Guerra in Siria: nella ricostruzione il governo aiuta solo i fedelissimi
L'esecutivo di Damasco sta attuando politiche restrittive - e selettive - nell'assistenza umanitaria. Secondo un report di Human Rights Watch, è «punito chi viene percepito come avversario e premiati i sostenitori»
«Benché apparentemente benigne, le politiche di aiuto del governo siriano tendono a punire chi viene percepito come avversario e a premiare i sostenitori». Non fa troppi giri di parole Lama Fakih, direttore del Medio Oriente di Human Rights Watch, nel presentare il nuovo rapporto “Politiche governative di aiuto e finanziamenti per la ricostruzione in Siria”. Un documento che esamina le politiche e le restrizioni dell’esecutivo di Damasco sull’assistenza umanitaria e la ricostruzione e il finanziamento dello sviluppo in Siria.
Le parti nel conflitto siriano continuano a ignorare i diritti umani e la protezione del diritto umanitario, secondo Human Rights Watch. Oltre 400.000 sono i morti dal 2011. E negli ultimi 8 anni sono state usate armi chimiche proibite, si sono consumati attacchi illegali indiscriminati e trattenuti gli aiuti umanitari, mentre i gruppi anti-governativi hanno attaccato indiscriminatamente le aree governative e impedito ai civili di fuggire.
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Nelle oltre 90 pagine, nel rapporto l’ong mette in luce – basandosi su interviste con operatori umanitari, esperti e personale di importanti organizzazioni internazionali di aiuto e agenzie delle Nazioni Unite che operano nella Siria governativa – che il governo siriano ha sviluppato una politica e un quadro legale che gli consente di deviare le risorse di aiuto e ricostruzione per «finanziare – si legge nel rapporto – le sue atrocità, punire coloro che sono percepiti come oppositori e beneficiare i fedeli».
Guerra in Siria oggi: progetti approvati solo ai fedeli
Le interviste condotte da Human Rights Watch hanno messo in evidenza un chiaro ed evidente meccanismo: aiuti e finanziamenti deviati da aree precedentemente detenute da gruppi anti-governativi verso aree in cui i beneficiari erano considerati fedeli al governo, senza dare priorità ai bisogni umanitari.
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Per esempio, nell’ottobre 2018, si legge nel report, Harasta, una città nella Ghouta orientale, aveva un popolazione di 629 persone bisognose di assistenza, 384 delle quali erano sfollate internamente, secondo i dati Onu sui bisogni umanitari. Douma, una seconda città nella Ghouta orientale, aveva una popolazione di 94 mila bisognosi di assistenza, di cui a almeno 8.500 sfollati interni.
La panoramica delle Nazioni Unite sui bisogni umanitari indica che la situazione è più grave a Douma che ad Harasta. Nonostante ciò, secondo il monitoraggio dell’aiuto umanitario, Douma ha ricevuto solo una minima parte del sostegno alla riabilitazione che ha ricevuto Harasta.
«Gli esperti – si legge nel documento – hanno detto a Human Rights Watch che questo era in gran parte dovuto al fatto che ad Harasta la popolazione è in gran parte tornata alle aree pro-governative, mentre a Douma la maggior parte dei residenti aveva vissuto sotto Jaish al-Islam, un gruppo anti-governativo, e si era rifiutata di andarsene quando sono avvenute le evacuazioni».
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Guerra in Siria: organizzazioni non ammesse nel 2019
Il governo siriano limita l’accesso al personale umanitario di organizzazioni internazionali e agenzie delle Nazioni Unite che operano nel paese. All’inizio del marzo del 2019, il governo siriano ha pubblicato un elenco di organizzazioni umanitarie a cui non sarebbe permesso registrarsi o operare nella Siria governativa a causa della loro politica.
«Il governo siriano usa le autorizzazioni di visto e registrazione per creare un clima di incertezza tra gli operatori umanitari e li scoraggia dall’entrare in negoziati con il governo per paura di essere espulsi dal paese».
Secondo quanto riferito a Human Rights Watch da due operatori umanitari, che hanno tenuto un incontro con il ministero degli Esteri siriano e il ministero degli Affari sociali per discutere di un progetto di assistenza legale attraverso un gruppo di avvocati locali, il ministero degli Affari sociali aveva già approvato il progetto, ma durante l’incontro il ministero degli Esteri ha dichiarato che non avrebbe permesso al progetto di continuare. Il giorno dopo, i visti dello staff internazionale dell’organizzazione umanitaria sono stati revocati e l’organizzazione è stata costretta a terminare il progetto.
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Le cause della denuncia di Hrw
Le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie internazionali che vogliono operare nella Siria governativa possono farlo solo col permesso esplicito del governo siriano, che richiede che tutte le organizzazioni internazionali collaborino con organizzazioni locali siriane che sono state controllate e pre-approvate dalle autorità o con i ministeri competenti.
Secondo gli operatori umanitari locali e internazionali, anche quando un’organizzazione può implementare la propria programmazione si affida ancora ai partner locali per facilitare i visti di ingresso e per fornire i permessi di accesso all’interno del paese e le approvazioni dei progetti.
Delle 13 organizzazioni umanitarie con cui ha parlato Human Rights Watch, 12 hanno collaborato con la Mezzaluna rossa araba siriana (Sarc) o la Siria Trust for Development.
La Sarc è un’organizzazione umanitaria locale, è una delle più grandi organizzazioni umanitarie operative del paese, strettamente legata al governo, e ha forti relazioni con i servizi di sicurezza siriani. La Siria Trust for Development è un’altra importante organizzazione non governativa che svolge attività di programmazione in materia di aiuti umanitari e sviluppo giovanile.
«L’eccessiva dipendenza dai partner locali – si legge nel report – comporta un aumento del rischio di deviazione degli aiuti. Human Rights Watch ha scritto a Sarc il 22 aprile 2019 richiedendo informazioni riguardanti l’interferenza dei servizi di intelligence con il lavoro di Sarc. Il 22 maggio, Sarc ha risposto a Human Rights Watch in una lettera, confermando la sua partnership con quasi tutte le agenzie delle Nazioni Unite. Sarc ha indicato di aver effettuato le valutazioni delle esigenze concordate con i loro partner e che la selezione del beneficiario si basava su criteri di vulnerabilità concordati tra Sarc e i partner. La lettera non chiariva in che misura i partner fossero in grado di selezionare i beneficiari stessi. Ha riconosciuto “alcuni casi di violazione“ dei principi fondamentali o il “codice di condotta“ da parte del personale rilevando che in questi casi, a seguito di indagini interne, i membri dello staff e i volontari sono stati licenziati e ha dichiarato che Sarc potrebbe far sospendere le operazioni in caso di interferenza “fino a quando non vengono fornite le necessarie garanzie”, ma non ha affrontato il coordinamento con le forze di sicurezza o le sfide che ne derivano».
Tutte le organizzazioni umanitarie che lavorano con Sarc e con cui Human Rights Watch ha parlato, hanno espresso preoccupazione per le restrizioni imposte loro dai partner locali, come l’interferenza dei servizi di sicurezza negli elenchi di distribuzione e dei beneficiari, che compromette la loro capacità di programmare.
La Guerra in Siria oggi: servizi d’intelligence e aiuti
La lista dei partner locali pre-approvati fornita dal ministero degli Affari Esteri e l’elenco dei partner locali approvati dal ministero degli Affari sociali include solo le organizzazioni che sono state controllate dai servizi segreti siriani. Questi ultimi hanno anche il potere di interferire con il lavoro delle organizzazioni umanitarie.
Questo dà loro il potere di chiedere alle organizzazioni umanitarie gli elenchi dei beneficiari, prendere decisioni su dove le organizzazioni possono distribuire aiuti e confiscare le forniture di aiuti.
Human Rights Watch ha documentato abusi sistematici e diffusi da parte dei rami dell’intelligence siriani: «Invece di proteggere o facilitare le operazioni di aiuto, hanno usato il loro potere per interferire attivamente con la consegna di aiuti umanitari, confiscare forniture per uso personale o la rivendita e rimuovere i rifornimenti salvavita dai convogli di aiuti. Un ex dipendente della Sarc ha riferito a Human Rights di aver visto, durante i quattro anni trascorsi con l’organizzazione, diversi episodi in cui funzionari di alto livello dell’intelligence aver collaborato con dipendenti della Sarc per rubare e rivendere forniture umanitarie».
«Senza un tentativo di riformare il sistema in cui le imprese umanitarie rischiano di finanziare il meccanismo di repressione in Siria, ma solo con una spinta collettiva verso una maggiore trasparenza, i donatori possono avere più fiducia che i loro fondi non sono stati usati per opprimere i siriani», dice Fakih.