni della madre, mancanza di ossigeno al momento della nascita, malnutrizione.

La giusta prevenzione dovrebbe includere pratiche molto semplici come un’igiene prenatale adeguata, o una maggiore disponibilità di farmaci antipiretici per diminuire la temperature negli stati febbrili causa di epilessia infantile.

Specialmente nei Paesi tropicali si potrebbero prevenire le infezioni del sistema nervoso con adeguate profilassi antiparassitarie e piani di prevenzione come parte integrante dei programmi educativi.

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Foto: © Peng Yuan (dal report “Epilessia – Un imperativo per la salute pubblica”)

I programmi pilota dell’Organizzazione mondiale della sanità

L’epilessia rappresenta lo 0,5% del carico globale di malattia (Global Burden of Disease), che indica l’impatto globale delle malattie prendendo in considerazione le patologie, gli infortuni e i fattori di rischio, offrendo indicazioni anche da un punto di vista sociale e geografico.

Tutti i farmaci di prima linea contro l’epilessia sono compresi nella WHO model list of essential medicines, ma fattori come sistemi sanitari inadeguati, mancanza del personale, pregiudizi e bassa priorità hanno portato a un deficit importante i Paesi più poveri, nonostante l’esistenza di terapie efficaci e a prezzi accessibili.

L’Oms ha promosso un programma che ha come obiettivo la riduzione del gap nel trattamento dell’epilessia e alcuni progetti pilota in Ghana, Mozambico, Myanmar e Vietnam hanno dimostrato come inserire la cura dell’epilessia nei sistemi sanitari primari abbia consentito a 6,5 ​​milioni di persone di accedere alle strutture sanitarie dove la cura di questa malattia è disponibile.

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