Ebola: dal Congo all’Uganda, il virus torna a far paura all’Africa
Il virus Ebola torna a terrorizzare la regione dei Grandi Laghi, in Africa. E a 5 anni dalla peggior crisi di sempre si torna a combattere contro la sua trasmissione in Repubblica democratica del Congo e Uganda. Esiste un vaccino, ma per essere utilizzato deve arrivare in condizioni complicate da rispettare in quelle zone
Il virus Ebola un incubo che ritorna e sta colpendo con violenza il continente africano. Proprio com’era accaduto nel 2014, quando l’epidemia aveva afflitto l’Africa occidentale provocando la morte di oltre 11 mila persone, ora la malattia sta dilagando nella regione dei Grandi Laghi. E dopo essersi propagata e diffusa nel Nord Kivu e nell’Ituri, le regioni settentrionali della Repubblica democratica del Congo, adesso si sono registrati i primi contagi anche nel confinante Uganda.
Il virus Ebola dal Congo raggiunge l’Uganda
Lunedì 11 giugno è arrivata la notizia da Kampala che un bambino di 5 anni, proveniente dal Congo e arrivato in Uganda insieme alla nonna e al fratello più piccolo, è risultato essere positivo ai test sull’Ebola. Poche ore dopo, le autorità ugandesi hanno informato che oltre a lui anche i parenti vicini sono stati ricoverati e messi in isolamento nella struttura sanitaria di Bwera perché ammalati. Giovedì poi la tragica notizia della morte del bambino, alla quale sono seguiti immediati comunicati da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
L’Oms ha fatto sapere che ha inviato una squadra a Kasese, città dove si trovavano i tre cittadini congolesi, per monitorare e vaccinare le persone che sono state in contatto con loro. E sempre in un comunicato diffuso dal portavoce dell’Oms, Tarik Jašarević, è stato reso noto che 500 vaccini sono stati trasportati via terra dalla Repubblica democratica del Congo e altri 3.000 sarebbero già stati inviati da Ginevra.
Il governo ugandese ha inoltre chiesto la sospensione dei giorni di mercato e ha confidato che da otto mesi si sta preparando a un possibile focolaio nel territorio nazionale.
Oggi il timore è che a causa dei maggiori controlli sanitari alla frontiera congolese, la popolazione, per evitare lungaggini e controlli, incominci a fruire dei passaggi clandestini disseminati nella porosa frontiera che mette in comunicazione i due stati dell’Africa equatoriale. Il governo di Kampala si dichiara pronto a fronteggiare dei nuovi casi e per l’Uganda si tratterebbe della sesta epidemia di Ebola dal momento che se ne registrano altre cinque e la più brutale fu quella che nel 2000, nella città di Gulu, uccise oltre 200 persone.
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Quella che si sta sviluppando oggi in Congo e Uganda è la seconda epidemia di Ebola più drammatica della storia, dopo quella che colpì nel 2014 Liberia e Sierra Leone. Ed è la prima epidemia di Ebola nata e sviluppatasi in una zona di conflitto.
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Le regioni del Nord Kivu e dell’Ituri, infatti, da decenni sono il proscenio di una guerra civile che vede contrapporsi decine di gruppi ribelli che combattono e vessano la popolazione per riuscire ad accaparrarsi parte dei giacimenti del sottosuolo congolese. Dal 1° agosto ad oggi, stando a quanto riportato dal ministero della Sanità congolese e dall’Organizzazione mondiale della sanità, si sono registrati nell’ex colonia belga oltre 2.108 casi confermati di Ebola e 1.411 decessi.
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Ebola: i limiti del vaccino contro la trasmissione
Arginare l’epidemia sembra di giorno in giorno sempre più difficile per diversi fattori. In primis, la situazione di conflitto rende complesso l’intervento umanitario. Inoltre, la somministrazione del vaccino che, pur essendo sperimentale, ha comunque un’efficace del 97%, e avviene attraverso quella che viene denominata “tecnica ad anello”, trova ostacoli nel fatto che le scorte sono limitate e nella mancanza di un governo stabile.
Oltre a questo, il vaccino contro il virus Ebola va tenuto al freddo e, in un’area tropicale come il Congo, dove i sistemi di refrigerazione scarseggiano, spesso non è possibile.
Poi ci sono anche due importanti fattori socio-culturali che stanno creando impedimenti. Il primo riguarda dicerie e psicosi del complotto, diffuse tra la popolazione, secondo le quali l’Ebola non esiste ed è solo una manovra occulta del governo centrale e delle potenze internazionali per speculare e arricchirsi sulla pelle dei congolesi. E queste voci hanno portato gruppi armati e cittadini a compiere attacchi contro i centri di cura.
Ad aprile, durante uno di questi assalti, è stato ucciso il medico camerunense Richard Valery Mouzoko Kiboung e l’ong Medici Senza Frontiere era stata costretta a chiudere i suoi centri di cura temporaneamente.
Occorre poi riflettere anche su un altro aspetto: per evitare il propagarsi delle infezioni, le strutture medico-sanitarie hanno introdotto un protocollo di sepoltura che si chiama “rapido, sicuro e dignitoso” e che impedisce il contatto col corpo del defunto. Spesso però accade che per preservare la tradizione e la ritualità locale gli ammalati non vengano portati nei centri di cura, ma restino in casa e al momento del decesso i corpi vengano lavati, accarezzati e baciati dai parenti, che in questo modo si espongono al contagio.
Storia del virus Ebola in Africa dal 1976 ad oggi
La storia del virus Ebola risale agli anni ‘70. Dal 1976 ad oggi in Africa si sono registrate decine di epidemie. Quella che ha più sconvolto il mondo è quella che si è verificatasi in Africa Occidentale nel 2014, che ha provocato, come detto, la morte di oltre 11 mila persone.
Quella in corso ora in Congo e Uganda è la seconda epidemia più letale della storia e a spaventare è la facile trasmissibilità e l’alto tasso di mortalità del virus che, tra l’altro, negli anni si è sviluppato e ha dato vita a nuovi ceppi sempre più letali e resistenti.